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L'intervista
Qual'è l'impatto dell'anidride solforosa nei vini?
Anidride Solforosa sì, Anidride Solforosa no. Nei vini è necessario utilizzarla? Quali sono i vantaggi e quali gli svantaggi? Fa male alla salute? Esistono additivi sostituitivi equiparabili?
Anidride Solforosa sì, Anidride Solforosa no. Nei vini è necessario utilizzarla? Quali sono i vantaggi e quali gli svantaggi? Fa male alla salute? Esistono additivi sostituitivi equiparabili?
Se ne parla spesso, ma quanta è la consapevolezza reale rispetto all’uso che se ne fa in enologia?
Ne abbiamo parlato con Dora Marchi, biologa ed enologa, da 25 anni operativa nel laboratorio monferrino di ricerca applicata Enosis Meraviglia, accanto allo scienziato, top dell’enologia, Donato Lanati.
“L’Anidride Solforosa, impiegata nell’industria degli alimenti come antiossidante e antimicrobico, è anche una sostanza naturalmente prodotta dai lieviti, durante la fermentazione alcolica. Preserva le uve e i mosti sia dalle ossidazioni catalizzate da enzimi endogeni, o provenienti da attacchi di muffe, sia dalla riproduzione di lieviti non graditi, tra cui il Brettanomyces”.
Nei vini, come agisce?
“L’azione dell’Anidride Solforosa come antiossidante è duplice: rimuove il perossido di idrogeno (o i radicali liberi dell’ossigeno), che si forma quando i vini vengono a contatto con l’ossigeno, sia durante la fase post fermentativa di maturazione, sia durante la permanenza in bottiglia (attraverso il tappo), e ricostituisce la struttura dei composti fenolici, che hanno subìto auto-ossidazione, per consentire il proseguimento delle reazioni attraverso cui l’ossigeno viene consumato”.
Recenti studi hanno dimostrato che la presenza di Anidride Solforosa, nel vino, porti all’accelerazione del consumo dell’ossigeno attraverso i due meccanismi descritti, proteggendo il vino dalla degradazione ossidativa. “Ferro e rame hanno un ruolo determinante come catalizzatori delle reazioni, che portano alla formazione del perossido d’idrogeno e all’ossidazione dei composti fenolici” prosegue la Marchi.
L’Anidride Solforosa agisce nella stessa maniera sia sui vini bianchi sia su quelli rossi?
“Direi di no. Mentre nei vini bianchi l’Anidride Solforosa garantisce il controllo dei danni causati dal contatto del vino con l’ossigeno, nei vini rossi il suo impiego, durante la maturazione, l’affinamento e la conservazione, deve essere studiato attentamente. Dosi eccessive, se pur inferiori a quelle previste dai regolamenti internazionali, possono rallentare la naturale evoluzione del vino, impedendo la formazione dei prodotti di ossidazione necessari alla stabilizzazione del colore e all’abbattimento dell’astringenza dei tannini. Questo fenomeno è particolarmente importante nell’affinamento dei vini rossi in contenitori di legno di piccole dimensioni; l’anidride solforosa impedisce o ritarda il processo di polimerizzazione e, quindi, la maturazione dei vini.”
Cosa ci dice, invece, dell’efficacia antimicrobica?
“Come antimicrobico, oltre che nei mosti, l’Anidride Solforosa si rivela indispensabile nel controllo della popolazione batterica e dei lieviti inquinanti dei vini, a cui sono da imputare alterazioni della composizione e dei caratteri sensoriali, che rendono il prodotto poco gradevole se non poco idoneo al consumo. In particolar modo, è importante nel controllo del Brettanomyces e nel controllo della popolazione batterica, sia relativamente ai batteri lattici sia, soprattutto, ai batteri acetici”.
Esistono additivi alternativi equiparabili?
“Esistono metodi alternativi per la stabilizzazione microbica, ma nessuno di questi è in grado di sostituirla completamente. Alcuni, a mio parere, potrebbero essere più dannosi per la salute”.
E’, invece, possibile la produzione di vini senza l’impiego di solfiti?
“E’ possibile a condizione che il processo di vinificazione sia ridiscusso e sia impostato in modo diverso da quello usuale, soprattutto dal punto di vista della prevenzione degli attacchi microbici e delle reazioni di ossidazione. La possibilità di non aggiungere la solforosa in tutte le fasi, dalla vinificazione all’imbottigliamento, esiste. In questo caso, è ancora più importante avere uve perfettamente sane e mature, ma non tutte le uve hanno caratteristiche tali da essere vinificate senza solforosa. Occorre conoscere quante sostanze antiossidanti sono presenti naturalmente, come ad esempio gli acidi idrossicinnamici, i polifenoli e gli antociani; contestualmente, è importante conoscere quante sostanze ossidanti contengono. Parliamo, tra le altre, di alcuni metalli come rame e ferro, che catalizzano le reazioni di ossidazione”.
Qual è l’impatto dell’Anidride Solforosa sulla salute?
“L’OMS stabilisce le DGA (Dosi Giornaliere Accettabili); la normativa ne fissa dei limiti. Ciò detto, i rischi sulla salute sono limitati alle persone allergiche. Comunque, l’Anidride Solforosa viene utilizzata come conservante in molte altre sostanze alimentari. Solo per citarne alcune: birra, frutta secca, gamberi, crostacei e anche certi tipi di carne”.
I risultati conseguiti in diverse zone vitivinicole fanno sperare in un continuo miglioramento delle tecniche da più parte sperimentate. E’ d’accordo?
“Sicuramente, negli ultimi anni si è potuta ridurre l’Anidride Solforosa aggiunta, ottenendo ottimi vini dal punto di vista qualitativo”.
Concludendo?
“E’ possibile fare vini senza solfiti, ma sono indispensabili conoscenza e ricerca e, soprattutto, non ci si può affidare al caso”.
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