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A Castell'Alfero per il dizionario dialettale di Ravizza

''Mi chiamo Luciano Ravizza, sono nato e risiedo in quello che ritengo il più bel paese del Monferrato, per la sua posizione geografica, per la sua piazza Castello, per i suoi giardini; questo paese è Castell’Alfero. Ho sempre avuto il pallino di mettere in rima quello che mi veniva in mente, specie nei momenti difficili oppure quando ero alla guida di un automezzo e dovevo percorrere centinaia di chilometri. Allora mi esercitavo solo oralmente; dal mese di agosto 2000 invece ho iniziato a scrivere poesie ed archiviarle nel computer”. Il risultato è stata la prima raccolta di 45 poesie in lingua piemontese, ispirate al mondo contadino e alla natura, pubblicata con il titolo “Moment. Listeurie ‘d gent ‘d pais dël Monfrà” (Edizione privata, Castell’Alfero 2002) esposta nel padiglione della Regione Piemonte del Salone del Libro del 2003. Una fatica dedicata ai genitori, che purtroppo nella loro vita hanno solo avuto “moment ‘d sodor, ‘d sagrin, ‘d dolor”, e un titolo che richiama l’attimo in cui nella mente si sviluppa la poesia, quell’attimo in cui tutto nasce o tutto sparisce. Per il suo secondo libro di versi, Luciano Ravizza ha scelto il titolo di ''Viròtola. Poesji än Piemontàis” (Edizione privata, Castell’Alfero 2005). Una raccolta di oltre settanta poesie in lingua piemontese, ispirate al mondo contadino, alla natura e ai ricordi, come quelli infantili della trottola in legno con la cordicella per il lancio, evocata dal titolo, e conservata nel Museo etnografico di civiltà contadina, di cui il poeta è vicepresidente e apprezzata guida. Di lui il giornalista e scrittore Ito De Rolandis scrive: “La sua dantesca ‘Commedia’, con peccati e assoluzioni, si svolge sul teatro del Monferrato, quel Monferrato per lui circoscritto dalle colline disegnate nel neolitico della Valle Versa, dove emergono forse più inquiete le contraddizioni tra l’antica e l’attuale società. La miseria materiale di chi ieri lavorava la terra, trova a conforto l’esaltazione della saggezza illuminata dall’umiltà e dalla fede”. E poi aggiunge: “Le contraddizioni del lavoro duro, disumano, svolto con attrezzi faticosi, inadeguati, vengono espresse con quei termini di una parlata avviata inesorabilmente al tramonto, schiacciata dall’immigrazione, e dai nuovi media che trascinano anche le valli di Gianduia in quel inarrestabile processo di globalizzazione ed aridità spirituale. A Ravizza spettano diversi plausi, il più importante è senza dubbio quello di aver saputo condensare nelle odi uno spaccato importante della vita agreste, non tralasciando la parlata genuina della lingua piemontese, e neppure i sentimenti o tutto ciò che fa parte della sfera emotiva, come i dolori, gli entusiasmi, le emozioni, gli impulsi, le passioni”. Nel frattempo l’attività di ricerca di Luciano Ravizza non si è mai fermata e, dopo sette anni di lavoro, è da poco in libreria l’ampio dizionario piemontese-italiano “Dissionari Astesan. Ël paròli ‘d nòcc vegg” , pubblicato dalla Casa editrice Espansione Grafica (Castell’Alfero, settembre 2011) che contiene diecimila lemmi della parlata monferrina, i nomi di tutti i paesi della provincia e i soprannomi dei loro abitanti, i nomi di persona in dialetto e oltre cinquecento diversi modi di dire. Calibro delle uova di casa Savoia in un curioso museo etnografico Arriva in redazione fresco di stampa il “Dissionari Astesan. Ël paròli ‘d nòcc vegg”, l’autore Luciano Ravizza è da Castell’Alfero, paese monferrino tra Casale e Asti, un collaboratore alla rubrica di ‘‘caccia al vocabolo monferrino’’ che ci arriva da Colle Val d’Elsa dal prof. Olimpio Musso. Appuntamento con Ravizza sulla splendida piazza di Castell’Alfero, da un lato il castello D’Amico e dall’altro la parrocchiale dedicata ai Santi Pietro e Paolo. Vi entriamo grazie alla cortesia di don Piero Gagliardi, parroco da 42 anni. Usando una Bibbia come cavalletto possiamo, tra l’altro, fotografare i dipinti della volta firmati C. Gibello 1934. Dipinti un anno dopo uno storico ampliamento ottenuto spostando in avanti 6 metri e mezzo il frontale, che fu ricostruito in stile barocco su disegno dell’architetto Gallo di Torino; poi la parrocchiale fu abbellita con decorazioni e con la costruzione in marmo degli altari del Sacro Cuore, della Santa Vergine, di S. Giuseppe e di S. Giovanni Bosco. Il campanile, che era stato costruito nel 1746 fu rifatto e sopraelevato a 46 metri, con forma elegante e snella, confacente al frontale della Chiesa. L’organo è un Collino del 1862. Attraversiamo la piazza. Pausa caffè per il prof. Rogegro al bar di un noto ristorante ricavato al pian terreno del castello. Poi scendiamo le scale per una visita guidata al museo ‘L Ciar fondato e poi gestito dall’associazione 'C’era una volta' di Castell’Alfero di cui Ravizza è vice presidente. ‘L Ciar è stato inaugurato il 1° settembre 2002: una vasta raccolta di testimonianze dell’Otto e Novecento, migliaia di oggetti che riportano indietro nel tempo, con contadinerie, giocattoli ed attrezzi vari. Contiene suggestive ricostruzioni d’epoca di ambienti casalinghi, contadini, scolastici, carcerari sportivi, con ‘pezzi’ curiosi: ad esempio Ravizza ci mostra un calibro per le uova (con timbro di casa Savoia), una candela salva-vita e una zucca da cui si è ricavato il linoleum. Il Museo è stato ricavato dalla Casamatta precedente il castello nel luogo esatto di confine tra il Comune di Asti e il Marchesato Monferrato. Usciamo, fa molto freddo (al Museo la temperatura è costante-spifferi permettendo- di otto gradi): un anticipo di quello che domenica farà di Castell’Alfero (o Castell’Alfano come sbaglia un TG) il paese più freddo dal Piemonte. Da tornare in estate.

Profili monferrini

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Michele Castagnone

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