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  • 25 giugno 2024
  • Casale Monferrato

L'intervista

Il casalese Alessandro Pugno è il regista del film "Animale | Umano"

Giovedì sera a Cinelandia

Alessandro Pugno. Dietro la macchina da presa (foto Julio Vergne)

“Animale | Umano” (dall'11 luglio al cinema) opera prima di finzione del regista casalese Alessandro Pugno esce in anteprima nazionale nelle sale del Piemonte, territorio di origine della società di produzione Redibis Film e dello stesso regista. Sono già state fissate due date, una delle quali giovedì 27 giugno, alle ore 20.30, a Cinelandia di Casale Monferrato con il saluto in sala del cast. Per prenotarsi alle proiezioni (anche nei giorni successivi alla “prima”) è necessario contattare la multisala. 

In una piccola città del nord Italia, un bambino, Matteo, cresce circondato da bare e con la madre gravemente malata. Sogna di andare via e morire da eroe in un’arena. Nelle praterie dell’Andalusia, un vitello, Fandango, viene allevato per diventare un toro da corrida. Matteo e Fandango crescono in mondi distanti e paralleli ma un giorno dovranno in contrarsi e affrontarsi, davanti a migliaia di persone. In attesa della serata di giovedì a Casale è Alessandro Pugno a raccontarci la nascita della pellicola.

Alessandro, guardando indietro, ripercorra le tappe della sua carriera da regista?
Tutto iniziò nel 2007 quando il mio amico ed ex compagno di classe Paolo Lanteri mi raccontò degli ultimi abitanti del paesino ligure di Realdo. Ero reduce da un’esperienza di lavoro poco gratificante e decisi di partire con una camera per quei luoghi. Poco dopo, un po’ per miracolo, nacque la Culla delle aquile, il mio primo documentario. Quel piccolo film mi diede lo slancio e i riconoscimenti necessari per andare avanti. Era importante per me perché ero un completo autodidatta. Poi arrivarono “Le tre distanze”, un tributo al paesaggio del Monferrato attraverso l’opera del pittore Mario Surbone, “All’ombra della croce in Spagna” sui bambini che vivevano nel mausoleo di Francisco Franco e “Giardini di Piombo” in Perù sulle Ande. Grazie a questi film ho potuto imparare molto, operare a livello internazionale e ottenere un riconoscimento nei festival di cinema che mi hanno permesso fare il salto alla finzione. Per me il documentario è stato un laboratorio di creazione e sperimentazione, con un approccio libero e dinamico alla realtà. Animale / Umano è il risultato di queste esperienze, sia da un punto di vista registico, perché mescolo finzione e documentario, sia da un punto di vista personale perché riassume le mie esperienze qui in Monferrato dove sono nato e in Spagna dove vivo.

L’esigenza di raccontare questa storia da dove nasce?
Per caso, dieci anni fa vidi su internet la foto di un torero che sembrava pentirsi di fronte a un toro in una corrida. Mi sorse spontanea una domanda, quella sull’empatia e così di colpo senza essere veramente cosciente di quello che stavo dicendo proposi a Natacha Kucic, la sceneggiatrice con cui stavo lavorando su un altro progetto: “Perché non facciamo la storia in parallelo di un aspirante torero e di un vitello destinato a diventare un toro da corrida? L’idea le piacque subito e ci mettemmo a lavorare…dieci anni dopo quel momento Animale  / Umano esce nelle sale!  

Ci fa un parallelismo tra gli allevamenti dei tori e la vita umana…
Fu proprio in quel periodo di ricerca che capii che era possibile tracciare un parallelismo tra la vita di un uomo e quella di un toro. Pensa, una vacca può avere un solo figlio e la gravidanza dura nove mesi… non ci sono tanti animali in natura così vicini a noi. Se poi pensiamo alla posizione che il toro nelle sue varie forme ha avuto nell’iconografia mondiale, direi di molte culture, ma soprattutto nello spazio Mediterraneo… La storia si centra proprio su dei momenti che chiamerei esistenziali che ci definiscono come individui e che abbiamo in comune con gli animali: la nascita, la separazione dalla madre, la morte, l’amicizia, la solitudine, l’istinto di sopravvivenza… E alla fine vediamo proprio come le differenze non sono così tante, entrambi siamo esseri senzienti.

Il protagonista vuole morire da torero, ma “il torero è Dio”
A proposito di iconografia, non mi ricordo più in che luogo ma sembra che la prima rappresentazione nella pittura rupestre di un morto sia proprio quella di un uomo steso di fronte a un toro… Da sempre usiamo gli animali per rappresentare l’Altro da noi, le nostre paure più profonde… se pensi al Minotauro, la Medusa, Moby Dick… Il film si gioca proprio sulla contraddizione tra il simbolico e l’individuale… Il toro interpreta nel nostro immaginario il mostro, lui però non ha scelto di fare questa parte. Ma anche il torero alla fine del film si converte in un elemento dello spettacolo rituale. Nessuno delle migliaia di persone presenti nell’arena sa nulla delle esistenze intime di Matteo e Fandango i due protagonisti. 

Come nei migliori film, esiste un eroe?
È una bella domanda, credo che l’eroismo sia qualcosa di insito nella natura umana perché ha a che fare con la necessità di trascendenza. In primis di trascendere la propria esistenza  e andare oltre alla nostra morte. Come per esorcizzarla. In secondo luogo c’è credo anche un’esigenza di darsi all’altro, sacrificarsi… Il problema  è che nell’eroismo c’è anche un’idea di imporsi… spesso a scapito degli altri. Ora gli eroi in questa società così secolarizzata non vanno più tanto di moda… Io con Animale  /  Umano volevo captare questi paradossi senza risolverli, lasciandoli convivere. Nello stesso tempo credo che sia un film che può essere visto come la l’istantanea di un passaggio di epoche. La tauromachia rappresenta un sistema di valori antico che entra in contrasto con quelli della società attuale che però incredibilmente sopravvive…

Un ritorno alle origini. Quanto Monferrato c’è nel film?
La storia di Matteo e della sua infanzia è ambientata proprio a Casale. Forse più che un’immagine definita c’è più un’atmosfera, una luce. E l’attrice che interpreta la madre di Matteo, il protagonista, è Silvia Degrandi, originaria di Rive. Abbiamo studiato insieme e si è calata subito nel ruolo capendo perfettamente, perché li conosceva, i gesti di una madre nostrana. 


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