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Emanuele Capra: "Teoria del diritto senza una vera valutazione della reale ed effettiva esigenza di Giustizia" (con la G maiuscola) della collettività

Come rappresentante in Consiglio Comunale della Lega Nord e, soprattutto, come cittadino di Casale non posso che esprimere indignazione e amarezza di fronte alla decisione della Corte di Cassazione sui fatti del maxi processo Eternit. La sentenza che dimostra una volta di più il parziale fallimento del nostro sistema giudiziario dove la risposta alla richiesta di giustizia dei cittadini viene troppo spesso data attraverso meri esercizi di applicazione di teoria del diritto senza una vera valutazione della reale ed effettiva esigenza di Giustizia (con la G maiuscola) della collettività. Questa pronuncia, che è inutile nasconderlo ha il sapore amaro della sconfitta, non deve tuttavia diventare l’ultimo capitolo della battaglia che siamo chiamati a combattere ma deve costituire il punto di partenza di un nuovo cammino finalizzato a dare davvero una risposta concreta ai nostri cittadini sul problema amianto. Stasera non esistono pertanto parti o partiti ma solo rappresentanti di un'intera comunità che, unita e coesa. deve proseguire questa lotta. Lo dobbiamo fare per noi ma soprattutto per le generazioni che verranno. Ecco allora il significato della redazione comune del documento che ci accingiamo ad approvare. Un documento che invita il Sindaco e l’Amministrazione ad impegnarsi su diversi punti che riassumono nel loro complesso l’azione che il Consiglio Comunale di Casale ritiene più opportuna per la soluzione del problema amianto. Dei tanti punti contenuti nel documento ci tengo tuttavia a soffermarmi in particolare su alcune questioni che ritengo di importanza strategica perché costituiscono i presupposti fondamentali per ogni tipo di azione successiva. Chiediamo pertanto in primo luogo che l’Amministrazione si attivi per ottenere da Stato e Regione quanto necessario per: 1) i fondi per la bonifica e la ricerca perché, al di là del ruolo di città simbolo della lotta all’amianto e delle azioni che dobbiamo intraprendere per evitare che altri possano subire le stesse conseguenze che si sono verificate a Casale per danni ambientali, bisogna pensare prima di tutto ai nostri cittadini. Quindi è necessario ottenere dallo Stato tutti i fondi occorrenti da un lato per bonificare velocemente e integralmente tutti i siti ancora contaminati e dall’altro per investire sulla ricerca. Fondi che dovranno ovviamente essere fuori dal patto di stabilità per evitare la beffa di avere i soldi e non poterli spendere. 2) la re-istituzione del Tribunale di Casale Monferrato quale presidio di tutela giurisdizionale sul territorio. Nella revisione della geografia giudiziaria uno dei criteri adottati per giustificare il mantenimento di alcuni Tribunali soprattutto nel sud Italia è stato l’esigenza di conservare un presidio di giustizia in alcuni luoghi simbolo della lotta alla mafia. Casale, che è il luogo simbolo per la lotta all’amianto, oggi a maggior ragione dopo lo scempio della sentenza di Cassazione, non deve aver diritto ad un proprio Tribunale dedicato? Dove magari un pool di magistrati si specializzi in cause risarcitorie da Eternit o in reati in materia ambientale? Guardate che un Tribunale in città non è solo un capriccio degli addetti ai lavori ma costituisce una garanzia per il cittadino di una giustizia chiamiamola “di vicinato”, una giustizia cioè che conosca il territorio e le sue caratteristiche, i problemi e le esigenze della comunità, evitando così che decisioni importanti su temi cardine come l’amianto vengano prese sulla base di astratte teorie di diritto senza la consapevolezza della reale esigenza di giustizia che la situazione concreta richiede. 3) la garanzia del mantenimento ed anzi il potenziamento delle nostre strutture sanitarie e ospedaliere, sia per migliorare ove possibile l’assistenza e la cura dei malati di mesotelioma, sia per consentire un avanzamento consistente della ricerca che dia finalmente una speranza di guarigione a chi contrae la malattia. 4) l’introduzione del disastro ambientale come fattispecie autonoma di reato con pene e tempi di prescrizioni commisurati alla gravità del fatto, ai suoi effetti ed alle successive condotte attive per porre rimedio al danno, senza dover ricorrere come avvenuto nel maxi processo a fattispecie di reato obsolete come il crollo di edifici o disastro doloso, che mal si adattano a inquadrare la vastità delle conseguenze dannose verificatesi. Come città simbolo della lotta all’amianto dobbiamo anche fare quanto in nostro potere per evitare che in futuro in altri luoghi o ad altre comunità possa succedere quanto accaduto da noi e i responsabili rimangano impuniti. In conclusione ci auguriamo che l’ingiustizia subita all’esito del maxi processo si trasformi in un attenzione da parte dello Stato e degli altri enti superiori che finalmente diano la giusta rilevanza al problema amianto e ci forniscano i mezzi necessari per risolverlo, con l’augurio che questa volta non rimangano solo promesse, come già accaduto in passato, ma si trasformino in fatti concreti. Ciò detto, l’ultima richiesta, ma forse la più importante, che abbiamo da fare all’Amministrazione è di prestare particolare attenzione a che l’immagine mediatica che diamo di Casale sia quella di una città simbolo della lotta all’amianto e non di città dell’amianto. Perché qui, più che da altre parti, il problema lo abbiamo conosciuto, combattuto e affrontato già da diverso tempo e paradossalmente oggi siamo un posto più sicuro e bonificato di tanti siti dove la questione è meno sentita. Casale è una città straordinaria è venuto il tempo di farlo sapere anche al resto del mondo.

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Carlotta Prete

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