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Libriamoci nel Borgo
La storia “di” Luigi Tenco: un’autobiografia impossibile
“Lontano, lontano” è l’opera di Enrico Deregibus ed Enrico de Angelis
“Lontano lontano”. Raramente, un titolo è risultato tanto rappresentativo quanto significativo il messaggio contenutistico, che ne ha disegnata l’impalcatura e la cifra stilistica, sapientemente messa a punto dagli autori. Parliamo “del”, non “di un”, libro, e “di”, non “su”, Luigi Tenco, scritto a quattro mani da Enrico Deregibus (monferrino di Balzola, scrittore, giornalista e direttore/consulente artistico di eventi musicali e culturali) e da Enrico de Angelis (scrittore, giornalista e storico della canzone/operatore culturale, per 20 anni direttore artistico del Club Tenco di Sanremo). Eh sì, articoli e preposizioni fanno la differenza.
Infatti, quello fresco di stampa (gennaio 2024) edito da Il Saggiatore, è un’originale raccolta, unica nel suo genere, di lettere, racconti e interviste, in parte inedite, scritte/rilasciate dal cantautore polistrumentista Tenco, che, in qualche modo, rappresenta una vera e propria autobiografia impossibile.
Quattrocentoquaranta pagine, per un rinnovato incontro con quel giovane cantautore, poeta e attore, oltre che musicista, che contribuì fortemente a definire una nuova impronta nel panorama musicale nell’Italia degli anni Sessanta del secolo scorso.
Dalla cronaca definito anticonformista, ombroso, riottoso, timido, scostante e malinconico, nelle sue tante contraddizioni, espressione di un inarrestabile movimento critico e percettivo della società che cambia, il profilo caratteriale di Tenco fu anche delineato da affabilità e facezia disegnati in un perimetro di sostanziale, e poco comune, cultura personale e musicale, scandita sempre da grande curiosità, sensibilità e capacità di volgere lo sguardo oltre il tangibile. La rottura con la musica tradizionale fu per lui una necessità, dettata da un’influenza culturale decisamente insolita per l’epoca. Sotto tutti i punti di vista, Tenco fu un anticipatore dei tempi e, in parte, dei grandi temi del ‘68; malgrado la sua giovane età, conobbe e seppe interpretare il sentimento umano nella sua crudezza, l’amore nelle diverse prospettive, le esperienze esistenziali, la critica sociale (politica, ideologia, diritti delle donne, guerra ed emancipazione) e l’esistenzialismo francese.
A Gaber disse: “le mie canzoni non sono fatte per chi ha voglia di trascorrere una serata ballando e divertendosi”. Ancora: “una canzone è un fatto troppo importante nella vita di un uomo. Deve rispecchiare uno stato d’animo, deve essere legata a un avvenimento, deve rievocare qualcosa”. Una visione ante litteram, non solo nella profondità e nello spessore dei testi, ma anche della musica. Influenzato dal jazz, dall’esistenzialismo e dalla chanson française, orgogliosamente fuori dalla logiche della celebrità (solo in Argentina, nel 1965, per 10 giorni ne conobbe l’ebrezza), il cantautore della scuola genovese aveva un piede nella beat e conosceva/apprezzava il valore dei canti popolari e del folklore dei luoghi.
Evento promosso dal Comune di Cella Monte, nell’ambito della rassegna Libriamoci nel borgo.
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