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Viaggio d'autore

A... Robella d'Asti, nell'antico castello

Guida d'eccezione l’attuale proprietario del maniero, il conte Maurizio Cotta, figlio del famoso giurista Sergio e nipote di Carlo, il partigiano “Gabriele” della VII Divisione autonoma Monferrato

Casale-Torino collinare, svolta a destra oltre Murisengo (Cavallo Bianco e Cavallo Grigio). Superata la frana sulla strada (quasi di montagna) che porta a Robella d’Asti appare il profilo del Castello con l’inconfondibile quanto rarissima specola in ferro. 
Parcheggio ai piedi della scalinata della chiesa parrocchiale di San Giacomo Apostolo, dal 1817 appartenente alla diocesi di Casale. Nel viale alberato ci attende l’attuale proprietario conte Maurizio Cotta, figlio del famoso giurista Sergio e nipote di Carlo (Firenze 1918-Milano 1978), Carlo è il partigiano “Gabriele” della VII Divisione autonoma Monferrato, che aveva guidato la liberazione di Torino il 25 aprile 1945. 
 
Il castello, danneggiato nel 1625 durante l’assedio della Rocca di Verrua difesa dal duca di Savoia alleato della Francia, conserva una palla di cannone scoperta nel corso dei restauri. Trasformato nei secoli successivi in residenza signorile, è stato ampliato nella seconda metà del Settecento su progetto dell’architetto Filippo Castelli che non ha cancellato le tracce della primitiva costruzione di forma poligonale risalente al XIII secolo e l’elegante arco bicromo nel cortile interno. 
Molto interessante la visita guidata all’interno. Nella sala dei trofei, dove gli stemmi delle famiglie nobiliari sulle porte sono stati scalpellati durante la Rivoluzione Francese, fa bella mostra un’antica cappa della Confraternita di San Francesco, mentre sulla nera bandiera della Divisione Monferrato che il proprietario svolge per noi leggiamo il motto “Tüca pà ’l Monfrà” (nelle vecchie foto storiche il vessillo figura in testa al corteo del 27 aprile 1945 a Torino).
 
Nel salone degli antenati un tuffo nel passato davanti ai ritratti dei Radicati di Robella, uno dei rami dei conti di Cocconato, poi confluiti per via femminile nei Nicolis di Robilant e nelle famiglie collegate (Mazzetti, Pelletta, Maffei, Villamarina). Spicca quello di un industriale russo con miniere di ferro e d’oro negli Urali; in biblioteca molti libri di letteratura russa e una pianola russa appartenuti alla bisnonna e le fotografie dei tre fratelli partigiani Filippo (in Albania), Carlo e Sergio. 
Nella sala da pranzo ammiriamo lo stemma dei Robilant col motto familiare “Pugna et tutela” e nella “sala magna” l’imponente soffitto a cassettoni. 
Dall’archivio spuntano interessanti documenti settecenteschi: la mappa del territorio di Robella e il progetto originario dell’architetto Filippo Castelli (San Damiano d’Asti 1738 - Torino post 1819), oltre ad un piccolo quadro ottocentesco del castello (nella foto). Nell’ala seicentesca è disponibile in affitto un grande appartamento arredato con mobili d’epoca ed entrata riservata per gli ospiti. 
Nel parco del castello con alberi secolari si gode una straordinaria visione panoramica sull’arco alpino, dal Monviso al Monte Rosa, dagli Appennini alla pianura padana. In primo piano le dolci colline del Monferrato.
 
Osserviamo infine lo scenografico ingresso principale del castello con la scalinata a due rampe voluta dal conte Radicati e costruita dall’ing. Mosca nel 1823 insieme alla specola in ferro destinata all’osservazione astronomica con le iniziali del committente “Eustachio Radicati Iussit” e del progettista “Karolus Mosca Delineavit”.
Da visite guidate per turisti appassionati.
Al ritorno, su consiglio del conte Cotta, raggiungiamo la statale della Valle Cerrina attraverso la discesa diretta (ancorchè ripida) del Cimitero.

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Elena Robotti

Elena Robotti
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