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  • 04 novembre 2010
  • Casale Monferrato

Il commercio va ascoltato: il caso Tarsu e non solo

Leggo senza eccessivo stupore, della "rivolta" anti TARSU di baristi e ristoratori. Scrivo "senza eccessivo stupore" perchè il disagio raggiunto dagli esercizi pubblici e al minuto è davvero intenso. Non si tratta solamente del rapporto tra imposizione locale e servizio, che credo non sia l'elemento primario del contendere, ma piuttosto dell'impossibilità economica di "andare avanti" per gli esercenti che sono stritolati da: 1) concorrenza insostenibile esercitata dalla Grande Distribuzione, anch'essa in difficoltà e che esercita la leva del prezzo senza alcun controllo; 2) canoni di locazione di carattere speculativo, inadeguati all'andamento effettivo dell'economia reale; 3) oneri amministrativi ormai incoerenti con l'effettivo andamento dei ricavi conseguibili; 4) costo del personale incoerenti con i ricavi ; Il problema è serissimo e più volte è stato denunciato dalle diverse associazioni di categoria, in varie località, che individuano nella costante diminuzione di negozi sia un impoverimento del tessuto urbano, sia un proporzionale impoverimento dell'erario locale, sia, infine ma non per ultimo, una notevole caduta della sicurezza per i cittadini in zone che via via perdono la "sovrintendenza" esercitata dai negozianti. Le amministrazioni locali, di conseguenza, si trovano ad affrontare una serie di problemi tra loro connessi, ovvero: - il ridotto recupero erariale causato sia dall riduzione delle imprese che dalla riduzione dei ricavi delle stesse; - il mantenimento dei servizi, con relativa ripartizione dei costi su un numero minore di soggetti tassabili, che si trovano a dover pagare di più a parità di servizio; - un depauperamento socio-economico territoriale. Una problematica siffatta non può, a mio avviso, essere affrontata senza uno stretto rapporto con le associazioni dei commercianti e con le armi normative attuali o pregresse, ormai evidentemente "armi spuntate". Vero, verissimo che molti commercianti storici hanno accumulato nel passato risorse e proventi ma altrettanto vero, verissimo, che l'oggi impedisce, o almeno frena, nuove energie dall'investimento commerciale e obbliga molti, troppi, a cessare l'attività. Una via, una piazza senza negozi, o con tante saracinesche abbassate, è deprimente, è un sorriso sdentato, è una zona destinata a diventare presidio per meno nobili mestieri. Come si intende affrontare il disagio dei commercianti ?

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Michele Castagnone

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