Articolo »

  • 19 gennaio 2012
  • Amsterdam

Eternit: «Casale Monferrato è l’emblema della dignitosa azione collettiva»

Atto di voce Di chi muore, non importa a nessuno, chi resta presto dimentica, va avanti e si rifà una vita. Ci dicono di pensare ai fatti propri, “vivi e lascia vivere”, che nessuno è indispensabile. Tale è la volgarità del pensiero comune. Questa parte di mondo che chiamano Occidente corre veloce, non si ferma davanti a niente, assimila tutto ciò che incontra e spesso devasta. La terra, l’acqua, le persone, le relazioni. Tutto si tinge di squallore e desolazione. Essere individui, autonomi, l’inganno di sentirsi liberi. Essere soli. Frantumati e spezzati nell’affanno della vita quotidiana. Essere soli e, solo, oggetti del potere, del controllo. Numeri senza storia e macchine, pezzi ricambiabili. Questo, è un modo di pensare e di agire che mi fa ribrezzo. Vogliono farci credere che sia l’unico modo possibile di abitare in questo mondo, ma non è così. Tantissimi i segnali che ci dimostrano l’esatto contrario, quotidianamente, nel silenzio. Un silenzio, troppo spesso, imposto. Nel silenzio continuano a spegnersi le vite di donne e uomini che hanno respirato per anni, per varie ragioni e per nessun motivo logico, se non quello dell’interesse politico ed economico di altri, quella letale polvere che s’insinua nei corpi e nelle vite, fatalmente: la polvere di amianto. La forza del movimento che rivendica giustizia per le migliaia di morti non causate da una cieca e innocente ignoranza e fatalità, sta proprio nel sentire l’urgenza di rompere il silenzio e, insieme, portare avanti una lotta e condividere il dolore. Casale Monferrato è l’emblema della dignitosa azione collettiva e rivendicazione di giustizia contro la multinazionale svizzera dell’amianto, Eternit. Molte altre città d’Italia e di altre parti del mondo (in alcune delle quali l’amianto continua ad essere estratto e lavorato), guardano al processo di Torino, iniziato il 6 Febbraio 2009 e che si concluderà il 13 Febbraio 2012, con la speranza che il verdetto finale possa favorire dei cambiamenti a livello internazionale. Che l’istituzione comunale di Casale M. pensi e si accinga a firmare un accordo con chi ha perpetrato una sciagura umana e ambientale ai danni della città di cui dovrebbe essere portavoce, rappresenterebbe un ulteriore e grave atto di violenza. La possibilità di contrattare non può e non deve essere sempre garantita: non ci si può liberare dalla responsabilità delle scelte fatte e rinegoziare la propria identità pagando 18 milioni di euro. Se il Comune di Casale M., firmando l’accordo, rinuncerà a comparire nel processo come parte civile lesa e al diritto di intraprendere azioni giudiziarie future contro Stephan Schmidheiny, l’unica, ma grande, consolazione sarebbe quella che, nonostante l’abbandono istituzionale, i cittadini e tutti gli altri soggetti coinvolti in questa drammatica vicenda, non tornerebbero al silenzio e alla solitudine che rende vulnerabili. Il silenzio per fortuna è rotto e non è più possibile. L’istituzione comunale dovrebbe “solo” avere l’intelligenza di capire l’entità dell’errore che commetterebbe e le conseguenze, non solo simboliche, che potrebbero scaturire dalla violazione del patto di rappresentanza con in suoi cittadini. Agata Mazzeo Università di Amsterdam – Master in Antropologia Medica Studiosa di questioni politiche e sociali legate all’amianto e familiare di una vittima.

Profili monferrini

Questa settimana su "Il Monferrato"

Michele Castagnone

Michele Castagnone
Cerca nell’archivio dei profili dal 1871!