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IL COMMENTO / L'eternit e il "disastro perfetto" della Cassazione

La sentenza sul caso Eternit che la prima sezione penale della Corte di Cassazione ha pronunciato alle 21,08 di mercoledì 19 novembre 2014 insegna una cosa precisa: esiste un delitto impunibile, il disastro ambientale, purché si abbia l’accortezza di calcolare con precisione il tempo in cui si attuerà. Da oggi chi vuole fare una strage lo può fare “con diritto”, purché gli effetti si manifestino dopo un congruo numero di anni. Non conta se uccide dieci, cento, un milione di persone, i morti non contano, quello che conta è che la gente muoia dopo che il reato è andato prescritto. La sentenza della Corte infatti non dice che Stephan Schmidheiny non era a capo dell’Eternit, che non ha prodotto manufatti in amianto in tutto il mondo infischiandosene dei rischi anzi, come hanno invece affermato le sentenze di primo grado e di Appello, con dolo, con la consapevolezza che quello che stava facendo avrebbe provocato la morte di lavoratori e cittadini. Non dice che l’amianto non fa male o che le migliaia di morti di Casale e degli altri luoghi in cui l’Eternit aveva gli stabilimenti e sono stati uccisi dall’amianto sono morti per altre ragioni. Dice solo che è passato troppo tempo. La strada alla codificazione giuridica di quello che l’avvocato Sergio Bonetto ha chiamato con un amaro paradosso il “disastro perfetto” (impunito e da oggi impunibile, perché la Suprema Corte fa giurisprudenza!), l’ha aperta paradossalmente la pubblica accusa, il procuratore generale Francesco Iacoviello, con una distinzione che sembra la negazione stessa del diritto e della giustizia, e a ben guardare della magistratura stessa: «Di fronte alla scelta fra il diritto e la giustizia il magistrato deve scegliere non la giustizia ma il diritto», ha affermato. Anche se c’è la certezza della colpa?, viene da chiedersi. Anche se il reato c’è ed è accertato e non ci si trova di fronte al “ragionevole dubbio” che l’imputato possa essere innocente? Anche se due gradi di giudizio, due tribunali hanno trovato con soluzioni differenti ma efficaci la strada per sanzionare quello stesso reato di disastro che appare di una gravità senza precedenti? Disastro che procurerà nel prossimo decennio (ancora più tardi!) secondo gli epidemiologi centinaia di migliaia di morti (200mila solo fra la popolazione maschile) in tutta Europa? Secondo il pg Iacoviello e secondo la Corte di Cassazione, sì. Perché non è il diritto che deve essere strumento di Giustizia ma la giustizia che deve essere sacrificata sull’altare della norma asettica, anche se è astratta e la conclusione è “illogica”, come è stato detto in aula. Come se si trattasse di una esercitazione accademica, e non di una vicenda straordinariamente grave e drammatica di una «strage mai vista» che aveva attirato l’attenzione e assorbito le energie di tanta parte della magistratura e della società internazionale. Una strage avvenuta nel mondo reale! E se la giustizia non conta a questo punto - viene da chiedersi - a cosa serve il diritto? E che funzione svolgono i magistrati? E viene amaramente da chiedersi - se per paradosso - la colpa non sia degli ammalati d’amianto che sono troppo “pigri” e ci mettono troppo, davvero troppo tempo a morire. Se secondo il diritto - infine - non sia la vita, ad essere... “sbagliata”.

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Carlotta Prete

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