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  • 08 settembre 2017
  • Casale Monferrato

Casale Capitale della Cultura, un'occasione per investire risorse e capacità

1. Dalla primavera fino ad inizio autunno anche in Monferrato vi è un susseguirsi di feste, di iniziative folkloristiche, di fiere, di proposte turistiche e culturali, di passeggiate serali alla riscoperta di storia e opere d’arte, di concerti, di stagioni danzanti. In questo frastuono, e (riconosciamolo) anche per una meritata capacità di sfruttare il momento, il Comune di Casale Monferrato ha deciso di proporsi come Capitale Italiana della Cultura per il 2020. Nonostante le difficoltà e il titolo ottenuto da città più importanti (da Ravenna a Mantova a Palermo per citarne tre). Una richiesta che può avere dell’azzardo, ma che può diventare occasione per investire in modo significativo in settori in espansione e che possono portare capacità di mettersi  in gioco, di progettare, di sviluppare altre attività.

Lo fa in base ad una serie di presenze architettoniche che fanno di Casale una piccola Siena (così la si è definita in passato), una città con i segni della Capitale per essere stata Capitale del Marchesato. Per la presenza di Musei di un certo livello (Civico –Gipsoteca – Archeologico – Ebraico – Sacrestia Aperta, presso il Duomo). E anche per alcune figure importanti del passato e di artisti che in ogni campo, dalla musica al teatro, dalla danza alla pittura, anche oggi compongono un nucleo non irrilevante.

E’ stato proposto un questionario anonimo da parte del Comune per costruire insieme proposte e suggerire opportunità originali per poter concorrere con qualche possibilità di emergere rispetto ad altre candidature; e sarebbe opportuno anche presentarsi come capofila o punto di equilibrio di buona parte del Piemonte Orientale (il cosiddetto , che a volte si sente da Torino e dal Piemonte che conta).

Due sono le cose che intendo sottolineare, e che sicuramente anche gli amministratori e i loro consiglieri in materia avranno a mente: Casale è il Monferrato. E poi, serve costruire e dare un’immagine unitaria delle tante iniziative. Sono cose apparentemente scontate, ma è bene ricordarle in ogni occasione. Anni fa si era già tentato, ad esempio, di raggruppare tutte le iniziative culturali del periodo tardo primaverile/ inizio autunno dei vari Comuni. Il titolo scelto era “Sotto lo stesso cielo”. Le adesioni, all’appello del Comune di Casale Monferrato furono limitate, e l’iniziativa (che prevedeva almeno la pubblicità da farsi insieme, come per una iniziativa unitaria) durò, per citare il titolo di un film “una sola estate”.  Grosso modo nello stesso periodo, e grazie al Consorzio Mon.D.O. si lanciò la proposta di  , forse più sbilanciata sul piano turistico, folkloristico, rispetto a “Sotto lo stesso cielo”. E’ una buona iniziativa, che coinvolge praticamente tutti i Comuni del Monferrato Casalese per due o tre week end.

2. Credo, però, che si debba andare oltre, pur continuando con Riso & Rose. Essere Capitale italiana della cultura richiede tutta un’altra dimensione, anche come investimenti. Bisogna rendere una immagine che richiami subito cosa significa Monferrato riguardo alla cultura: come Verona è Arena e  Stagione Lirica, Spoleto è Festival dei Due Mondi, ecc.

Si può anche prescindere dalla Manifestazione (esempio il Palio a Siena): tante volte se ne è parlato in passato per individuare “l’evento” da ripetere annualmente o ad ogni biennio/triennio. C’è stato il Premio Soliva; abbiamo Folkermess; si continua a proporre Armonie in Valcerrina, per ricordare solo alcuni eventi importanti.

Basterebbe però anche solo fornire all’immaginario e alla pubblicità l’immagine di una serie di iniziative che si integrano fra loro dando un senso unitario alla proposta culturale.

3. Questo rappresenterebbe l’antipasto. Per il resto serve mettere sul piatto, oltre all’immagine storica, artistica e culturale, anche qualche idea caratterizzante. E sempre non solo della città, ma del territorio. E’ questa la nostra forza.

Perciò, e solo per richiamare pochi elementi, evidenzierei la presenza di alcuni Castelli e delle Chiese, in particolare quelle del Magnocavalli; la bellezza di alcuni Borghi e delle strade panoramiche, i cascinali; Grazzano con la tomba di Aleramo; il Santuario di Crea e quello della Madonna del Pozzo a S. Salvatore, oltre a Madonna dei Monti e l’Abbazia di Santa Fede (a Cavagnolo, che appartenne al Marchesato); la serie di fonti (che andrebbero rimesse in sesto e pubblicizzate); tutta l’area del Parco fluviale del Po, la Partecipanza a Trino, e la Garzaia a Valenza; i siti archeologici (compresa l’archeologia industriale); Vignale con il balletto; il Barocco in Casale.

Un’altra possibilità può venire dalla proposta dell’ , che per ricordare il sindaco Riccardo Coppo ha indicato la creazione di una Esposizione Permanente (con l’utilizzo parziale del Pala Fiere) per la Storia del Monferrato – civiltà del vino, della cave e del cemento, del lavoro della terra e la messa in visione delle macchine agricole e degli strumenti in uso ai contadini; la religiosità monferrina; il fiume; il linguaggio; la gastronomia e le ricette.

C’è poi l’importante filone dei personaggi illustri e di quanti hanno fatto la storia del Monferrato, a cominciare da Aleramo e la sua leggenda, proseguendo per i Paleologi, Anna d’Alençon, Guglilmo VIII, Oliviero Capello. E più di recente l’Architetto Luigi Canina, Carlo Vidua, Ascanio Sobrero, Giovanni Lanza, Luigi Hugues, Natale Palli, il Sen. Brusasca, Giovannina Mazzone, le medagie d’oro e i caduti della Resistenza, il senatore delle DOC Paolo Desana, ma anche i calciatori Campioni del mondo Monzeglio e Caligaris. Non vanno dimenticati gli artisti, da Nicolò Musso a Spanzotti, da Guglielmo Caccia a Guala, da Morbelli e Pagliano a Bistolfi, Soliva, e gli storici e letterati Giovanni Sisto (che fu anche parlamentare e amministratore saggio), Cesare Vincobrio – De Conti - Della Sala Spada – Buronzo – Gabotto, Ravasenga. Valorizzare questi personaggi significa anche mettere in mostra il patrimonio artistico ancora non esposto e in attesa di spazi adeguati, che andranno creati approfittando dell’occasione (penso ovviamente a Vidua!).

Parlando di personaggi, in questo caso non illustri ma, che andrebbero riproposti per la loro lungimiranza e il coraggio nel sostenere posizioni non scontate nella loro epoca, mi permetto di suggerirne due: il teologo don Giovanni Angelo Bergancini (professore di filosofia nel Seminario di Casale Monferrato alla fine del XVIII secolo), il quale è ricordato per avere pronunciato in Sinagoga a Casale nel gennaio-febbraio del 1799, quindi negli anni della Restaurazione, l’intervento a favore della fratellanza con gli ebrei tramite . E il Canonico Giuseppe Oldano, già Parroco di S. Ilario, il quale già alcuni mesi prima del famoso di don Luigi Sturzo pronunciò un intervento su per sollecitare alla presenza sociale dei credenti indicando con una certa intuizione gli sviluppi politici che ne derivano. Pur non ancora con la lucidità di Sturzo, vi era chiara la necessità di scegliere con decisione la democrazia e la battaglia per la giustizia sociale. Due semplici esempi per richiamare come, anche più di recente (penso agli anni attorno al Cancilio Vaticano II) non pochi sacerdoti della Diocesi favorirono la crescita di gruppi giovanili che furono all’avanguardia nell’impegno pubblico, nella lotta per la giustizia sociale, e nel contributo al rinnovamento ecclesiale di quegli anni. Anche l’educazione alla cittadinanza e alla responsabile partecipazione pubblica sono fatti culturali!

4. Non sono da dimenticare gli impegni e le risorse degli ultimi anni (potremmo dire lustri) sul piano dell’integrazione e inclusione degli stranieri. Quanto si è fatto nel campo dell’istruzione e dell’insegnamento della lingua; in quello del dialogo religioso; in quello dello scambio di nozioni e assaggi culinari e delle tradizioni alimentari; nel settore del sostegno assistenziale e sociale. Una forma di cultura del dialogo, dell’accoglienza, della convivenza, che arricchisce le nostre terre demograficamente in recessione e sempre più povere di gioventù, e di speranza nel futuro. Tutto un settore da sviluppare. Oppure, vista la presenza (inutilizzata e ancora senza finalità future) di quelle che sono state le Carceri dove fu rinchiuso Curcio, riprendere e rilanciare ciò che già altrove si è iniziato e sviluppato: una visione di pena che riproponga il recupero e il reinserimento sociale, che approfondisca e offra il ragionamento sulle pene alternative al carcere. Una alternativa alla risorgente ossessione di detenzione repressiva, al “chiudiamo e buttiamo la chiave”, al ritorno alla reintroduzione di condanne escluse e non previste dalla Costituzione. Anche assecondare una visione di pena che tenga conto che ogni colpevole, anche di misfatti gravi, è una persona da recuperare, a cui vanno offerte possibilità di pentimento, appartiene ad un impegno culturale che costruisce l’uomo nuovo, un uomo che arricchisce la propria coscienza e la propria umanità, che vince l’odio sempre più in aumento.

5. Termino riproponendo una convinzione, non solo mia, ma di esperti e di amministratori che erano tutt’altro che sprovveduti. Sarebbe anche necessario arrivare ad una decisione definitiva sull’utilizzo del Castello, oggi alla mercé di ogni genere di esigenze da soddisfare: mostre, convegni, biblioteca ragazzi, forse Archivio Comunale, enoteca, esibizioni scolastiche in occasione di avvenimenti civili, ecc. Penso che il Castello, che ha spazi abbondanti, e può anche avere una serie di utilizzi (dal negozietto di piccolo artigianato locale o prodotti tipici fino all’esposizione artistica o a spazi per i giovani che vogliono esprimersi con la musica o il teatro), debba vedersi assegnata una funzione prevalente (spero di carattere culturale – la necessità di spostare la sede attuale della Biblioteca resta!), un utilizzo caratterizzante che non sia solo quello di contenitore di una serie di week end, ma che sia stabile per tutto l’anno; e che sia utilizzato dai casalesi tutti i giorni, come avviene per le scuole o i presidi sanitari o le Chiese, o il supermercato. Un Castello integrato con la vita cittadina, che tutti si sentano interessati ad utilizzare, a sentire come proprio.

Tutto questo forma la parte degli ingredienti che dovranno fare da sfondo e da cornice ad un programma più preciso. Penso, e spero di non entrare in un compito che non è mio, che alcune linee siano già abbozzate, se leggiamo la nostra storia più recente. Dovremmo presentare il modello di una piccola città e del suo territorio che, pur a volte ritenuti marginali rispetto alle aree più forti economicamente e numericamente, sa pensare e respirare con uno sguardo europeo; un territorio che anziché chiudersi per i timori e le preoccupazioni, sa essere aperto e accogliente; che sappiamo (come è avvenuto con la creazione dell’area EterNot) passare da tragedie a momenti di rinascita, sociale, sanitaria e civile; che si riesce a puntare sull’innovazione energetica (lo sviluppo del teleriscaldamento, impianti con le lampade a Led, pannelli solari su edifici pubblici, lo studio delle nuove tecnologie del freddo); che c’è da tempo una proposta culturale diffusa, ad uso di tutte le zone e di tutte le persone, non solo musica o teatro o balletto nei cosiddetti templi culturali.

6. Una cultura che possiamo declinare anche come . A seguito della nuova legislazione riguardante il Servizio Civile Nazionale è possibile (l’ho già scritto in altra occasione) mettere a disposizione le Caserme, in particolare la Caserma Mazza, per farne un Centro di Formazione ad alto livello per i Corpi Civili di Pace. Un messaggio culturale forte: una città che storicamente è stata centro fortificato e di difesa, prima negli scontri tra Francesi e Spagnoli (tutti ricorderanno le pagine del Manzoni e quelle di Umberto Eco) e poi del Regno di Sardegna contro gli Austriaci durante le guerre risorgimentali, che diventerebbe un riferimento nazionale per una educazione alla pace.

7. Si potrebbe aggiungere un tocco che riguardi anche una visione urbanistica nuova, riguardo alle frazioni e ai quartieri più periferici. Si è già iniziato, a partire dalla ricostruzione/risistemazione delle aree alluvionate, e il lavoro prosegue; ma è necessario un impegno più profondo, più deciso proprio nell’ottica di una visione di città che sappia tenere insieme anche il proprio territorio comunale.

Non resta che attendere i suggerimenti che emergeranno dal questionario e le idee, che speriamo interessanti e innovative, degli esperti che dovranno formulare un quadro più preciso e adeguato. Aspettando il 2020.


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Michele Castagnone

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