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  • 30 aprile 2024
  • Casale Monferrato

Domenica scorsa

Un gran concerto in S. Chiara. Monferrato Classic Orchestra sotto il segno dell’arte

Quasi due ore di musica, che comprendeva pagine “viennesi” di Mozart, Schubert e Haydn

Una domenica particolare, quella del 28 aprile a Casale Monferrato, sotto il segno dell’arte che regala una vita d’amore, in una giovinezza eterna. Nella Chiesa di Santa Chiara delle Clarisse, in via Facino Cane, alle 21, la Monferrato Classic Orchestra è stata diretta da Federico Ferrari in un programma da sogno, impegnativo per la durata: quasi due ore di musica, che comprendeva pagine “viennesi” di Mozart, Schubert e Haydn, volate via, come un colpo di cipria sul volto felice, in un gaio variopinto sciame di uomini felici con tricorno e parrucca bianca da cavaliere (sorriso bonario del Chevalier de Balibari, interpretato da Patrick Magee nel Barry Lyndon di Stanley Kubrick).  

Una sola parola per descrivere il concerto: magnifico. L’intesa tra l’esperto e raffinato interprete Ferrari e i più giovani musicisti è ormai consolidata (dopo diversi concerti, l’ultimo a marzo al Teatro Municipale). Si avverte poi una leggiadra corrispondenza tra gli strumentisti. Alcuni membri dell’orchestra sono eccezionali. È il caso dei violinisti Vittorio Sebeglia e Simone De Matteis (dai loro volti s’indovina il piacere di suonare); Raffaele Totaro, prima viola; Tommaso Cavallo, primo violoncello; Margherita Carbonell, contrabbasso; Pablo Cleri, primo corno; Kingsley Mandrino, primo oboe. Riporto nella mia personale rassegna anche Asia Uboldi e Davide Pagliuca, flauto e clarinetto, che sebbene non protagonisti domenica sera erano seduti in prima fila per ascoltare il concerto: testimonianza dell’unità “familiare” della Monferrato Classic Orchestra, creata dalla visionaria Sabrina Lanzi, che qui ringrazio personalmente.

Pagine “viennesi” è una suggestione nata dall’attento ascolto di una partitura di Schubert, la Ouverture in do minore D 8, composta nell’estate 1811, che racchiude tutto il mondo poetico della Vienna d’inizio Ottocento. Dove ogni tormento era superato, ancora, con settecentesca grazia. Nell’anno in cui nasce Schubert (1797), Haydn scrive il Gott erhalte (Dio conservi), l’inno imperiale austriaco. I tormenti per il giovanissimo Schubert sono molteplici, non solo legati alla precaria salute. L’11 maggio 1809, ad esempio, la Grande Armée di Napoleone bombarda - comme il faut - Vienna per ben due giorni. Schubert, studente del Coro Imperiale, per poco non ci lascia le penne, per così dire. Il cannoneggiamento traumatizza Beethoven, che si nasconde in cantina.

Quando compone l’Ouverture in do minore, Schubert è un adolescente, geniale, alla vigilia di un premio musicale che lo porterà ad avere come Maestro di contrappunto il vecchio e glorioso Antonio Salieri. Giovane e malato, Schubert aveva pensieri di morte, «Eine Leichenfantasie» scrive. L’Ouverture inizia con un lamentoso “Largo”, segue un “Allegro”; una progressione armonica che ricorre in tutte le opere giovanili, derivazione, a mio modesto avviso, dalle opere cantate nel duomo di Santo Stefano e, tuttavia, assai complesse. 

Il brano di Schubert, interpretato da Ferrari con insolita passione e grande profondità, è stato inserito tra Mozart (l’Ouverture Finta giardiniera e la Sinfonia 29 in la maggiore k. 201) e Haydn (la Sinfonia degli addii).


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Beppe Sartirana

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