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Presentazione
La "spy story" di Eraldo Monzeglio nel libro di Alessandro Fulloni
Venerdì 17 gennaio alla Canottieri alle ore 19
Questa sera, venerdì 17 gennaio alle ore 19, nella sede sociale della Canottieri Casale (ingresso libero), nuovo appuntamento con il “Salotto Cano”. A presentare il suo ultimo lavoro, “Il terzino e il duce - Eraldo Monzeglio, il romanzo di una vita. Dai Mondiali del 1934 ai misteri di Salò” (Solferino Libri), il giornalista del Corriere della Sera Alessandro Fulloni. A moderare l’incontro, un’altra firma del Corriere, Marco Imarisio. Al termine firma copie del volume al corner della Libreria Coppo Ubik di Casale Monferrato.
Proprio con l’autore, il giornalista Fulloni, abbiamo ripercorso le tappe di questo personaggio anche sportivo, le cui vicende si trasformano in una spy story.
Monzeglio nacque a Vignale e fu terzino della Nazionale, due volte campione del mondo nel ‘34 e nel ‘38. Per ricostruire la sua figura ha coinvolto persone del territorio?
Diciamo che Casale è stata risolutiva. Intanto è stato grazie ai consigli di un giornalista de “Il Monferrato”, Gianluca Marchese, che ho scoperto come il vostro storico bisettimanale avesse un archivio digitale fantastico, incredibile, con pochi rivali in Italia visto che, per quel che ne so, solo Corriere, Repubblica, Stampa e poche altre testate hanno digitalizzato l’intero loro passato, mettendolo a disposizione dei lettori. Va anche aggiunto che l’archivio più che centenario del Monferrato è addirittura gratuito. Dall’archivio ho tratto molti elementi inediti sulla vita di Monzeglio e questo grazie a due storici come Giancarlo Ramezzana e Idro Grignolio, entrambi importanti collaboratori della testata. Erano consapevoli che dietro la vita di questo calciatore si celassero tanti misteri, il grosso dei quali è ancora sconosciuto. Importanti anche le visite al Museo Nerostellato e l’aiuto che mi è venuto dall’Archivio di Stato di Alessandria che mi ha permesso di ricostruire gran parte della vita militare di Eraldo.
La storia di un uomo come si è inserita nei momenti più bui della Storia del nostro Paese?Devo chiarire che dopo aver visto una foto di guerra, da Google emerse il fatto che Monzeglio era stato vicino al Duce sino agli ultimi momenti drammatici della fuga verso Como. Ma su Wikipedia c’era scritto anche che la prima squadra che Monzeglio andò ad allenare dopo il 25 aprile era proprio il Como. Ora: le due affermazioni erano in apparente contraddizione. Un fascista come Monzeglio, uno che addirittura aveva insegnato a giocare a tennis a Mussolini e che era stato con lui a Salò tra il 1943 e il 1945, a Como sarebbe stato sicuramente giustiziato e gettato in fondo al lago nella feroce resa dei conti che seguì la fine della guerra. Invece non solo non fu giustiziato ma lo chiamarono sulla panchina dei lariani. Qualcosa non quadrava. L’intuito mi suggerì che dietro potesse esserci un mistero, un grosso mistero, una trattativa... Poi ho scoperto che era andata proprio così. Sostanzialmente, Monzeglio stando accanto al Duce è stato un testimone diretto del fascismo e soprattutto del crollo della Rsi.
Il rapporto con Mussolini come lo descriverebbe e come venne “sfruttato” in positivo da Monzeglio?
Banalmente, usò quel rapporto per evitare che certi partigiani catturati dalle Brigate nere e dalle SS venissero mandati davanti al plotone d’esecuzione. Nel libro svelo tre o quattro di queste storie e una tra le più belle era stata addirittura raccontata dalla Gazzetta dello Sport. Proprio un ex direttore della Gazzetta, il grande Gino Palumbo, scrisse che Monzeglio “sfrutto’” la sua vicinanza a Mussolini per salvare tante vite. Grignolio raccolse poi altre sue confidenze. Monzeglio gli raccontò di aver scortato degli ebrei in Svizzera.
Monzeglio conobbe anche altre figure di spicco dell’epoca.
Da un punto di vista calcistico, incontrò tutti i grandi campioni dell’epoca e gli allenatori più celebri. Era una specie di figlioccio di Vittorio Pozzo, il ct più vincente nella storia del calcio. Ma stando accanto a Mussolini incontrò direttamente le grandi personalità dell’epoca. A Salò giocava a tennis con i generali tedeschi, era odiato da Clara Petacci, l’amante del Duce, nazista, che forse aveva intuito i suoi contatti con gli Alleati, tra cui uno diretto, tutto ancora da studiare, con Ferruccio Parri, leader della Resistenza e poi primo presidente del Consiglio dell’Italia liberata.
La svolta definitiva per cancellare gli anni “neri” quando avvenne e Monzeglio ebbe una sorta di reset per dimenticare quell’epoca?
Va premesso questo: non v’è dubbio che Monzeglio abbia visto a distanza ravvicinata i crimini del fascismo, l’insensatezza della guerra voluta dal Duce. Non solo: Monzeglio vide dei suoi amici, addirittura dei compagni di squadra in nazionale divenuti partigiani, uccisi o incarcerati perché combattevano a difesa della libertà. Tutto ciò non può non averlo segnato. Va aggiunto che l’altro suo punto di riferimento umano, oltre a Mussolini, era proprio Pozzo, convinto partigiano. Impossibile che le sue idee non abbiano influenzato. Quel reset, scatta subito dopo il 25 aprile, quando va ad allenare il Como e poi la Pro Sesto grazie ai buoni uffici che aveva con il Cln; quelle panchine sono una specie di “premio” per i servigi dati alla Resistenza. Ma Monzeglio in precedenza era stato pur sempre un uomo simbolo del fascismo, l’uomo che aveva insegnato a giocare a tennis al Duce. Alla fine si rende conto che ha tutto l’interesse a cancellare quel passato, scomodo e ingombrante, e non ne parla più. Si rifiuta di raccontarlo ai grandi giornalisti sportivi che ne erano a conoscenza.
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