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L’Oubià” di Grana: una sottile cialda, dolce e croccante

DOVE SI TROVA - “Panificio VAMA” di Baesse Carla – Via Roma 27 – Grana (At) - Telefono 333 2444758 - Aperto dal Lunedì al Sabato ----------------------- Fra le tradizioni gastronomiche monferrine di antica memoria che siano state insignite in questi ultimi anni della “Denominazione Comunale” figura anche l’“Oubià” di Grana. Un dolce tipico e locale nel vero senso della parola (la sua produzione è sempre stata circoscritta solamente al paese di Grana) che ha una forma strana da sembrare un “disco”, un gusto dolce (ma senza esagerare) e una consistenza croccante. Per trovare le origini dell’Oubià bisogna andare indietro almeno fino all’Ottocento quando tali cialde friabili venivano preparate in occasioni di ricorrenze particolari o come regalo per ospiti di un certo rango. Mentre una volta la produzione era diffusa fra le stesse famiglie del paese, oggi ad ereditare la ricetta è rimasta soltanto la Panetteria Vama condotta da Carla Baesse che utilizza per la produzione dell’oubià uno stampo che porta la data del 1880, probabilmente proprio l’anno della sua creazione. In paese oggi restano pochi stampi e quello di Carla Baesse pare essere il più “storico”. La piastra utilizzata per l’oubià è di ghisa e ha 20 centimetri circa di diametro. Si presenta con un disegno molto articolato e contiene sempre due dati imprescindibili: la data di creazione e le iniziali del suo possessore. Quella di Carla Baesse, del 1880, ha impresse le iniziali “A.C.” che rimandano ad una sua precedente utilizzatrice ovvero Angela Cantino dalla quale, dopo alcuni passaggi, è arrivata all’attuale titolare della “Vama” di Grana. La preparazione, spiegata da Carla, appare piuttosto semplice. «Si crea un impasto di farina, latte, uova, burro, zucchero e qualche cucchiaio d’olio, quest’ultimo per evitare che la pasta dolce aderisca alla piastra. Sono tutti ingredienti locali e semplici che una volta si trovavano nelle famiglie del paese senza necessità di ricerche e costi». Una volta pronto l’impasto si pone una cucchiaiata (solitamente si utilizza un cucchiaio da tè) sull’apposito stampo in ghisa (un tempo scaldata sul fuoco, oggi su una piastra) e premendo le due parti in ghisa si ottiene in alcuni minuti l’oubià, una cialda sottile come un’ostia e molto croccante, grazie al calore e alla pressione. Si tratta di un dolce “povero” ma molto genuino. La prima curiosità è quella di sapere se è mai stato spalmato qualcosa sull’oubià. E Carla conferma che il suo consumo è sempre stato “solitario”, senza particolari abbinamenti. Il suo essere croccante, unitamente alla leggerezza, fa sì che sia un dolce che si autopromuove e, come dice Carla Baesse, “uno tira l’altro”. Quattro anni fa è giunta la Denominazione Comunale che ha favorito la conoscenza e l’assaggio dell’oubià al di fuori del contesto molto locale al quale il dolce granese era circoscritto. Oggi è richiesta anche da forestieri ed è apprezzata, oltre che per il gusto, anche per la sua presentazione ornata dalla decorazione dello stampo che viene impressa in modo artistico (e del tutto naturale, attraverso la pressione). Tradizione da ammirare e... gustare.

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Michele Castagnone

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