Suggestivo itinerario tra i molti infernot del paese collinare
di Luigi Angelino e Dionigi Roggero
L’infernot scavato sotto il municipio, inaugurato domenica scorsa a Terruggia, è un’occasione da non perdere, essendo con quelli di Vignale (Belvedere e Palazzo Callori) e di Cella Monte (Ecomuseo della Pietra da Cantone) posti in strutture pubbliche.
Accompagnati dal sindaco Giovanni Bellistri e dall’assessore ai lavori pubblici Franco Polato, che l’ha “scoperto”, visitiamo l’infernot messo in sicurezza dall’Amministrazione Comunale che ha investito 30 mila euro. Si trova all’interno dell’edificio comunale, che si affaccia sulla piazza della chiesa parrocchiale, acquistato nel 1852 dalla famiglia Bertazzo e poi trasformato su disegno del geometra Pietro Castagnone in sede degli uffici.
Vi si accede, scendendo a una profondità di una decina di metri, da due rampe di scale. Osservando attentamente le pareti formate da un materiale particolare, di tipo sabbioso, oltre ad alcuni segni grafici scopriamo l’autore dell’opera che si firma così: “Fatto da me Pietro Poletto giardiniere 1891”. Ci accolgono, all’ingresso, le sculture di Giorgio Cavallone.
Nella cantina, una sorta di anticamera dell’infernot vero e proprio, è iniziato l’allestimento del “Museo del Vignaiolo”, con attrezzi e manufatti utilizzati dai cantinieri di un tempo. Affidato alla Pro Loco, è sempre fruibile dai visitatori che dovranno rivolgersi al bar del Municipio.
Proseguiamo poi la visita presso le altre strutture di Terruggia. L’infernot Pessina, presso la “Cucina di Annalisa” in via Roma al numero civico 5 era murato.
E’ stato scoperto durante i lavori di ristrutturazione edilizia. Ci accompagna la titolare del negozio Valentina Grananiello.
Non troviamo invece i proprietari per la visita di quello di casa Ottone sempre in via Roma al n. 17 e ci spostiamo in via Cacciolo nell’azienda di Angelo Musso, già produttore di spumanti (per i quali finì anni fa sul Monferrato, ndr), oggi di aratri. Veduta panoramica dal cortile attraverso una mini collezione di vecchi attrezzi su Berroni e sulla chiesa di Roncaglia. In fondo alla cantina è stato ricavato un servizio in una grande botte di cemento, curioso. Scendiamo nell’infernot, di forma tonda.
La botola ci indica che è stata utilizzata una vecchia ghiacciaia che ricorda una damigiana. Nel tunnel di accesso leggiamo la data 1923.
Concludiamo il percorso nell’abitazione di Ezio Bonzano, classe 1926, in via Prato. Sono tre gli infernot ai quali si accede da un’ampia cantina. Il primo, a forma di mezzaluna, ha nicchie laterali. Il secondo è piccolo ma conserva ancora le bottiglie del nonno Carlo, scomparso nel 1921. L’ultimo, il più importante, è profondo una decina di metri.
Leggiamo le etichette delle bottiglie di barbera imbottigliate alla nascita e al matrimonio della nipote Elena e del figlio Alessandro.
Un itinerario molto suggestivo, a pochi chilometri da Casale, degno di una visita.