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Meglio pensare a rilanciare l'industria del freddo

Le centinaia di persone, che a Casale hanno firmato il referendum contro la privatizzazione dell’acqua lavorano a smentire l’adagio di Oscar Wilde per cui oggi «la gente conosce il prezzo di ogni cosa e il valore di nessuna». L’attenzione a un bene fondamentale da mantenere in mano pubblica pone immediatamente una serie di considerazioni e problemi a chi, come il neonato comitato casalese per l’acqua, intende non solo istruire una sacrosanta battaglia per cambiare una pessima legge, ma anche, forse, interrogarsi sulla trasformazione di una società sempre più orientata alla mercificazione di ogni cosa e ogni persona. Se tutto questo corrisponde al vero non può certo sfuggire a chi organizza i banchetti di raccolta firme la recente proposta, riportata con titoli a carattere di scatola dai giornali locali, di costruire niente di meno che un impianto per sciare anche d’estate nella zona di Casale. Può sembrare una boutade, degna di qualche stravagante sceicco di Dubai, ma non è così: siamo al mondo alla rovescia, siamo alla follia da molti punti di vista, ma tutto ciò non va sottovalutato per la sua capacità di penetrazione i una società priva di anticorpi reattivi. Intanto sarebbe interessante sapere che ne pensano Comuni interessati, Provincia e Regione. Al di là di questo mi chiedo: qualcuno ha fatto i conti in merito all’uso di acqua, che è un bene scarso oltre che sotto pericolo di privatizzazione, all’uso di energia e di consumo di territorio?. Come si vede immediatamente vengono avanti con queste domande concezioni diverse di approccio al cosiddetto sviluppo. E’ venuto il momento di allargare la discussione su un ventaglio ampio di beni comuni da sottrarre all’accaparramento di questo o di quell’imprenditore, che spesso con l’aiuto della politica ridotta ad accompagnatrice, crede di poter fare quello che vuole in barba a qualsiasi valutazione razionale e democratica. Acqua, energia, territorio, ecco tre temi di cui riappropriarsi all’interno di una battaglia politica a viso aperto per evitare che vengano mercificati sempre di più, usati senza tener conto di limiti e scarsità o gestiti in modo non democratico. Il solito «ricatto» per cui a fronte di uno scempio territoriale, energetico e ambientale corrisponderebbe però un aumento di posti di lavoro (tutto da dimostrare) va respinto al mittente. A voler essere provocatori, verrebbe da dire che sarebbe più utile e farebbe meno danno impiegare persone a scavar buche per poi ricoprirle. Il lavoro è tema troppo serio per trovare risoluzioni come quelle proposte da chi vuole lo «sky dome». Perché, invece di arrampicarsi sugli specchi di prometeici e assurdi impianti, non si torna a discutere di possibile riconversione dell’industria del freddo, visto che dopo il protocollo firmato tempo fa non si sono fatti passi in avanti? Perché non si pensa al territorio come luogo in cui viviamo tutti, luogo che ha bisogno di più manutenzione e meno insulti visto che bastano due gocce d’acqua per mandalo completamente in tilt? Le proposte possono essere molte, tutte discutibili. Quella che certo va contrastata è quella che vuole spingerci in un baratro grottesco e demenziale in cui mentre il Titanic affonda noi si possa allegramente sciare ad agosto tra le risaie.

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Michele Castagnone

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