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Le memorie di Pietro Civalieri: un aristocratico casalese di sentimenti liberali

Le notizie più antiche della nobile famiglia Civalieri, di origine casalese, risalgono alla seconda metà del Quattrocento, e precisamente al 1463, anno in cui Ambrogio era cancelliere di Francesco I Sforza, duca di Milano. Un secolo dopo, Cristina (Cristierna) di Danimarca, la nipote dell’imperatore Carlo V, che a soli 13 anni era andata in sposa all’ultimo duca di Milano Francesco II Sforza, nominò i nipoti di Ambrogio, Lancillotto gentiluomo di corte e Giovanni Giacomo suo cancelliere, donandogli il castello di Rocca Sparavera (oggi Rocca Civalieri), acquisita parzialmente in feudo nel 1586. Rimasta vedova pochi mesi dopo le nozze (1535), Cristina ereditò la signoria di Tortona, che era la sua città dotale, dove morì nel 1590. La genealogia dei Civalieri è costellata di avvocati fiscali, consiglieri ducali, senatori, militari, capitani di giustizia e uomini di legge che si distinsero in imprese d’armi, politiche e diplomatiche, nel milanesato, mantovano e casalese. Poi, nel Settecento, grazie a ben combinati matrimoni con le più importanti famiglie di Alessandria, tra cui i Ghilini, i Boidi e i Mantelli, la famiglia si stabilì definitivamente in città inizia ad assumere un ruolo importante nella vita della città. “Pietro, figlio di Annibale Civalieri e di Maria Antonia Gabriella Mantelli, nacque in Alessandria il 1° agosto 1787. Nel 1799 fu inviato a Roma e studiò nel Collegio Clementino, fondato dallo zio Antonio, padre somasco, che allora ne era Padre generale, fino alla morte di costui nel 1803. Rimase nel collegio fino al 1805 e si trattenne ancora un anno a Roma per frequentare l’accademia ecclesiastica della Sapienza; fece ritorno ad Alessandria nel 1806 per completare gli studi. Negli anni del governo repubblicano e poi imperiale in Piemonte aderì alle idee filofrancesi e si iscrisse alla Massoneria. Nell’ottobre 1813 fece parte della delegazione che doveva rendere omaggio all’Imperatrice recandosi a Parigi (a proprie spese) a nome della bonne Ville d’Alexandrie. La deputazione alessandrina era presieduta dal marchese Ambrogio Ghilini e comprendeva anche il cugino di Pietro, il barone Gaspare Boidi, Maire adjoint; il marchese Luigi Fàa di Bruno non accettò di fame parte. A seguito di quell’incarico, Pietro divenne Guardia d’onore di Napoleone I, Cavaliere dell’Impero francese e ricevette la decorazione all’Ordine della Riunione nel 1814 […]”. Così scrivono Roberto Livraghi e Gian Maria Panizza nella prima parte delle Memorie storiche di Alessandria (Archivio di Stato di Alessandria, 2006). Nel 1824 Pietro sposò Teresa Sappa de’ Milanesi, stabilendosi nell’antico palazzo dei Mantelli, oggi noto come palazzo Civalieri. Sono gli anni in cui l’aristocratico di idee liberali, spesso in viaggio tra Milano e Alessandria, maturò i suoi interessi per la storia patria, ottenendo nel 1835, in qualità di consigliere municipale di prima classe, di valutare l’inventario dell’archivio storico comunale. Ebbe grande esperienza nella gestione della cosa pubblica, come sindaco di Quattordio, sorvegliante del Teatro municipale, amministratore delle Opere pie e vicepresidente dell’Accademia degl’Immobili. Il grande amore per la storia locale gli valse un significativo riconoscimento, cui seguì una cocente delusione. Nel 1845 ebbe l’incarico di compilare un “compendio di storia alessandrina” destinato alle scuole, ma “l’avanzata del partito liberale moderato lo mise in disparte, eleggendo il giornalista anticlericale Carlo A-Valle a storico ufficiale della città”. “In età avanzata Pietro Civalieri – aggiungono Livraghi e Panizza - promosse anche la costituzione della Società del Casino, fondata nel 1862, della quale fu il primo Presidente. Il Casino Sociale inaugurò la nuova sede a Palazzo Cuttica di Cassine, dopo i restauri alle splendide sale che già servirono come alloggio del Prefetto ed uffici di Prefettura e la sistemazione del nuovo mobilio testé provvisto dal ricco negozio del signor Savio Pietro, nel gennaio del 1869, con una gran festa da ballo. Non possiamo trattenerci dall’evocare una stampa un po’ fanée e dai toni decisamente gozzaniani: Urbano Rattazzi che apre le danze, trovandosi in città per visitare il suo collegio elettorale, l’avvocato Ambrogio Damasio riordinato re della Civica Biblioteca, il dotto Ponza Direttore del Civico manicomio, l’ingegner Leale progetti sta civico, e via elencando, che chiacchierano mostrando ai soci gli stucchi neoclassici, gli ori e le lacche del gabinetto chinese mentre si susseguono polke e valzer. Forse il conte Pietro avrà contemplato gli ospiti della serata con la malinconia di chi rammenta altri saloni ed altre feste lontane, ed il celato sorriso di chi ha appena finito di aggiornare i suoi cartolari con qualche scomodo giudizio su fatti poco noti: gli rimaneva un anno di vita; morì all’età di ottantatre anni il 10 febbraio del 1870”. Dionigi Roggero SEGUENDO IL DITO DI RATTAZZI... Roberto Livraghi, nostro referente storico in Alessandria (onore al merito quando assessore alla cultura creò le sale d’arte con il ‘‘nostro’’ galletto) ci da un appuntamento insolito in Piazza Libertà ad Alessandria, all’angolo della via (dei Martiri) ''indicata dal dito della statua di Rattazzi''. In effetti seguendo il dito lo troviamo subito. Siamo qui perchè affascinati dalla figura di Pietro Civalieri, una post scoperta da due vecchi volumi della Rivista annuale di Storia Arte e Archeologia con un anticipo delle sue memorie storiche che lo stesso Livraghi con Gian Maria Panizza e Gian Luca Ivaldi va pian piano ristampando (è al terzo volume, i libri non sono in vendita ma richiedibili all'Archivio di Stato). Dopo un buon caffè ci avviamo in via dei Guasco per palazzo Civalieri di Masio. Breve tappa alla chiesetta di Santa Maria Assunta già di proprietà della famiglia Agosti. A sinistra la torre medioevale del Vescovado. Poi dalla strada attraverso un cancello prima foto all’esedra del palazzo nobiliare, oggi colorificio Papa di proprietà Savi-Demichelis. Entriamo da via Moja in un cortile abbellito da un glicine. Maria Elena Demichelis ci accompagna gentilmente all’interno del cortile dell’esedra, una statua di Atlante destinata alla nicchia dove c’era il pozzo. Entriamo in quello che forse era un vecchio convento, cinqucentesco. Poi passiamo nelle scuderie con volte in cotto. Di seguito alcuni saloni con resti di affreschi di epoche diverse. Fotografiamo anche due alte colonne di pietra arenaria. Saliamo nell’ammezzato soppalcato per ammirare affreschi che ricordano la Domus Aurea, come da citazione di Vittorio Sgarbi. Ci sono molte grottesche e una scritta in oro zecchino con una data 13 giugno1735. Uno scalone ci porta al primo piano, gli stucchi, eleganti, ci ricordano palazzi casalesi. Citazione, nostra, per gli affrescho mitologici raffiguranti Giunone e Diana. Nell’ultima sala ci fanno notare le iniziali “T.C.”, vale a dire Tommaso Civalieri. Da aggiungere che facendo parte della commissione ‘‘Ristorante Tipico’’ (con lo stesso Livraghi, Massobrio e Luigino Bruni) avevamo “tastato” in incognito il ristorante del relais Rocca Civalieri a Quattordio, ci eravamo così trovati in quello che era anticamente la rocca di famiglia, e prima del pranzo (cinque stelle, la nostra disegnatrice spera sempre di ritornarvi) possiamo ammirare i resti, inglobati nel ristorante, della torre difensiva di epoca medioevale: ammiriamo anche una mostra dei costumi di scena di danza nella manica lunga, suggerirei anche una vetrinetta sulla famiglia Civalieri... Luigi Angelino FOTO. L'esedra di palazzo Civalieri; affreschi e stucchi del piano nobile (foto Angelino, per g.c.)

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