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1859: dal balcone del castello Napoleone III e Vittorio Emanuele II salutano i giarolesi

Il 26 aprile 1859 l’Austria dichiarava guerra al Regno di Sardegna e mentre la Francia si mobilitava per onorare l’accordo con il Piemonte sabaudo, Vittorio Emanuele II raggiungeva San Salvatore. Era una domenica quel 1° maggio 1859, quando a Villa Pona si installava il quartier generale in collegamento col telegrafo ottico funzionante sull’antica torre. Una permanenza durata una decina di giorni, prima del trasferimento al seguito delle truppe austriache (respinte sul Po a Frassineto) ad Occimiano, nella residenza del marchese Da Passano, e poi a Casale in palazzo Gozzani di San Giorgio. Era il 21 di maggio quando giunse in città la bella notizia della gloriosa vittoria di Montebello, unita alla generale commozione per la morte del valoroso colonnello dei cavalleggeri Morelli di Popolo, il cui contributo fu determinante con quello del gen. Forey per repingere l’avanzata austriaca. Nel frattempo, partito da Parigi il 10 maggio, l’imperatore francese era sbarcato il 12 a Genova e due giorni dopo aveva assunto ad Alessandria il comando dell’esercito franco-piemontese. Proprio in quei primi giorni di guerra il bisnonno Giacinto, ricorda Giose Sannazzaro, ospitava a Giarole Vittorio Emanuele II e Napoleone III, che si affacciarono al balcone del salotto rosso del castello, appena restaurato, salutando la folla accorsa sul viale antistante il fossato ad inneggiare agli artefici della futura Unità d’Italia. Del resto Giacinto Sannazzaro era molto legato alla famiglia reale. Gentiluomo di camera di Carlo Alberto, era amico dell’allora duca di Savoia, il futuro Vittorio Emanuele II, ospitato più volte a Casale e al quale aveva presentato una delle sue amanti più importanti, Laura Bon, che cantava al Teatro di cui era direttore. E a proposito di amanti del re, Giacinto era in buoni rapporti anche con la Bella Rosin. Era stato lui, aggiunge Giose Sannazzaro, a favorire l’acquisto da parte di Vittorio Emanuele II del castello di Sommariva Perno (poi rifugio degli amori tra il re e la Bella Rosin), già di proprietà dei parenti della prima moglie di Giacinto, Gabriella Carron dei marchesi di S. Tomaso e conti di Brianzone (Briançon). Il bisnonno, conclude Giose, fu strenuo difensore della fede e della tradizione, letterato e traduttore delle satire di Giovenale, ma anche dotato di spirito polemico, una vis tramandata pressoché intatta ai discendenti. Insomma, era il campione di un mondo che stava già sparendo: quello dei gentiluomini di campagna di una nobiltà di provincia legata alla terra e alla cultura, ma lontana dagli affari, dalla politica e dai problemi della vita moderna. Dionigi Roggero SULLE ORME DI IMPERATORE E RE Con un poco di emozione ci affacciamo al balcone del castello di Giarole (in realtà un lungo ballatoio), lo stesso da dove nel maggio di 150 anni fa l’imperatore dei francesi Napoleone III e il re Vittorio Emanuele II salutarono i giarolesi sotto di loro, plaudenti dal viale del fossato, al loro fianco il conte Giacinto Sananzzaro Natta; oggi non disponiamo di alcun Savoia o erede napoelonico ma al nostro fianco abbiamo il padrone di casa il conte Giose Sannazzaro Natta discendente diretto di chi accompagnò i regnanti: “Giacinto, ci dice, era mio bisononno, da lui Giuseppe, poi mio padre Ranieri...” Siamo arrivati a Giarole in un sabato piovoso quale seconda tappa (a ritroso) di un itinerario sulle tracce del 1859 in Monferrato (dopo Frassineto, poi andremo a San Salvatore, Castelletto, Occimiano). Parcheggiamo nel viale d’accesso al castello. Un occhiata all’antico dipinto raffigurante San Giacomo sulla porta della chiesa gentilizia, poi campanello e il conte ci apre la porta esterna, entriamo mentre bellissimi gatti (“sono i randagi che mi rigira Chiara Montiglio...”) si strofinano alle nostre gambe. Son sempre affascinanti le sale del castello con gli arredi d’epoca che danno l’idea di vissuto dal quadro del Guala alla foto del nonno materno, l’armatore Alberto Ravano, con Grace Kelly e Ranieri di Monaco. Appeso al portabiti dell’entrata c’è ancora il vestito di Giacinto quello da gentiluomo di camera di re Carlo Alberto. Certo fa più freddo qui che fuori ma è un problema dei castelli. E il freddo ci scaccia dopo un poco dall’archivio dove molte sono le lettere di Ranieri da studiare, così passiamo nel grande salotto rosso detto anche “del balcone” arredato come 150 anni fa, e gli augusti ospiti avranno sentito la spiegazione dei quadri alle pareti come quello di Maria Bellone d’Altavilla coi figli Federico nonno di Giacinto e Giuseppe, altro quadro di avi che il conte avrà illustrato quello di Olimpia Callori Facipecora, contessa di Montemagno e Vignale (la mamma di Giacinto era una Callori). Scendendo nella sala della musica c’era già un incisione del Gonin (infatti era datata 1854) raffigurante proprio Vittorio Emanuele e all’ingresso era stato appena ultimato lo splendido affresco monocromo che raffigura i quattro cavalieri della famiglia Sannazzaro, Assalito, Guido, Ranieri e Burgundio, i quattro, provenienti dal pavese, fondarono questo maniero di Po nel 1163. Il dipinto è di Paolo Emilio Morgari Non hanno visto invece una bella pala dedicata alla Consolata ritirata per sicurezza dalla chiesa della Madonnina (Madonna della Consolazione, verso Occimiano), e bene si fece perchè come constatiamo in un ultimo sopralluogo giarolese le nevicate hanno fatto crollare parte del tetto di questo edificio sacro fondato nel 1511 da un religioso domenicano, fine ‘600. Si provvede a un primo tamponamento in attesa del restauro. Certo che, caro Muzio (Angelo, vice sindaco di Frassineto leader delle celebrazioni del 1859 nella nostra zona ), Giarole entra di diritto in un bell’itinerario legato al Risorgimento e in senso più ampio alle bellezze delle terre monferrine di Po- Luigi Angelino FOTO. Uno dei quadri degli antenati nel salotto rosso; i quattro Sannazzaro che fondarono il castello e l'incisione di Re Vittorio Emanuele II (1854)

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Michele Castagnone

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