Articolo »

  • 23 gennaio 2024
  • Casale Monferrato

Presentazione

“Tenebre italiane”, la cronaca nera che ha cambiato l’Italia

Il nuovo libro del giornalista Marco Imarisio

Marco Imarisio. Giornalista "Corriere della Sera"

Venerdì 26 gennaio alle 19 la sede sociale della Canottieri Casale (ingresso libero) ospiterà la presentazione del libro “Tenebre italiane - Storia terribile ma vera dei delitti che hanno cambiato il Paese” (Solferino Libri) del giornalista monferrino Marco Imarisio, una delle firme più illustri del “Corriere della Sera”, che ci racconta come nasce questo suo lavoro.

Come mai la scelta di scrivere questo libro? «Per tre ragioni. La prima è quella che racconto nell’introduzione. Con la cronaca nera, si sbaglia. Perché ci si muove su un terreno in perenne movimento, dove nulla è solido, dove bisogna affidarsi a quel che dicono le fonti ufficiali, più che alle proprie impressioni sul campo. E spesso, sbagliano anche loro. La seconda nasce da un moto di fastidio verso le critiche ai colleghi che se ne occupano. Bisogna esserci, bisogna provare a stare sul campo, sottoposti a una pressione mediatica spesso morbosa, che richiede continui aggiornamenti, notizie sempre più veloci. La terza è perché durante la mia attività come inviato di cronaca nera, ho affrontato quel decennio di inizio secolo dove è nata la “mediatizzazione” e la spettacolarizzazione dei delitti, paginate a nove colonne sui giornali, interviste strappalacrime, maratone televisive, dirette dal luogo del crimine, ricostruzioni in studio. Raccontarle ora, dietro le quinte, dal punto di vista di chi come me ha vissuto quel periodo, e quel modo di raccontare talvolta quasi sganciato dalla realtà, più vicino a un reality show, mi sembrava il modo per raccontare un pezzo importante della nostra storia recente. Anche perché in quel formato ci siamo ancora dentro».

Come ci si approccia alla diffusione delle notizie di questo tipo? «Negli anni in cui mi sono occupato di cronaca nera, ho avuto la fortuna di poter continuare a raccontare i fatti “alla vecchia maniera”. Come fanno oggi tanti bravissimi colleghi, spesso oggetto di critiche ingiustificate da parte di chi non sa cosa significa scrivere un articolo di fretta, da consegnare subito all’edizione online, subendo l’inevitabile frazionamento dei contenuti che la cultura del web italiano impone. Io me ne sono allontanato all’incirca intorno al 2008, dopo la strage di Erba e i suoi cascami. Avevo trascorso un decennio a occuparmi in prevalenza di delitti, e provavo ormai una sorta di saturazione, dovuta in parte al fatto che, passati purtroppo gli anni giovanili dell’infatuazione, non mi piacevano più certi aspetti del nostro lavoro sui crimini violenti. Ma quando mi capita, come nel caso della povera Giulia Cecchettin, credo che sia giusto avvicinarsi a queste tragedie con buona fede, sensibilità, e rispetto delle persone. Cercando di fare da filtro, di raccontare non ogni dettaglio, ma soltanto le cose che mi sembrano più importanti, evitando ogni forma di morbosità».

Quale aspetto l’ha colpita di più nel raccontare i casi che hanno segnato l’inizio di questo secolo?«L’enorme pressione mediatica alla quale siamo stati sottoposti, tutti noi. Prendi il delitto di Cogne. Per mesi, in Italia, sembrava che non esistesse altro. Quella donna, Annamaria Franzoni, era diventata una sorta di ossessione nazionale. Quando tutto cominciò, primo pomeriggio del 30 gennaio 2002, sembrava tutto chiaro. “C’è una mamma depressa che ha ucciso il suo bambino in un paesino della Val d’Aosta, perché non ci fai un salto? Tanto è una vicenda chiusa, scrivi un articolo e stasera torni indietro”. Passarono 92 giorni senza rivedere casa. Ancora oggi, vent’anni dopo, nonostante le sentenze, la condanna definitiva, e poi l’espiazione e l’inizio di una vita nuova, può succedere che dal tabaccaio, o in coda alla panetteria qualcuno si fermi a porre la solita domanda. “Ma siamo proprio sicuri che è stata lei?” Furono giorni brutti, e complicati, a causa di una sorta di impazzimento collettivo. Spero davvero che non ci sia mai più un’altra Cogne, in ogni senso».


Profili monferrini

Questa settimana su "Il Monferrato"

Enea Morotti

Enea Morotti
Cerca nell’archivio dei profili dal 1871!