IL COMMENTO / Ma il processo per “disastro” si doveva fare!
di Massimiliano Francia
La pubblicazione delle motivazioni della sentenza della Cassazione sul maxi processo Eternit ha riaperto la questione relativa alla impostazione del capo d’accusa da parte della Procura di Torino, sulla scorta della nota “legge del poi” che... «ciò che fa la differenza tra il genio e la follia è il successo».
E visto il risultato in molti si sono affrettati a sostenere che questo processo è “nato morto” e che “occorreva puntare su omicidi e lesioni”, che è peraltro la tesi della Cassazione. Personalmente resto invece persuaso che questo processo andasse fatto e andasse fatto proprio in questo modo.
Rischio prescrizione. Nel corso del dibattimento la lettura predominante evidenziava proprio che mettere al centro dell’esame il reato di disastro era l’unico modo per evitare gli “ostruzionismi “della difesa, tutti volti alla strategia della prescrizione.
La scelta della Cassazione. È un dato di fatto che la prescrizione è stata evitata con un impegno straordinario ed etico (per evitare la vanificazione dello stesso meccanismo giudiziario e con esso della Giustizia con la maiuscola) nei primi due gradi di giudizio, che hanno esaminato la vicenda nella sua concretezza, nella sua verità storica e non su astratti cavilli. La prescrizione è arrivata purtroppo in Cassazione, ma va evidenziato che quella degli ermellini è stata una scelta.
Infatti secondo il giudizio di insigni giuristi dal punto di vista del diritto quella non era l’unica strada percorribile e la Cassazione avrebbe benissimo potuto confermare la sentenza di condanna.
Ergo: se giuridicamente erano percorribili entrambe le strade ciò significa che le ragioni per cui i giudici della Cassazione hanno deciso di mandare assolto un miliardario (che secondo il corposo materiale probatorio del processo ha effettivamente la responsabilità del disastro) non sono solamente giuridiche.
E la domanda è: quali sono allora?
Il rinvio in Appello. A tale proposito non dimentichiamo che lo stesso pg Iacoviello aveva proposto in subordine alla cancellazione il rinvio in Appello per valutare la attuale sussistenza del disastro. Peccato che nelle carte del processo fosse ampiamente dimostrato che il disastro è ancora in atto. Cosa ignorata dagli ermellini.
Di nuovo: perché?
I danni ambientali. Attraverso il processo per disastro gli enti pubblici avrebbero ottenere il ristoro dei danni ambientali e presentare così il conto a chi ha effettivamente causato il danno ambientale.
Ciò avrebbe messo nelle condizioni di andare a pescare Schmidheiny e di escutere i danni, perché quando si hanno 80 milioni di euro di credito (come aveva l’Inps, mi pare, in primo grado) ci si attiva e al risultato si arriva. Eccome!
E a traino sarebbe stato forse possibile ottenere i risarcimenti anche per i cittadini.
Peraltro l’INPS già si era attivata per aggredire il patrimonio immenso dello svizzero, che è certamente più che solvibile.
La cancellazione del processo decisa dalla Cassazione grida vendetta anche da questo punto di vista: pagheranno i danni lo Stato e i cittadini. Cioè le vittime! E tutto ciò in nome di un diritto astratto e neppure univoco? Oppure in nome del popolo italiano?
Una lezione di civiltà. Era un processo che si doveva fare perché il disastro c’è ed è inconfutabile, e perché solo così si è resa evidente la dimensione della strage. Quella emersa dal Processo Eternit è un infinitesimo della strage internazionale dell’Eternit nel mondo. E quest’ultima è - a sua volta - un infinitesimo della strage globale dell’amianto, che continua e che continuerà. Non è una esagerazione retorica affermare che il Processo Eternit è stata una lezione di civiltà offerta all’umanità, una occasione per capire quali sono (e non quali possono essere) le derive di una impresa criminale e senza scrupoli.
Stephan Schmidheiny. Quanto a Stephan Schmidheiny - il processo ha svelato a tutto il mondo il suo vero volto, chi sia e cosa abbia fatto.
L’Eternit-Bis riaprirà il capitolo della strage e Schmidheiny non potrà più fare a meno - per il resto dei suoi giorni - di confrontarsi con le sue responsabilità, perché purtroppo per molti anni ancora i veleni che la sua attività “industriale” ha disseminato continueranno a causare quelle morti che - è stato dimostrato nel processo - lui sapeva bene che avrebbe causato. E il suo nome resterà indissolubilmente legato, nella storia, proprio a tutto ciò.
I reati ambientali. Il processo e la sentenza della Cassazione hanno innescato una importante riflessione sulla prescrizione (che ben si è compreso non essere il vero problema di questa sentenza!) ma soprattutto sui reati ambientali. Speriamo che non resti solo una riflessione ma che si trasformi in una revisione del codice penale e civile che sanzioni pesantemente - anche dal punto di vista economico - comportamenti criminali. Questa sarebbe la vera vittoria!
Perché il livello di progresso di una società non può prescindere dalla equità e dalla efficacia delle leggi che la regolano.