Candia occupata - Requisizioni e danni di guerra nel maggio 1859 - La lapide del centenario - Eugenio di Savoia assume la Luogotenenza
Dopo la risposta negativa all’ultimatum di disarmo, la sera del 26 aprile 1859 l’Austria dichiarava guerra al Piemonte.
Destinata ad aprire le ostilità, l’armata guidata dal feldmaresciallo Giulay, che aveva scelto Milano per stabilirvi il quartier generale, era concentrata tra il Naviglio Grande, il Po, il Ticino e l’Adda.
Nei primi due giorni di guerra l’esercito austriaco si era avvicinato al confine, ma nel pomeriggio del 29 aprile il nemico varcava il Gravellone, il canale laterale del Ticino nei pressi di Pavia che segnava il confine tra Austria e Piemonte. Solo dieci anni prima, il 29 marzo 1848, Carlo Alberto accolto da truppe regolari e volontari pavesi accorsi per combattere gli austriaci l’aveva superato diretto a Milano. Non incontrando resistenza, il 2 maggio l’esercito austriaco aveva occupato tutto il Piemonte sud-orientale e si era attestato lungo la riva sinistra del Sesia e del Po con questa disposizione: il quartiere generale a Lomello; una divisione di cavalleria a Tromello; la riserva di artiglieria a Ottobiano; il secondo corpo d’armata a Mede, Breme e Sartirana; il terzo a Torre Beretti; l’ottavo nella zona di Pieve del Cairo, mentre il quinto aveva trovato sistemazione a Cozzo, Candia e Terrasa.
“Nel varcare i vostri confini non è a voi, popoli della Sardegna, che noi dirigiamo le nostre armi, bensì ad un partito sovvertitore, debole di numero, ma potente d’audacia, che opprimendo con la violenza voi stessi, ribelle ad ogni parola di pace, attenta ai diritti degli altri Stati italiani, ed a quelli stessi dell’Austria”. Così scriveva Gyulai in un proclama inviato ai piemontesi il giorno stesso dell’invasione. E poco dopo aggiungeva: “Le aquile imperiali quando sono accolte da voi senza resistenza, saranno apportatrici d’ordine, di tranquillità, di moderazione; ed il pacifico cittadino può fare affidamento che libertà, onore, leggi e fortune saranno rispettate e protette come cose inviolabili e sacre. La costante disciplina, che nelle nostre truppe è pari al valore, è garante della mia parola”.
Agli abitanti della Lomellina incombeva l’obbligo di dare ospitalità alle truppe. E così avvenne anche a Candia dove gli austriaci restarono accampati fino alla fine di maggio, quando il Gyulai decise di varcare il Ticino per rientrare in Lombardia e contrastare in posizione più favorevole l’attacco nemico. Il 2 giugno 1859 fu l’ultimo giorno di permanenza dell’armata imperiale sul suolo piemontese. Le ultime località ad essere abbandonate dal nemico furono Robbio, Vespolate, Tornaco, Borgo Lavezzaro, Vigevano, Borgo San Siro, Garlasco, San Nazzaro, Tromello, Stradella, Gravellona, Vignarello e Villanova.
Di quel lungo periodo di occupazione resta traccia nella ricchissima documentazione dell’archivio storico di Candia, che registra dettagliatamente le requisizioni di guerra. Si tratta di somministrazioni di viveri e di animali (fieno, paglia, pane, salumi, riso, vino, buoi e mucche), di suppellettili varie (lenzuola, indumenti, stoviglie). Tutto documentato dagli ufficiali austriaci che intimavano al sindaco di provvedere alla consegna dei generi necessari, rilasciando le relative ricevute poi rimborsate agli interessati, come risulta dalle note di pagamento trascritte nei registri comunali. Furono commessi atti di prepotenza, forse saccheggi di abitazioni e devastazioni delle campagne, ma la disciplina austriaca era severissima contro gli abusi.
Dionigi Roggero
IL FASCINO DELL'ARCHIVIO - LETTERE E ORDINANZE- I PELLAROLO
La Seconda guerra di indipendenza tocca da vicino la Lomellina (terra piemontese dal 1713 con la pace di Utrecht).
Per tutto il mese di maggio l’esercito imperiale con quartiere generale a Lomello comandato dal feldmaresciallo Giulay, occupa la zona.
L’archivio storico di Candia, a cui possiamo accedere grazie all’assessore Giuseppe Castelli, conserva una serie di registri dove sono documentati in dettaglio i danni di guerra subiti dalla popolazione.
Per puro caso ci imbattiamo subito in un nome Giuseppe Pellarolo, detto Bizzarro, suona bene è antenato di Laura Rossi, casalese, moglie di chi scrive queste note (legame per via della nonna Rosa Pellarolo, nata nel gennaio 1888 a Candia, prima di sette fratelli, tra cui un Annibale che ha creato un altra dinasty in Argentina). Il “nostro’’ Pellarolo era famiglio della cascina Sannazzaro (il suo è l’elenco più lungo e oneroso, 730 lire, le cifre più grandi riguardano legna e fascine).
Poi ecco Francesco Prina, Carlo Fumagalli, Gio. Antonio Monti, Giuseppe Demichelis, Carlo Beltrame fu Pietro Angelo (“rubati oggetti di famiglia al prezzo approssimativo di Lire 10 e calpestata una partia di frumento’’), Agostino Costarola, Carlo Culò, Giuseppe Antonio Calcagno, fratelli Belluati, Siro Meschini, Pompeo Bassetti, Michele Damnotti (“tagliati numero 18 gelsi... calpestato frumento e fagioli bianchi sula strada per Casale”), un certo “io Bernardo soldato” (‘ano atterrato numero 100 piantoni... calpestato un poseso che vi è il grano sulla strada vecchia di Cozzo...”).
Altri danni li segnala ad esempio la vicaria di Cozzo proprietaria di terreni in Candia lungo la provinciale per Casale, qui gli Austriaci per far legna non andavano tanto per il sottile, tagliavano le piante. Spesso però lasciavano ricevuta, citazione per “Candia 7 maggio - Requisizione fatte a Candia dal signor tenente Storch (Usseri)” che inizia con 13 buoi, poi avena, riso, sale, pane, meliga, frumento...
Troviamo anche una serie di manifesti che, svolti, forse per la prima volta, che emozione, svelano soprattutto editti o ordinanze.
Esempio: Eugenio di Savoia, principe di Carignano, il 30 aprile 1859 assume la carica di Luogotenente del Regno in vece del cugino Vittorio Emanuele partito per il fronte (“il Re ha ripigliato la spada...”). Interessante una specie di bollettino dei cambi a firma Barone Rueber “A scanzo di disordine... Secondo l’ordine superiore di sua eccellenza il comandante la seconda armata il generale di artiglieria conte Giulay il denaro austriaco ha il seguente corso legale in Piemonte: un fiorino franchi 2 e cent. 48, un quarto di fiorino 0,62, 40 soldi austriaci 0,25, una lira austraca vecchio conio (Zvangiger) 0.85... poi pesi e misure (un piede viennese è 0,60 metri, un klaffer 3,60...).
Un archivio-miniera, da tesi-ricerca che lasciamo con rimpianto per ora tarda.
Uscendo ammiriamo ancora la lapide commemorativa posta all’ingresso del Municipio: “A ricordo della solenne celebrazione del primo centenario dell’Unità d’Italia tenutasi in quest’aula (consigliare, oggi abbellita dalle sculture di Narciso Cassino, ndr.) il giorno 11-2-1961 nello spirito della Liberazione nel rinnovato sentimento della Patria il Consiglio comunale seduta stante deliberava di tramandarne la memoria”.
Luigi Angelino
FOTO. La lapide all'ingresso del Municipio di Candia. Una lista di danni (Pellarolo) e l'editto della Luogotenenza.
Nel lancio un documento di requisizione degli Ussari
PER SAPERNE DI PIU': Grazie alla gentilezza di Rita Gurian dell'anagrafe di Candia ci stiamo avviciandno al nostro Pellarolo Giuseppe detto Bizzarro uomo di fiducia dei conti Sannazzaro. Per ora siamo risaliti a Pietro Pellarolo eMadalena (con una d) Greppi genitori di Rosa Maria Teresa (nonna di Laura Rossi), Alberto Maria Giovanni (lo abbiamo ricordato in un
'Viaggio' come farmacista di Langosco) e Annibale Antonio Giovanni (Candia 1895) coniugato con Gonzaga Aida a Buenos Aires (Argentina) il 06/03/1920; deceduto a Buenos Aires (Argentina) il 28/09/1954.Una dinasty che continua, c'è ad esempio una Silvia Sirena Pellarolo che si sta facendo onore all'Università della California (vedi google).
Torniamo ai capostipiti conosciuti: la nostra gentile ricercatrice ha trovato anche l'atto di matrimonio di Pellarolo Pietro (di anni ventisette, nato a Candia presumibilmente nel 1847) figlio di Giuseppe e di Brianta Teresa, matrimonio con Greppi Maddalena Maria celebrato a Langosco il 2/11/1874. Siccome Pellarolo Pietro risulta di stato civile "vedovo" sono stati verificati eventuali precedenti matrimoni e si trova agli atti uno del 187 celebrato a Breme.
Da romanzo storico.