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  • 20 ottobre 2024
  • Casale Monferrato

Le parole di Daria Carmi, Presidente della Comunità Ebraica di Casale Monferrato, in memoria di Giorgio Ottolenghi

Giorgio Ottolenghi con Elio Carmi, padre di Daria

Giorgio Ottolenghi ci ha lasciato, ed anche se anagraficamente era prevedibile, siamo stupiti perché una parte di noi era illusa che non sarebbe mai accaduto. Ci eravamo abituati così. Ad averlo. Nei suoi quasi 102 anni il mondo si è completamente rivoluzionato ma lui è rimasto una costante, una certezza. Giorgio se ne è andato durante Sukkot ed ha celebrato il suo ultimo Yom Kippur, una data importante, fra le più importanti per questa comunità che lui ha presieduto per 62 anni.

Giorgio ha avuto una gioventù difficile, ha conosciuto la paura delle persecuzioni, è dovuto scappare, ha pensato che non sarebbe ritornato in Italia. E invece è ritornato. Ed ha avuto il coraggio di andare avanti. Ha seminato. Ha incontrato, scelto e sposato Adriana, sua compagna di una vita. Si sono amati e sostenuti a vicenda ogni giorno. Insieme hanno lavorato per la ricostruzione della Comunità Ebraica di Casale Monferrato, per la sua rinascita, nonostante il dolore, nonostante il vissuto, nonostante le assenze. Una rinascita che riguardava anche la ridefinizione dell’identità ebraica, del senso di appartenenza, dell’orgoglio di essere ebrei. Un momento quello, in cui ci si è scelti, ci si è fatti famiglia anche senza avere parentela. La nostra comunità ebraica è una famiglia. Una famiglia che oggi si stringe attorno ad Adriana e a Joey, che con Simona ha dato ai nonni due splendidi nipoti, Sara e Michele, che hanno avuto la fortuna di scambiare tanto con Giorgio.

Tutti noi oggi perdiamo una guida fondamentale cui dobbiamo moltissimo.

Giorgio è stato Presidente quando la Sinagoga è stata definita Monumento d’Interesse Nazionale, restaurata, restituita in tutto il suo splendore al culto con annessa una mostra temporanea. Il seme di un museo che oggi è un frutto maturo: il complesso ebraico. Ha accolto Presidenti della Repubblica Italiana, Lea Rabin, rappresentanti istituzionali e religiosi internazionali con lo stesso spirito con cui ha parlato a migliaia e migliaia di studenti, a tutti i visitatori, a ogni iscritto.

Portiamo con noi i suoi insegnamenti e il suo ricordo ci sarà certamente di benedizione.

Io spero di poter avere la sua capacità inesauribile di immaginare il futuro. Giorgio è stato un lucido conversatore anche quando ha smesso di uscire. Le persone andavano a trovarlo per godere della sua infaticabile curiosità e della sua visionaria capacità di pensare al futuro. Il futuro di questa città e dei suoi ebrei soprattutto. La sua attenzione a cogliere ogni opportunità per garantire il futuro a questa comunità è stata costante e viva fin’anche nei suoi ultimi giorni. Non perdeva articolo di giornale o notizia che potesse rappresentare un’opportunità di rilancio. Voleva il treno, per attirare nuove famiglie, voleva i primariati all’ospedale per attirare medici da altrove. Voleva costruire opportunità, ancora e ancora.

Giorgio, se ne è andato il 18 ottobre, 18 nella Ghematria è dato da Yud e Het (18=10+8), è il numero della vita, del vivente, la parola Chai. Giorgio con la sua storia esprime il desiderio di vivere. Oggi i suoi semi sono piante e noi ne raccogliamo i frutti. Nel suo ricordo continueremo a prendercene cura.


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