La querelle sulla scritta in latino sul Palazzo della Misericordia di Casale
Faccio riferimento all’articolo “Animali che passione, le vacanze si fanno con cani e gatti” di martedì 31 luglio. Sono perfettamente d’accordo con la citazione di G. B. Shaw “Più conosco gli uomini e più amo gli animali”, evidenziata da una vostra intervista. Vorrei aggiungere che se tu dai agli animali amore, questi non solo ti contraccambieranno con un amore moltiplicato, ma non ti faranno mai del male al contrario di quanto può avvenire per gli uomini come avverte l’iscrizione sul portale di Palazzo della Misericordia in via Lanza “si bene feceris scito cui feceris” (“se vorrai fare del bene devi stare attento a chi lo fai” - perchè invece di ringraziamenti per il bene fatto, potresti avere dei dispiaceri). Anche io, piuttosto che lasciare solo il mio Gerardo, non vado in vacanza da nessuna parte.
Piero Larotonda
24 agosto 2012
Con questa mia mi ricollego alla risposta di un lettore pubblicata sul vostro giornale, venerdì 24 agosto. Ciò che mi ha particolarmente colpita è l’interpretazione della massima in latino, scritta sul portale di un antico palazzo di Casale (Palazzo della Misericordia in via Lanza n.d.r.), che il lettore cita quasi ad emblema del proprio modo di pensare e di essere. L’iscrizione in italiano suona più o meno così: “Se vorrai fare del bene devi stare attento a chi lo farai”. Lo scrivente aggiunge che altrimenti potresti incorrere in dispiaceri, invece che in ringraziamenti. “Si bene feceris scito cui feceris” trattasi di sentenza sicuramente morale, ma non certo (così com’è stata interpretata) ispirata all’etica cristiana, per la quale invece il bene va compiuto disinteressatamente e non per avere un qualche tornaconto oltre che con discrezione (“la mano destra non deve sapere ciò che fa la sinistra”). A questo proposito I. Kant nella “Critica della ragion pratica” ribadisce il concetto che il bene deve essere fatto per il bene fine a se stesso, cioè senza perseguire un interesse egoistico. Il fare del bene, in modo particolare per un vero cristiano, non deve essere un “do ut des”. Sarebbe opportuno quindi, piuttosto che stare attenti a chi si fa del bene, cercare di fare il bene non per apparire buoni, ma per esserlo veramente! Mi piace concludere con un aforisma di un poeta indiano che afferma: “Ciò che dai è tuo per sempre, ciò che tieni solo per te è perduto per sempre”.
Maria Celeste Delle Grazie
31 agosto 2012
Con grande stupore ho letto la risposta del 31 agosto della signora Delle Grazie in merito alla mia interpretazione dell’iscrizione in latino sul portale del Palazzo della Misericordia che tradotta in italiano dice: “Se vorrai fare del bene devi stare attento a chi lo fai”. La mia interpretazione della scritta non è, come dice la signora Delle Grazie, “quasi un emblema del mio modo di pensare e di essere” ma il frutto di ricerche di illustri casalesi appassionati di storia della nostra città. Infatti, oltre a numerosi documenti consegnati nel “Corso di Informazione e Accoglienza Turistica” dell’Assessorato al Turismo di Casale Monferrato, al quale io ho partecipato nel 1995 (e messo in pratica per tanti anni come Accompagnatore Turistico Volontario) che contestano l’interpretazione della signora e avvalorano la mia, voglio citare solo quelli più spiccioli e di facile comprensione: la scritta - non è un consiglio a fare del bene in modo che “la mano sinistra non sappia ciò che fa la mano destra”, anzi è quasi il contrario, invitando e avvertendo che per fare del bene è necessario sapere a chi lo si fa (Guida pratica e turistica del Monferrato di Idro Grignolio);
- è un invito a donare ma sapendo a chi si dona (Guida pratica e turistica di Casale Monferrato di Luigi Angelino);
- è un invito a essere generosi ma sapendo a chi si dona (Guida della città di Luigi Angelino e Dionigi Roggero).
Sono convinto che “l’amore ci spinge a fare del bene ad altri” (San Paolo, Lettera ai Romani 13:8-10) ma in questo caso sia dal punto di vista culturale che cristiano, le osservazioni e conclusioni della signora Delle Grazie sono totalmente, a mio avviso, fuori dallo spirito della scritta che non prevede o nasconde fini egoistici, tornaconti, interessi personali o santità di facciata. Occorre ricordare che “l’ignoranza genera incomprensione e pregiudizio, la conoscenza favorisce comprensione e armonia” (Edizione Comunità Ebraica di Casale Monferrato). Con questa mia ultima osservazione, intendo chiudere il contradditorio.
Piero Larotonda
7 settembre 2012
Con stupore ancora maggiore di quello provato dal mio interlocutore, ho letto il tentativo del sig. Larotonda di contestare la mia interpretazione riguardo la scritta in latino “Si bene feceris scito cui feceris”, riportata sul palazzo della Misericordia di Casale.
Tutte le citazioni da lui addotte a sostegno della sua tesi sono solo diverse traduzioni e non spiegazioni, come pretenderebbe il suddetto, della scritta il cui significato chiaramente cristiano, dato che la massima si trova nel libro sapienziale del Siracide (12,1), non può essere equivocata (né tanto meno manipolata!) da chiunque abbia una pur minima conoscenza della religione cristiana.
Infatti non mi risulta che Gesù avesse mai chiesto, a chi intendeva fare del bene (usurai, ladri, prostitute...), la “carta d’identità” o avesse preso informazioni sulle persone prima di fare loro dei miracoli (paralitici, lebbrosi, indemoniati ecc), neppure Madre Teresa di Calcutta, mi risulta, si sia mai interessata di sapere chi fossero le persone da lei beneficate, ma si è sempre spesa per i più umili, diseredati, sconosciuti reietti dell’umanità.
Ritengo pertanto, alla luce delle Sacre Scritture che la sentenza incisa sul portale del palazzo in questione, abitato da persone “misericordiose” cristiane, non volesse sollecitare a prestare attenzione a chi si facesse del bene, nell’interpretazione data dal sig. Larotonda, ovvero per non incorrere in eventuali dispiaceri, ma a conoscere (scito) il vero stato di bisogno delle persone per meglio andare incontro alle loro necessità.
Di conseguenza rimando al mittente l’affermazione da lui riportata: “L’ignoranza genera incomprensione e pregiudizio, la conoscenza favorisce comprensione e armonia”. Invito perciò il mio interlocutore ad una più approfondita conoscenza del Cristianesimo, evitando così di interpretare alla lettera il messaggio biblico anzichè cogliere lo spirito della lettera. Non concluderò questa mia con l’autoritaria e unilaterale affermazione del suddetto: “... intendo chiudere il contraddittorio” bensì con un democratico invito ai lettori di partecipare a questo interessante dibattito, certa che, come dice Socrate: “Una vita senza ricerca (della verità) non è degna di essere vissuta”.
Maria Celeste Delle Grazie
11 settembre 2012