Un Carmelo tra Casale e Valenza a fianco del seminario interdiocesano
Il cammino dell'Ordine Carmelitano muove i primi passi da lontano, dall'omonimo monte in Terra Santa dove il profeta Elia difese la fede contro i falsi profeti di Baal. La Regola, redatta (1206-14) da Sant'Alberto, vescovo di Gerusalemme, si ispira a quella praticata da alcuni eremiti che vi costruirono un oratorio dedicato alla Vergine.
Ma fu Santa Teresa di Gesù (Avila, 1515-1582) ad imprimere all'ordine la svolta decisiva con la fondazione, il 24 agosto 1562, del Monastero riformato di San Giuseppe in Avila, animato dallo spirito della riforma. Da allora si sono moltiplicate le "case", con un numero sempre crescente di seguaci della fondatrice del Carmelo, come ricorda un volumetto dedicato al Monastero della Beata Vergine delle Grazie di Valmadonna di Alessandria che ci dona personalmente la madre superiora (v. articolo a fianco).
«Sono 17 i Monasteri fondati da Santa Teresa con indomito coraggio e attraverso peripezie di ogni genere. Anche in Italia, segno di una meravigliosa vitalità, nel '600, sorgono numerosi monasteri: Genova, Cremona, Bologna, Parma, Modena, Milano, Piacenza, Reggio, Mantova, Torino, che nel 1703, genera la comunità di Moncalieri, dalla quale nascerà, dopo 250 anni, il nostro Monastero di Valmadonna».
Il passaggio non avvenne direttamente ma per il tramite della comunità religiosa di Leinì, generata nell'agosto 1953 dal monastero carmelitano di Moncalieri.
Il richiamo misterioso era giunto dal ridente paese adagiato nel verde del basso Canavese, dove un piccolo santuario mariano fu eretto per ricordare un fatto miracoloso avvenuto nel 1630: la restituzione della parola a un muto e, a conferma della grazia, il risanamento di tutta la popolazione dalla terribile ondata di peste. Furono sufficienti due decenni di sviluppo edilizio spontaneo attorno al monastero per privare del silenzio e della solitudine indispensabili al raccoglimento e alla vita contemplativa della comunità religiosa.
Ed ecco giungere l'invito di mons. Giuseppe Almici, vescovo di Alessandria, ad occupare il nuovo Monastero della Beata Vergine delle Grazie, come sostegno spirituale alla Casa per gli Esercizi Spirituali (oggi Seminario Interdiocesano "Madonna del Cenacolo") in località Betania di Valmadonna, a poche centinaia di metri. Fu così che nel 1973 il campo incolto della collina Belvedere accolse la nuova comunità delle Carmelitane di vita attiva.
«Le Monache, compiuta la traslazione nella "Valle delle Grazie" (tale è la denominazione del sobborgo di Valmadonna secondo antichi documenti dell' anno 1454), si arricchiscono di un'altra storia antica che indica la presenza in Alessandria di un Monastero di Carmelitane fondato nel 1696, grazie alla collaborazione dei Monasteri di Bologna e di Milano».
«Di questo antico Monastero alessandrino restano alcune tracce... La nostra presenza nella Diocesi di Alessandria -si legge nel libro- raccoglie quella antica eredità teresiana e riproponendola, sembra far dimenticare e quasi cancellare i tristi avvenimenti dell'occupazione napoleonica con le relative soppressioni di monasteri, conventi e chiese».
Dionigi Roggero
SEMINARIO INTERDIOCESANO E INTERVISTA DIETRO LE GRATE DELLA CLAUSURA -
Dietro una doppia grata un volto sereno incorniciato dal velo nero: è quello di Madre Anna di Gesù priora del monastero di clausura delle Carmelitane Scalze di Betania. La superiora ci riceve, grazie ai buoni uffici di don Carlo Grattarola, direttore spirituale del vicino seminario interdiocesano. Un colloquio semplice che lascia anche noi sereni, da tornarci dopo ogni «chiusura» notturna del giornale se si potesse...
Antefatto. Dopo qualche mese riusciamo a conciliare tutti gli impegni nostri con quelli di don Carlo (ha pure portato i seminaristi a Lourdes...) e finalmente lo scorso sabato, dopo aver scrutato «google mappe» puntiamo su Valenza, la sfioriamo in direzione Alessandria, percorriamo la strada della Colla, svoltiamo a destra in via Serra: è la strada, secondo la tradizione, che percorse Napoleone dopo la battaglia di di Marengo. Più prosaicamente al Seminario ci apre il cuoco. Don Carlo ci aspetta nella reception, dove «rubiamo» le cartoline per la collezione di Olimpio Musso. L'ambiente è impreziosito dalle statue marmoree di F. Pozzato
Passiamo alla sala bar. Dalla balconata panoramica alla sera si vedono le luci di Alessandria e dell'Appennino. I seminaristi hanno a disposizione molti giornali da «Il Corriere della Sera» a «L'osservatore romano». Attualmente sono 25 alcuni monferrini: due di Villanova, uno di Murisengo, di Casale Popolo e di Casale città.
Entriamo nella cappella, moderna e suggestiva all'assieme, sulla destra la Madonna del Carmelo. Scendiamo al «Salone Ceriana» utilissimo per le riunioni e saliamo al primo piano dove salutiamo don Marino Basso, rettore della Consolata, invitato come predicatore. Il rettore del seminario è don Marco Daniele di Tortona.
Nell'appartamento di don Carlo, dalla finestra panoramica si vede il Monviso, come a Crea dove è stato rettore; alla parete una stampa della chiesa parrocchiale di Moncalvo, dove è stato parroco.
E' stato anche segretario del sempre compianto vescovo mons. Moietta su cui ci anticipa una mostra a Brusasco a fine mese.
Poi don Carlo, dopo una breve pausa caffè (è lui il barista...), ci accompagna dal parco (da ammirare anche la Via Crucis, meno il panoraa, piovicchia) al vicino monastero della Carmelitane. Entriamo nella cappella, alla destra le lunghe grate del coro per le tredici suore di clausura. Molto «caldo» il soffitto di legno, ricurvo, in primo piano una Madonna, ceramica di una suora oggi ospite al Carmelo di Quart.
Incontriamo, poi, dietro le grate del parlatorio suor Anna di Gesù, di Vercelli. Le chiediamo del suo percorso religioso. Racconta di un'amica che l'ha fatta entrare a Leinì, parla di don Battista Uccellino, della fondazione del Carmelo. Viene ricordata anche suor Menighetti di Casale.
Conviene con noi che il paesaggio e il silenzio aiutano lo spirito «...il nostro chiostro è aperto su un bel panorama».
Don Carlo ricorda un predicatore che diceva: «Qui avete troppo, alba e tramonto...».
La giornata per le monache inizia alle sei con la preghiera le lodi, l'adorazione e la Messa, alle 9 ogni suora esplica suoi uffici (oltre a quelli casalinghi, lavori artigianali in terracotta e preparazione di presepi e statuine in juta). Dopo pranzo e dopo cena sono previsti dalla regola due momenti di incontri fraterni aprono a uno scambio allegro e «sonoro» e aiutano poi a ri-immergersi nel silenzio attraverso tempi di lettura o meditazione nella propria cella. Al pomeriggio, dopo due ore di lavoro, si ritorna in coro per i vespri, un'orazione silenziosa, cena e ricreazione, alle 20 la celebrazione di Compieta (preghiera della notte) introduce a un clima di profondo silenzio, alle 21 recita delle ultime preghiere e la giornata si chiude.
A una domanda precisa sul mondo esterno risponde: «Niente tv, solo giornali, 'Avvenire' e 'Osservatore'». In pratica hanno visto la tv, un portatile, solo per i funerali del papa Giovanni Paolo «Possiamo dire -scherza la reverenda madre - che vediamo la Tv ad ogni morte di Papa...». Suona la campanella dell'angelus, la priora mette nella ruota per noi le pubblicazioni sul Carmelo e saluta con una preghiera ben augurante per il nostro lavoro. All'uscita sulla sinistra la scritta su una terracotta: «Qui c'è gioia perchè c'è Dio».
Ritorno da Valmadonna. La strada è stretta ma non c'è fretta. Mi sento quasi un altro.
Luigi Angelino
FOTO. La cappella del Carmelo (lancio), la cappella del Seminario e l'intervista alla madre superiora del Carmelo insieme a don Grattarola