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Rotondino: l'atto finale di una brutta storia

La brutta vicenda dei terreni del Rotondino nasce da un peccato originale, rappresentato dalla delibera comunale 240 del 1990, con la quale il comune concedeva il diritto di superficie per 99 anni a delle cooperative, individuate come soggetti attuatori del programma regionale degli interventi di edilizia agevolata. Però, e qui sta il peccato originale, il Comune ha venduto un’area di cui non aveva la disponibilità esistendo vincoli di destinazione sanitaria a favore dell’allora USL. Sicuramente sono incolpevoli i cittadini appartenenti al ceto medio, che in buona fede hanno acquistato con sacrificio una casa ricorrendo all’edilizia popolare non convenzionale, mentre invece crediamo si possano considerare colpevoli più o meno consapevoli di questa brutta vicenda chi deteneva le responsabiltà dell’allora assemblea generale USL, i dirigenti delle cooperative e soprattutto l’Amministrazione comunale di quel tempo. Infatti era ben noto già allora che, con la soppressione dell’Ente ospedaliero disposta dalla Regione Piemonte nel 1980, i beni cosiddetti da reddito (quindi anche i terreni del Rotondino) venivano amministrati dai Comuni con l’obbligo di destinare i redditi ai servizi sanitari e qualora il vincolo di indisponibilità fosse stato tolto (tramite la Regione, con particolare procedura) esisteva l’obbligo di destinare ai servizi sanitari e al loro miglioramento il corrispettivo ricavato dalla vendita. Invece con quella delibera furono commessi due errori: - concessione del diritto di superficie senza alcuna richiesta alla Regione - e soprattutto senza destinare il ricavato ai servizi sanitari. Ci piacerebbe proprio sapere che cosa sarebbe successo se fosse stato un cittadino comune o una azienda privata a commettere un simile errore . Da questo peccato originale sono discese tante conseguenze nefaste. Nel 1992 le USL furono trasformate in aziende sanitarie locali (ASL) e i beni mobili e immobili vengono ritrasferiti al patrimonio delle ASL, inizia il contenzioso da parte dell’ASL, che giustamente pretende la restituzione dei terreni del Rotondino liberi da persone senza l’aggravio del diritto di superficie concesso a terzi, ma il Comune non ha potuto consegnare il bene libero, come avrebbe dovuto, perché libero da persone e cose non lo era più. Il Comune, riconoscendo di fatto il suo errore, non ha mai contestato la ragione dell’indennizzo prolungando la controversia per tanto tempo solo per stabilire la valutazione dell’indennizzo e la modalità di corresponsione. Gli uffici comunali proponevano un importo di circa 880 milioni di Lire pari all’indennità di esproprio di tali terreni, mentre l’ASL ha sempre preteso un importo superiore ai due miliardi di Lire corrispondenti al valore venale secondo il libero mercato come da perizia fatta dall’UTE (Ufficio Tecnico Erariale di ALESSANDRIA). Si sono susseguiti diversi protocolli di intesa, mai conclusi o firmati dalle due parti, con anche una citazione in giudizio del Comune da parte dell’ASL. Nel corso di queste controversie il Comune si è anche avvalso della consulenza di professionisti, che confermavano la difficoltà dell’esito dell’eventuale processo, anzi veniva detto che c’erano fondate possibilità che un eventuale giudizio si sarebbe concluso in favore dell’ASL in quanto nell’operato del Comune si evidenziava l’errore di irreversibile trasformazione di beni oggetto di vincolo di destinazione a favore dell’ASL. Se l’indennizzo finale concordato prevede una cifra abbastanza contenuta (un milione di EURO), bisogna ringraziare l’ASL, che si è basata nella valutazione su di una perizia fatti anni addietro, con in vigore ancora le lire e non ha richiesto la corresponsione di interessi; senza tali agevolazioni la cifra da corrispondere all’ASL sarebbe stata molto ma di molto superiore. L’Amministrazione comunale ha infine attuato una rivalsa sugli attuali proprietari creando in bilancio una entrata di ca. 830.000 alla voce alienazione di aree e concessioni diritti di superficie, senza dare alcun preavviso agli abitanti delle villette. Pur riconoscendo che con questo esborso, gli abitanti delle villette diventano proprietari a tutti gli effetti anziché titolari di una concessione della durata di 99 anni, quindi qualcosa in cambio ottengono, bisogna rimarcare come anche in questa occasione l’Amministrazione, ormai avvezza a forme di vessazione senza preavviso nei confronti dei propri cittadini, come testimoniato dalle valanghe di accertamenti TARSU con prelievi stratosferici dalle tasche dei cittadini, ha in modo unilaterale concretizzato un ulteriore prelievo forzoso, addirittura già messo in bilancio prima ancora di accertarsi se questa soluzione verrà accolta dai cittadini senza ricorsi o quant’altro. Si è dunque arrivati all’atto finale di una brutta, bruttissima storia i cui veri responsabili risultano formalmente indenni da ogni colpa e danno, ma sicuramente non si potrà cancellare una delle pagine più buie delle amministrazioni di centro sinistra che si sono succedute dal 1990 ad oggi.

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Michele Castagnone

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