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Verso un'inchiesta Eternit-bis per omicidio colposo per i casi più recenti

Un secondo filone d’inchiesta per le morti d’amianto più recenti è stato aperto a Torino, dove da oltre un anno è già in corso il maxiprocesso per disastro doloso e omissione di misure infortunistiche contro lo svizzero Stephan Schmidheiny e il belga Louis De Cartier, individuati come vertici della multinazionale Eternit. L’accusa nel nuovo procedimento - denominato «Eternit bis» e di cui è titolare lo stesso pm Raffaele Guariniello - sarebbe invece quella di omicidio colposo e prenderebbe in esame tutti i casi accertati di morte d’amianto a Casale Monferrato, Cavagnolo, Rubiera e Bagnoli (le quattro località del maxiprocesso) dal 2008 al 2010, che non erano entrate nel maxiprocesso, poiché la chiusura dell’inchiesta precedente si fermò al 2007. E in più nell’Eternit-bis rientrerebbero anche i casi delle vittime, antecedenti al 2008 e probabilmente già inclusi nel maxiprocesso, ritenuti non a rischio di prescrizione ai fini dell’accusa di omicidio colposo. Secondo notizie d’agenzia diffuse nella giornata di sabato, l’Eternit bis prenderebbe in esame un migliaio di vittime: circa 700 lavoratori e 270 cittadini delle varie località. Ma si fa riferimento anche a casi di italiani che erano andati a lavorare per Eternit in Svizzera o in Brasile, Paese al quale il pm Guariniello ha inoltrato qualche mese fa una rogatoria e dal quale si stanno attendendo risposte. Il problema della prescrizione (ovvero del periodo di tempo, diverso a seconda del capo di imputazione, dopo il quale un reato non è più penalmente perseguibile) era già emerso più volte nella storia delle vicende giudiziarie legate all’Eternit, fin dai tempi del primo processo celebrato a Casale. Per le accuse che si ipotizza siano alla base di una futura richiesta di rinvio a giudizio la prescrizione scatterebbe dopo dieci anni. Il maxiprocesso in corso a Torino si fonda invece sull’accusa di disastro doloso permanente. Ma - per le morti degli ultimi anni - ci sarebbe la possibilità di procedere per l’ipotesi di reato di omicidio colposo. Secondo le prime indiscrezioni gli indagati potrebbero essere gli stessi del primo processo. I tempi lunghi di incubazione delle patologie asbesto correlate porterebbero infatti le responsabilità molto indietro nel tempo, almeno una cinquantina d’anni. In sostanza le persone che si ammalano oggi possono avere respirato la polvere sparsa nell’aria di Casale e nell’ambiente anche nel 1960, quando alla guida di Eternit c’erano appunto i belgi. E secondo le tesi dell’acccusa de Cartier aveva un ruolo nel cda. Un pool di consulenti è già da tempo al lavoro per esaminare cartella per cartella le posizioni delle singole vittime, per valutare il periodo di esposizione, la storia lavorativa e/o abitativa, le patologie che hanno sviluppato a contatto con la fibra e le cause di morte. L’accusa - infine - comprenderebbe anche i casi di quanti negli ultimi hanno stipulato un accordo stragiudiziale con lo svizzero a scopo di risarcimento.

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Enea Morotti

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