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Unione Popolare

«Parlamento ignora la nostra proposta sul salario minimo»

Lo denuncia Deambrogio

«In Piemonte l’occupazione precaria e comunque pagata male è all’ordine del giorno, mentre aumentano impunemente le spese militari. Il nostro Paese ha salari declinanti da anni e comunque tra i più bassi d’Europa». Lo dichiara ha dichiarato il segretario regionale piemontese di Rifondazione Comunista Alberto Deambrogio: «Di fronte a questa situazione è davvero vergognoso che le forze politiche presenti in parlamento ignorino del tutto una proposta di legge di iniziativa popolare sul salario minimo presentata 7 mesi fa da Unione Popolare e corredata da 70mila firme. Anche l’informazione fa la sua parte negativa e finisce per dare spazio solo a un’altra proposta del Pd, che tra l’altro è meno avanzata e non è ancora giunta in discussione. Il fatto che le regole parlamentari vengano calpestate non fa più notizia, in un tempo in cui deputati e senatori sono ormai tristemente noti come produttori di voti di fiducia al Governo. Invece questo deve tornare a destare scandalo: una proposta di legge popolare deve essere discussa entro tre mesi dal deposito e non posta su un binario morto».

La proposta di UP

«Intendo qui rammentare quali sono gli aspetti salienti della proposta di Unione Popolare e Rifondazione, perché sarebbero decisivi per migliorare davvero la situazione di chi lavora e aiuterebbero la ripresa della capacità di lotta, eliminando forme di ricattato - prosegue Deambrogio - Al di là del minimo orario lordo posto a 10 euro, il testo prevede la rivalutazione automatica e non affidata all’aleatorietà e ai ritardi delle solite commissioni bilaterali come nel testo del Pd. In ultimo, ma non per importanza, l’erogazione sarebbe a carico dei datori di lavoro e non a carico della fiscalità generale, come previsto sempre nella proposta del Pd. È del tutto evidente che lo sforzo lo deve fare chi fino ad ora ha fatto profitti notevoli puntando solo sulla compressione salariale a scapito dell’innovazione. E’inaccettabile che per avere una retribuzione decente si debbano trovare le risorse di nuovo tra gli stessi lavoratori e le stesse lavoratrici».


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