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Per "Si apre il Sipario"
Placido, Pirandello e la forza delle donne: l'intervista a Valentina Bartolo
Giovedì 6 e venerdì 7 febbraio alle 21 al Municipale
Il debutto a Ferrara, questa sera e domani a Genova, poi giovedì 6 e venerdì 7 febbraio al Municipale di Casale alle ore 21 (biglietti sul sito Vivaticket.com e al botteghino del teatro le sere dello spettacolo). Michele Placido (che cura anche regia e drammaturgia), insieme a Valentina Bartolo, Paolo Gattini e Brunella Platania, porta in scena, prodotta da Federica Luna Vincenti per Goldenart Production, “Pirandello. Trilogia di un visionario”, un viaggio unico ed emozionante nel mondo del grande autore italiano che abbraccia tre delle sue opere più iconiche: L’uomo dal fiore in bocca, La Carriola e Sgombero, nel 90° anniversario del Premio Nobel per la letteratura.
Pirandello ci parla della condizione umana con una lucidità in grado di restituirci un dipinto dell’uomo dolorosamente vero e sempre nuovo con una chirurgica scelta di ogni parola, che risulta non solo universale. A parlarcene è Valentina Bartolo, attrice piemontese della compagnia, straordinaria Lora in “Sgombero”, personaggio straziato dalla vita, ma dalla forte voglia di riscatto.
Quali sono gli spaccati di umanità che Pirandello vuole raccontare in Trilogia?
Pirandello cerca di rappresentare uno spaccato di umanità nel suo intimo più profondo, in quella che è la fragilità dell’uomo e prova a farne una riflessione verso quello a cui deve andare incontro, l’ignoto, la morte. L’uomo si traveste continuamente, alla ricerca di un’identità: ne “L’uomo dal fiore in bocca” il protagonista ha pochi giorni di vita e inizia ad apprezzarne le piccole cose a cui va incontro. Il nostro personaggio principale parla con un uomo, che ha perduto un treno, altro simbolo dell’opera pirandelliana, e attraverso questo dialogo mette in evidenza i dettagli che emergono da questo apprezzamento. Molti vivono senza sapere che hanno la morte addosso: se la morte fosse un insetto da buttare via sarebbe meraviglioso, invece la maggior parte delle persone vive come se non dovesse morire. Una grandissima riflessione sull’impermanenza della vita. Qui, come voluto da Michele Placido, interpreto anche la moglie del protagonista. Metto in scena un concetto trasfigurato di una donna che non riesce a reggere il dolore del marito, proprio come lui se la immagina…Un fil rouge che prosegue ne “La Carriola”: quest’uomo fatto e finito, con una forma sociale, ma, durante un viaggio in treno, ha uno spavento e si accorge che la sua esistenza che ha sempre vissuto non è quella vera. Quella piccola ma significante violenza, appunto la postura della carriola, che fa con la sua cagnetta, diventa l’unico momento vitale per questa persona, in cui non è guardato da nessuno, se non da se stesso. In questa breve riflessione, si gioca la grande partita dell’identità e delle costrizioni sociali, in cui Pirandello è maestro.
Passiamo a “Sgombero”, in cui lei interpreta Lora.
Sgombero è una novella potentissima e Michele si è permesso di farne un atto teatrale, una riduzione, una riscrittura, per dare voce a certi passaggi. In una delle lettere a Marta Abba, Luigi Pirandello descriveva le ultime fasi di scrittura di Sgombero e dichiarava che le avrebbe donato l’opera, perché secondo lui era una novella piena di vita. La protagonista di questo racconto ha vissuto una grande violenza e ritorna in un quartiere miserabile, dopo che era stata rifiutata dalla famiglia e dalla figura paterna. Il padre muore e c’è bisogno di sgomberare la casa. Qui si consuma questo grande viaggio interiore che fa la protagonista: riesce a elevarsi al di sopra delle brutture che le accadono, rappresenta una figura femminile che parla a caratteri cubitali ammettendo la disparità tra uomo e donna…
Quale donna emerge dal suo personaggio?
Io vengo da una famiglia umile che ha lavorato tanto per crescere tre figlie e che ha vissuto anche la crisi economica del 2008. In qualche modo abbiamo realizzato un elemento critico, dalla grande componente pirandelliana. Il mio personaggio è stato un transfer, insomma la “mia” Lora proviene da qualcosa di intimo. E poi c’è il dialetto, la parlata siciliana, un omaggio giusto alla terra di Pirandello, con mia suocera che mi ha fatto da coach. Non mi sono avvicinata tanto alla cadenza ma a quel mondo che ho tenuto un pochettino lontano nel passato. Lora, attraverso l’elevazione a una fede superiore, riesce a riscattarsi. Se si sta attaccati solo alle cose materiali non si potrà mai essere felici. Anche se Lora non crede in Dio e nei Santi, si aggrappa a qualcosa. Si passa dal senso di colpa, alla rabbia e al perdono, che coinvolge la figura della madre, rappresentata magistralmente da Brunella Platania. Una donna che Placido ha voluto in scena, in una raffigurazione quasi pittorica: la donna che è stata zitta davanti alle violenze e ai soprusi, una donna immobile, che oggi non vogliamo più.
Pirandello sembra togliere la maschera e catapulta i personaggi nella vita reale…
Per me questo è un percorso, un volo: dall’Uomo dal Fiore in Bocca, si ha un personaggio divertente che vira verso la morte, un cammino che passa attraverso un uomo che ha perso un treno… e poi ne La Carriola, il personaggio si destruttura e si perde… un testo che sembra scritto oggi, pronto a svegliare le coscienze dei giovani. In Sgombero abbiamo una nudità interiore, in cui una donna sceglie di essere quello che è, una persona dalle grandi ferite. Il dolore può essere un’opportunità nella vita.
Tre date in Piemonte, due a Casale e il 9 febbraio a Venaria Reale. Da chivassese cosa rappresentano per lei?
Posso dire tanta roba. Ci saranno i miei parenti. Non si aspetteranno uno spettacolo di questa potenza… sarà interessante fornire al pubblico una interpretazione che va fuori dall’ordinario, diverso da quello che ho sempre fatto… una piccola catarsi. Noi attori siamo un pochettino egocentrici, ma questa volta è un’esperienza che porterò sempre con me, per un ruolo così coraggioso e libero.
Condividere il palco con Michele Placido, che cosa le ha insegnato?
Michele mi ha fatto scoprire qualcosa di me che non pensavo di avere nelle mie corde ed è stato dunque un grande Maestro. Maestro non è una piangeria, mi ha insegnato ad avere fiducia in quelle parti femminili che noi donne abbiamo il diritto di manifestare. Un’opportunità vera di giocare, ma con le regole.
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