La culla del Risorgimento e Giovanni Battista de Rolandis, dei conti di Castell’Alfero
La Cassa di Risparmio di Alessandria, in vista del centocinquantesimo anniversario dell’unità d’Italia,ha deciso di pubblicare una trilogia,dal titolo Alessandria dal Risorgimento all’Unità d’Italia, il cui primo volume, nella elegante veste editoriale tipica della gloriosa Fondazione della banca alessandrina, è uscito poco tempo fa.
È una raccolta di nove saggi, firmati da prestigiosi specialisti, che trattano il periodo che va dalla Restaurazione al 1848.
Essi offrono un’immagine dei vari aspetti della società alessandrina durante il periodo che si incentra nei famosi moti del 1821.
Ad Alessandria, infatti, ebbe luogo la famosa rivolta capeggiata da Santorre di Santarosa, nella quale tutti sanno che l’eroe, come scrisse il Carducci, “diè a l’aure primo il tricolor”.
Pochi sanno, però, che i tre colori della bandiera italiana sono opera del monferrino Giovanni Battista de Rolandis, dei conti di Castell’Alfero,caduto vittima a Bologna del tribunale pontificio (finirà impiccato) dopo il tentativo non riuscito di rivolta del 1794: il ventenne monferrino si trovava in quella città per compiere gli studi universitari di teologia e organizzò con alcuni suoi compagni universitari un tentativo di ribellione, durante il quale decise, unitamente al compagno di studi e di sventura Luigi Zamboni,di indossare coccarde tricolori, che simbolizzavano libertà, uguaglianza e fratellanza.
Ce ne parlano Elio Gioanola e Dionigi Roggero nell’ultimo, poderoso saggio del volume, intitolato «In Alessandria dié a l’aure primo il tricolor».
Bisogna dire che più che un saggio i due impegnati e preparati autori ci offrono una monografia di storia risorgimentale, corredata da un’antologia, ricca e variata, di brani poetici e storici, opera di autori famosi quali Leopardi, Monti, Foscolo, Carducci, D’Azeglio, Pellico ,Manzoni, Nigra, Berchet, Aleardi e meno famosi,ma non per questo meno interessanti ai fini della descrizione dell’ambiente risorgimentale piemontese.
Così troviamo una poetessa, Diodata Roero Saluzzo (1774-1840), di cui viene stampato il sonetto “All’Italia nel 1796”,che ci offre dei versi veramente poetici, quali quelli dell’ultima terzina: Io t’offro i carmi alla stagion del pianto; / Ma canta il cigno allor che muor, né fia / Chi vieti al cigno moribondo il canto.
Carlo A-valle (San Salvatore 1815-Torino 1873) nella sua monumentale Storia di Alessandria dall’origine ai giorni nostri, fondamentale fonte storica sul moto del 1821, ci ragguaglia sugli ideali dei rivoltosi in modo significativo: “L’ora dell’indipendenza italiana è suonata:re e popolo non faranno più che una sola famiglia: non più ereditarie e figlie dell’arbitrio saranno le dignità,ma elettive:non avrà in esse preminenza che il merito solo e solo nelle leggi risiederà tutta la potenza dello stato.”
Ci sono poi voci discordanti circa la positività del moto, quale quella del D’Azeglio, che nei suoi Ricordi critica i rivoltosi: “La forma del 21 fu d’una rivoluzione militare,che di tutte è la più brutta,la più corruttrice, la più dannosa per cattivi esempi ed interminabili conseguenze. S’io non stimo e non amo un sistema,non lo servo; se ho accettato servirlo mentre lo amavo e stimavo, e se poi a ragione o a torto mi sono mutato,lascio di servirlo. Ma violare la fede,data,mai.”
L’anticlericalismo è spesso presente a chiare lettere nei patrioti. Amedeo Ravina (Grottasecca 1778-Torino 1857) nei Canti Italici ebbe l’ardire di scrivere: Ahi! quante piaghe l’avarizia obliqua / De’ tralignati successor di Pietro / aperse il tuo bel cor con fraude iniqua. Ogni autore è presentato esaustivamente nelle sue vicende biografiche e con una ricca scelta di brani di opere, commentate in modo chiaro e didattico. Dobbiamo essere perciò grati agli autori di aver messo a disposizione del lettore una notevole quantità di dati, dai quali c’è molto da imparare e da riflettere anche per l’attualità di certe osservazioni,quali quelle di A-valle, di D’Azeglio e del Ravina che abbiamo citato.
Olimpio Musso
G. B. de Rolandis e la casa natale di Castell'Alfero, a destra l'ultimo discendente, il giornalista Ito de Rolandis (f. Angelino)