Legambiente: «Per la bonifica amianto di Casale Monferrato servono garanzie»
“Per le bonifiche di Casale Monferrato e Pieve Vergonte servono garanzie. La forte concentrazione di inquinanti nell’ambiente e i ritardi negli interventi di bonifica aumentano il rischio di danni alla salute della popolazione”. Con queste parole Fabio Dovana, presidente di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta richiama l’attenzione sulle opere di bonifica di due dei siti di interesse nazionale presenti sul territorio piemontese.
Le superfici individuate in Italia negli ultimi 15 anni come siti contaminati sono davvero rilevanti. I risultati ottenuti fino ad oggi per il raggiungimento della bonifica di queste aree invece, non sono purtroppo altrettanto rilevanti. Secondo il Programma nazionale di bonifica curato dal Ministero dell’Ambiente, il totale delle aree perimetrate come siti di interesse nazionale (SIN) è arrivato negli anni a circa 180 mila ettari di superficie, scesi oggi a 100 mila ettari, solo grazie alla derubricazione dello scorso anno di 18 siti da nazionali a regionali (i SIN sono quindi passati da 57 a 39). Solo in 11 SIN è stato presentato il 100% dei piani di caratterizzazione previsti (primo step del processo di risanamento che definisce il tipo e la diffusione dell’inquinamento presente). Anche sui progetti di bonifica presentati e approvati emerge un forte ritardo del nostro Paese su cui fa eccezione la nostra regione: solo nei 3 SIN piemontesi (Casale Monferrato, Pieve Vergonte e Balangero) è stato approvato il 100% dei progetti di bonifica previsti. In totale, sono solo 254 i progetti di bonifica di suoli o falde con decreto di approvazione, su migliaia di elaborati presentati.
Questi i numeri che emergono dal dossier “Bonifiche dei siti inquinati: chimera o realtà?” presentato oggi a Roma da Legambiente. Nel dossier vengono approfonditi i casi piemontesi delle bonifiche dell’area degli stabilimenti ex Eternit di Casale Monferrato e del sito di Pieve Vergonte in provincia di Verbania che comprende gli stabilimenti della Syndial (ex Enichem), l’area di produzione della Tessenderlo oltre che il torrente Marmazza, il fiume Toce, parte del Lago Maggiore ed i comuni di Pieve Vergonte, Piedimulera e Vogogna.
Gli impianti di Casale Monferrato, che fino agli anni ’70 producevano circa il 40% della produzione nazionale di Eternit, sono stati inseriti nel 1998 nel programma nazionale di bonifica, mentre nel 2000 è avvenuta la perimetrazione del Sito di Interesse Nazionale (SIN), comprendendo un territorio di circa 48 comuni, con una superficie di circa 74.300 ettari. Le attività di bonifica dello stabilimento sono iniziate nel 2000 e si sono concluse nel 2006. Quello di Casale Monferrato è finora l'unico intervento di bonifica e demolizione di un vasto insediamento di fabbricazione del cemento-amianto portato a termine in Italia.
“La strada verso una definitiva scomparsa dell’amianto nel comune di Casale Monferrato e comuni limitrofi è però ancora lunga –sottolinea Fabio Dovana, presidente di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta-. Il percorso intrapreso ha portato fino ad oggi risultati molto importanti per il risanamento e il rilancio della città di Casale Monferrato, ma restano in cantiere ancora molti interventi. Tra i risultati positivi non si può tralasciare la sentenza del processo Eternit, ottenuta dopo tanti anni di battaglia e di azione costante di tanti cittadini e associazioni. Un risultato storico per la tutela dei lavoratori ma anche per la salute dei cittadini che ancora oggi, spesso inconsapevolmente, sono esposti al rischio amianto, ma che ancora non mette la parola fine alla vicenda. La presa di coscienza delle popolazioni locali e delle pubbliche amministrazioni coinvolte è stato il vero motore che ha permesso di mettere in moto tutto il progetto di bonifica. Ora è necessario avere la garanzia che i risarcimenti arrivino a tutti coloro che hanno subito un danno dall’attività dell’Eternit e ai Comuni che hanno il compito di continuare le bonifiche per limitare il diffondersi ulteriore dei casi di tumore”.
Per avviare concretamente i processi di risanamento ambientale in Italia, Legambiente presenta 10 proposte:
1. Garantire maggiore trasparenza sul Programma nazionale di bonifica, permettendo a tutti di accedere alle informazioni sull’aggiornamento del risanamento di ciascun sito di interesse nazionale da bonificare.
2. Stabilizzare la normativa italiana e approvare una direttiva europea sul suolo
3. Rendere più conveniente l’applicazione delle tecnologie di bonifica in situ, passando dalla stagione delle caratterizzazioni a quella dell’approvazione dei progetti e dell’esecuzioni dei lavori, per realizzare bonifiche vere e non le solite messe in sicurezza o i soliti tombamenti.
4. Istituire un fondo nazionale per le bonifiche dei siti orfani: uno strumento attivo negli Stati Uniti dal lontano 1980 (quando fu approvata la legge federale sul Superfund) e previsto anche nella proposta di direttiva europea sul suolo presentata nel 2006.
5. Sostenere l’epidemiologia ambientale per praticare una reale prevenzione
6. Fermare i commissariamenti
Anche sulle bonifiche dei siti inquinati -così come su altre emergenze ambientali- i commissariamenti attivati negli anni si sono dimostrati un vero fallimento.
7. Potenziare il sistema dei controlli ambientali pubblici
8. Introdurre i delitti ambientale nel codice penale
9. Applicare il principio chi inquina paga anche all’interno del mondo industriale, promuovendo all’interno delle associazioni di categoria iniziative tese a escludere i soci che ricorrono a pratiche illecite nello smaltimento dei rifiuti, anche derivanti da operazioni di bonifica.
10. Ridimensionare il ruolo della Sogesid, società pubblica attiva sulla gran parte dei SIN e al centro di recenti indagini giudiziarie, affinché il Ministero e gli altri enti di supporto riprendano appieno le loro competenze ed affidino eventualmente specifiche attività a soggetti individuati sulla base di gare pubbliche o comunque sulla base di valutazioni comparative.