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Per una maggiore chiarezza
Nucleare: ai giovani bisogna illustrare tutte le posizioni
Fausto Cognasso interviene sull'incontro all'Istituto Sobrero
Buongiorno Direttore, nonostante negli ultimi mesi, sulla localizzazione del Deposito Unico, si siano spese molte parole ed atti amministrativi, sia in sede locale che a livello parlamentare, a mio avviso spesso inutili se non dannosi, per l’analisi motivazionale-giuridica dei quali non basterebbe un intero numero del suo giornale, su di essi non mi sono espresso, così come non ho voluto polemizzare sulla posizione del sindaco Pane in merito alla candidatura trinese, tutto per non aggiungere tensioni al dibattito. Ora, e la cosa mi preoccupa non poco, nonostante non si sia ancora archiviata la prima, ridicola e tragica, stagione nucleare italiana, il dibattito si sta spostando dal Deposito al rilancio di tale energia.
La discussione, scaturita dalle affermazioni, in parte ritrattate, del ministro Cingolani in merito al “mini-nucleare”, sta via via passando per tutte le componenti politiche e sociali del Bel Paese, dal livello nazionale a quello locale. E’ stata convolta persino la scuola, a Casale, sabato 16 ottobre, presso l’Istituto Sobrero, si è tenuto un incontro nel quale si è parlato di “Sostenibilità e Nucleare”, dal mio punto di vista un ossimoro, ampiamente documentato da due articoli: “Il nucleare e l’ambiente spiegati da un trinese” del 19 ottobre, e, “Ragazzi alla scoperta dell’energia nucleare” del 22/10. Non ho ben inteso se l’incontro sia stato preceduto o seguito da un debate, anzi da un “doppio debate”, ma cos’è un debate? Dal web: “è un confronto di opinioni, regolato da modalità specifiche tra interlocutori che sostengano una tesi a favore ed una contro su un tema assegnato. […] i debaters, […] devono essere in grado di portare le argomentazioni adeguate, con regole di tempo e di correttezza, senza pregiudizi e prevaricazioni, nell’ascolto e nel rispetto delle opinioni altrui […]”.
Ora, se l’incontro/convegno è stato preceduto dal o dai debate, mi auguro che chi ha avuto il ruolo di moderatore o di tutor dei contendenti, abbia offerto agli stessi (gli alunni) tutte le possibili sfaccettature sul nucleare, quelle pro e quelle contro, se, viceversa, esso è arrivato a monte dei confronti, sono oltremodo impensierito perché il convegno, mi sbaglierò, ma, dalla lettura degli articoli, l’ho percepito come troppo indirizzato: l’Ingegner D’Urso, tra le altre cose curatore, per un giornale alessandrino, di un blog dal titolo “diario di un atomo per bene”, e il Dottor Galli, responsabile SoGIN per la disattivazione del nucleare, che ha intrattenuto i presenti sulla storia della centrale “Fermi” di Trino e sul Deposito Unico, sono persone preparate e per bene, non ho dubbi, ma le loro posizioni sull’energia nucleare sono trasparentemente di parte, mancavano di un contraltare, di interlocutori altrettanto autorevoli, che nel nucleare non credono, ne cito due a titolo di esempio, il professor Angelo Tartaglia, fisico ed ingegnere, già docente del Politecnico di Torino, e Gian Piero Godio, ex docente, già tecnico dell’ENEA di Saluggia, già presidente regionale di Legambiente, che avrebbero potuto benissimo essere la controparte.
Se la scuola ha un senso, questo non è solo nel dispensare nozioni e dati, seppure elementi importantissimi, questi sono poca cosa se non si accompagnano alla formazione negli alunni di un senso critico generale che li conduca allo sviluppo di un pensiero, sia esso tecnico, civile, sociale o politico, libero ed equilibrato. Per venire alla spiegazione dei due aggettivi, ridicola e tragica, da me utilizzati per definire la prima, peraltro non conclusa, stagione nucleare italiana, proprio perché non ha risolto il problema delle scorie; mi permetto di suggerire agli studenti, non soltanto a quelli del Sobrero ovviamente, la lettura di un documento, «La centrale di Trino: tanti misteri ancora oggi non chiariti», reperibile sul web e pubblicato, per primo, da Il Monferrato il 9 giugno del 2011, (https://www.ilmonferrato.it/articolo/KEp9ppTr-EuxaQDhwEVc_g/il-dossier-sui-misteri-della-centrale-di-trino-ferma-per-998-giorni-a-fine-anni-60-tutto-tacque) sulla storia, mai rivelata ufficialmente, della Centrale trinese.
Sicuramente il Dottor Galli, nel suo intervento, l’avrà ricordato, ma la “Fermi” in 22 anni di attività, dal 1° gennaio 1965 al 1987 (anno del primo referendum sul nucleare), ne ha lavorati poco più di 10, il resto del tempo, vuoi per un incidente («nel 1977 il settimanale Epoca rivelò che “la centrale atomica di Trino Vercellese [...] è stata ferma per incidenti 998 giorni fra il 1967 e il 1970: per buona parte di questo tempo ha scaricato nelle acque del fiume trizio radioattivo”. Alcuni libri accennarono allora all’accaduto, senza però poter mai dare dettagli più precisi. Uno di loro parlò di “un guasto che avrebbe potuto trasformarsi in una catastrofe”»), vuoi per varie fermate di manutenzione e di ricarica del combustibile, è stata ferma. Nei periodi in cui ha lavorato ha prodotto circa 22 miliardi di chilowattora, corrispondenti più o meno ad un mese di consumi elettrici nazionali, mi permetto di dire che, da un punto di vista meramente industriale, ciò è stato un fallimento! Nessun imprenditore privato, senza l’aiuto dello Stato, reggerebbe finanziariamente ad una situazione produttiva come quella descritta.
In generale, le quattro centrali nucleari italiane, Trino, Caorso, Latina e Sessa Aurunca, insieme hanno prodotti 91 miliardi di chilowattora, gli impianti fotovoltaici esistenti in Italia, dal 2017 al 2020, più di 95. Sempre la “Fermi”, a causa della composizione del materiale delle guaine contenenti il combustibile nucleare, più permeabili rispetto a quelle usate da altre centrali, “lasciava scappare” più trizio, elemento che, sempre per citare la pubblicazione più su richiamata, “Oggi viene fortemente rivalutata in campo internazionale la tossicità del trizio. Il Dott. Giuseppe Miserotti, [già] presidente dell’Ordine dei Medici di Piacenza, spiega come dosi anche piccole di trizio sono assorbite dal nostro corpo, che è costituito per il 70% da acqua, e raggiungono i tessuti più delicati: gli occhi, il sangue, il midollo. L’Autorità di Sicurezza Nucleare francese, nel suo «Livre blanc du tritium» (2010), nota che “il sistema nervoso centrale sembra essere un bersaglio particolarmente vulnerabile: la concentrazione di trizio risulta esservi da 3 a 20 volte più elevata che negli altri organi”. […] Il chimico e biologo Ian Fairlie, consulente per il Governo Inglese ed il Parlamento Europeo, spiega che il pericolo è maggiore per i bambini (“I tessuti dei bambini sono molto più permeabili e le loro cellule si replicano molto più velocemente di quelle degli adulti. Il loro midollo osseo assorbe le radiazioni e duplica cellule infette a ritmi serrati.”) e ancor più per i feti.” Certo che “la radioattività è un fenomeno che esiste da sempre in natura e lo si ritrova […] in qualche alimento (carciofi, banane, patate e caffè)”, ma ho mai sentito di nessuno ammalarsi per esposizione alle banane, mentre per esposizione agli elementi transuranici sì! Basterebbero le due brevi citazioni a suffragare la mia tesi che la prima stagione nucleare italiana non fu solo ridicola, industrialmente parlando, ma fu tragica da un punto di vista sanitario e sociale, e dovettero arrivare tre semplici cittadini, nel 2011, per svelare quello che gli addetti ai lavori sapevano benissimo, da decenni, ma la popolazione no!
Da un incontro ospitato da un prestigioso Istituto quale il Sobrero è, mi sarei aspettato che gli studenti, possibilmente prima del loro confronto, potessero sentire le due tesi, quella pro e quella contro, ciò non è stato possibile (o non si è voluto?), personalmente considero questo un errore. Confido che i giovani alunni non si accontentino, neanche delle mie parole, e sappiano cercare, da soli, gli elementi per farsi un’idea autonoma sulla storia del nucleare italiano e sul suo futuro. Come vede, Direttore, non ho ricordato Three Mile Island, Chernobyl o Fukushima, non ho citato i referendum del 1987 e del 2011, non ho incentrato le mie tesi sui pensieri di Francesco Starace, presidente dell’Enel, e del Cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della C.E.I., che sul tema rispettivamente hanno detto: “Non realistico pensare in Italia al nucleare”; “[…] bisogna stare molto attenti a dargli la patente di sviluppo”. Non ho richiamato il pensiero del Prof. Parisi, da poche settimane neo premio Nobel per la fisica, che, sul nucleare in Italia, si è sempre espresso per la sua totale inadeguatezza.
Profili monferrini
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