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Caterina Deregibus. che Medea!

Al Teatro Out Off di Milano, fino a domenica 23 dicembre, c'è la casalese Caterina Deregibus nelle vesti di «Medea». È un'occasione da non perdere, Caterina Deregibus è un'originale interprete della tragedia di Euripide: la sua Medea è intensissima, selvaggia e di rara bellezza. La «Medea» di Euripide è stata messa in scena da Fabio Sonzogni, ma la vera novità è l'apporto decisivo dell'attrice casalese alla regia. Probabilmente lo spettacolo di Sonzogni non potrebbe essere possibile senza l'interpretazione di Caterina Deregibus, che ha intelligentemente introdotto nella tragedia alcune novità. La storia: Giasone con Medea si rifugia a Corinto, dove decide di ripudiare la sua compagna per sposare Glauce, figlia di Creonte, sovrano della città. Medea è una straniera e Caterina Deregibus ne esalta il fascino "barbarico" facendola esprimere, nei momenti più drammatici, in amarico, la lingua semitica derivata dall'antico etiopico. In amarico è l'urlo al traditore Giasone, lo sposo che le si è rivelato come il peggiore degli individui, in amarico Medea canta una canzone a lui (e questa è un'innovazione geniale nel testo di Euripide perché Caterina Deregibus suggerisce e rievoca il ricordo di una passata intimità con Giasone) e ai figli. Il testo di Euripide è altrimenti seguito alla lettera. Emozionante è Deregibus-Medea quando recita: «Donne di Corinto, eccomi, sono uscita dal palazzo, così non avrete nulla da rimproverarmi. So di molti che sono passati per superbi, sia in questo sia in altri paesi. Erano gente riservata, e invece si sono acquisiti la brutta nomea di persone insensibili. Ma non si può giudicare in modo obiettivo quando ci si sofferma all'apparenza; bisogna conoscere l'animo di una persona a fondo e non odiarla a prima vista, senza che ci abbia inflitto alcun torto. Certo, uno straniero deve adattarsi agli usi del paese che lo ospita, ma non lodo davvero un nativo arrogante che si rende antipatico ai suoi concittadini perché è un incivile. La sciagura inattesa che si è abbattuta su di me mi ha schiantato, ha distrutto la mia esistenza. Non provo più gioia a vivere, desidero solo la morte». Caterina Deregibus utilizza come risorsa culturale il "meticciato" e dona a Medea un bellissimo linguaggio del corpo (come attrice si capisce che Caterina Deregibus ha lavorato tantissimo sul movimento, su un'idea di teatro dove anche il corpo parla): emana una sensualità barbara, indossa un vestito rosso che le scopre le gambe, ma la sua implacabile furia è come strozzata da una quiete singolare; si esprime con distacco, cerca di non perdere il controllo; è questa calma forzata a rivelare il terribile rovello interiore che esploderà nell'atroce epilogo. La «Medea» di Euripide messa in scena da Fabio Sonzogni è uno spettacolo che intriga. All'inizio si rimane un po' sconcertati: Creonte assomiglia a un Roger Blim nel ruolo di Hamm per il Finale di Partita di Beckett, qua è là sembra di vedere Pinter. Ma quando entra in scena Medea si capisce dove Sonzogni vuole condurre lo spettatore: in una zona d'ombra, dove si rimane intrappolati per più di un'ora in un feroce sentore di malattia mentale. Con Medea, a suggerirlo, sono soprattutto i movimenti pazzi delle donne del coro, addette ad una specie di culto dionisiaco con medicinali e droghe. L'intera tragedia appare come un lento preludio, quasi wagneriano per sensualità e follia, necessario per l'esplosione del tragicissimo epilogo, di una violenza inaudita. È qui tanto di cappello a Sonzogni per la sua invenzione: Medea non compie direttamente l'uccisione dei suoi figli (che sono resi da due simbolici ceri accesi, che Medea si limita a spegnere soffiando), ma con una scheggia di un calice rotto si taglia la vagina, come per elidere in sé l'origine stessa della vita. C'è qualcosa di misterioso, primitivo e rituale in quel gesto estremo contro la maternità. La mutilazione di Medea è una perla del finale, insieme al suo "doppio" che incombe come un fantasma e alla folle danza dionisiaca (in cui le due donne del coro celebrano l'apoteosi della tragedia di Euripide). Il sottoscritto ha visto due volte, fino ad ora, la Medea interpretata da Caterina Deregibus. La prima volta insieme al raffinato critico teatrale Renato Palazzi, entusiasta dello spettacolo. La seconda volta, martedì scorso, insieme al filosofo Armando Massarenti, incantato dalla bravura di Caterina Deregibus. Con lui e Caterina Deregibus abbiamo discusso di Medea insieme a due grandi intellettuali milanesi, Giovanni Sabatini (che ha una bellissima dimora a Camino) e Carlo Guenzi. Caterina Deregibus stupisce sempre per la sua disponibilità e umanità, e a Milano si è comportata come un'ambasciatrice del Monferrato, parlando sempre della sua Casale e delle colline tra Ozzano e San Giorgio. Bello vedere Medea sorseggiare un Grignolino del Monferrato, dopo uno spettacolo mozzafiato!

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Walter Zollino

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