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PROCESSO ETERNIT / Nel 1983, anche se da 30 anni era accertato che l'amianto provocava il cancro, lo staff di Eternit negava tutto

È emerso più volte durante l’ultima udienza del processo amianto di Torino il nome di Emilio Costa, figura centrale della Eternit, già nominato in aula nelle passate udienze da Nicola Pondrano e poi dall’ex sindaco di Casale Riccardo Coppo. Ha ammesso di conoscerlo l’ex dirigente amministrativo Fabrizio Longone: «È sempre stato all’Eternit, si occupava un po’ di tutto, era in contatto con professionisti e consulenti che avevano competenze scientifiche». Dicendo che si occupava anche delle ricerche che «forse» si facevano in Svizzera su eventuali fibre alternative e affrettandosi a ribadire la «verità» di Eternit su altri materiali, il fatto cioè che non ci fosse alcuna garanzia relativamente alla loro salubrità. In sostanza dunque l’amianto - che si sapeva benissimo che causava il cancro - non veniva sostituito perché «forse» i materiali alternativi avrebbero potuto essere nocivi. Era una delle risposte del manuale delle menzogne di Eternit, che però Longone ha lasciato intendere di non avere mai neanche visto. «Scelgo il veleno. Amen...» Una tesi paradossal. Come dire: «So che in questo bicchiere c'è del veleno e a fianco ce n'è un altro che contiene non so cosa, ma preferisco non fidarmi di ciò che non conosco e mi tracanno il veleno. Amen...». Peccato che Eternit facesse bere... gli altri! Il ricordo della segretaria E proprio Costa - ha detto una delle impiegate della segreteria particolare dell’amministratore delegato di Eternit, Angela Elvira Mondani, all’Eternit dal 1954 al 1985 - era il massimoesperto di amianto a livello mondiale. «Costa - ha detto - era un sostenitore dell’amianto e lo ha sostenuto fino a quando è mancato, pochi mesi fa. Era un tecnico era una vita che trattava l’amianto.... ma lo faceva in modo buono...». Si occupava di dare informazioni, organizzare convegni. Ma lo faceva per conto di Eternit?, gli è stato chiesto dai magistrati. Eternit sapeva e approvava? «No, era una cosa di Costa, una cosa sua personale. Me lo ha detto un sacco di volte...». Una questione fondamentale Una questione fondamentale, perché se fosse passata la tesi che quella di Costa era una posizione personale tutto sarebbe finito prima di cominciare, per il semplice motivo che Costa è morto, e il reato avrebbe dovuto essere considerato estinto. La colpa in sostanza - si sarebbe potuto sostenere - sarebbe stata la sua che comunque era in buona fede quando sosteneva le virtù dell'amianto ma che - ahimè - essendo defunto non potrebbe più essere perseguito. E fine della storia. Un dialogo - tra magistrato e teste - nel quale il pm Raffaele Guariniello si è inserito producendo agli atti del processo la fotocopia di alcuni articoli pubblicata dal nostro giornale a firma di Luigi Angelino e risalenti ad anni recenti, il 1983 , in cui proprio Costa in una conferenza stampa e insieme ad altri dirigenti difendeva l’uso dell’amianto sostenendo che neppure quello blu fosse nocivo, anche se il fatto che produceva il cancro fosse risaputo da metà anni Cinquanta. Così è crollata la tesi della teste della «battaglia personale». Tantopiù che Costa a conferenza stampa non era mica solo. Con lui c'erano Giuseppe Tavella, direttore dell’Eternit Casale spa, Enzo Ghione, direttore dello stabilimento, Mario Tarantino, direttore generale del personale, Carlo Oppezzo, capo servizio del personale, Ezio Bontempelli, responsabile del SIl e - appunto - Emilio Costa dirigente Eternit e presidente della «Asbestos Association» di Londra (341 industrie in 41 Paesi). Sempre in quel periodo il presidente del comprensorio Riccardo Coppo fu avvicinato, da Costa, e avvertito delle conseguenze che avrebbe potuto avere la sua avversione all’amianto. Costa in quell’occasione spiega poi che la Cee non avrebbe bandito l’amianto blu - come si diceva - e intesse un elogio del materiale. Poi Eternit apre lo stabilimento ai familiari, sempre per negare il rischio. Un anno più tardi, nel giugno del 1984 è Bontempelli a ribadire che non è approvato il nesso amianto-mesotelioma. Tutto, esattamente, come da manuale Eternit. Passaggio per passaggio. «Vede, c’è scritto “Eternit nega l’inquinamento”. È una interpretazione giornalistica ma se così non fosse stato ci sarebbe stata una smentita», ha detto il magistrato alla teste che sosteneva la tesi della battaglia personale di Costa. Nell’articolo c’era anche una foto con lo stesso Costa: «Posso tenerla?» ha chiesto teneramente la teste. «No», ha ribattuto il magistrato. L’attendibilità «Quindi se lui fosse andato a dire che bisognava chiudere gli stabilimenti Eternit ugualmente non avrebbe detto nulla?», ha chiesto ancora il magistrato. «Eh, no...», ha ammesso la teste contraddicendosi. Ma perché difendeva l’amianto?, ha insistito il presidente del tribunale Giuseppe Casalbore. «Era un conoscitore dell’amianto». Ma perché lo difendeva e non diceva al contrario di bandirlo. Non è una questione poi granché rilevante, ma serve per valutare l’attendibilità complessiva...». «Non glielo so spiegare». «Lei è affezionata al dottor Costa!», ha chiesto ancora Casalbore. «Molto», ha r isposto l ’ex segretaria. «Questo si è capito...» Nela foto la deposizione di Angela Elvira Mondani e l'elogio dell'amianto blu, il più nocivo, fatto da Costa nel 1983. Poi Eternit invita le famiglie a visitare gli stabilimenti esponendole al rischio

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Ramona Bruno

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