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Il Fai scopre palazzo Ardizzone-d'Arco - Fantasma (forse) e diavolo cariatide

Sabato 27 e domenica 28 marzo torna la Giornata Fai di Primavera. A Casale la delegazione apre un palazzo poco noto: l’Ardizzone-Arco, in via Palestro 24, attualmente sede dell’Archivio Notarile. Le visite guidate con gli apprendisti ciceroni dello scientifico Balbo avverranno dalle 10 alle 12 e dalle 14,30 alle 17. Un palazzo che può costituire una sorpresa anche per i casalesi per uno straordinario ciclo decorativo (pitture e stucchi dorati) degli anni Trenta del Settecento. Lo possiamo testimoniare avendo fatto in anteprima un sopralluogo con un vertice del Fai (delegato Serena Monina, notaio Armando Aceto, Grazia Marchino, Marisa Patrucco e Dionigi Roggero) cui si è aggiunta la studiosa prof. Silvia Martinotti. Dietro un portone del Settecento sulla piazzetta dell’Asl si apre un elegante atrio con colonne e stucchi leggiadri che saranno poi il leit motiv di alcune sale. Saliamo lo scalone, purtroppo il grande affresco sulla volta è in non buone condizioni a causa dell’umidità, ma si potrebbe ancora in parte salvare se qualcuno intervenisse subito. Ci apre la signora Fallabrino “distaccata” dall’Archivio Notarile di Alessandria per l’apertura settimanale (martedì). Alzando gli occhi si rimane subito affascinati dal “Giudizio di Paride” del Ratti che ci ricorda quello della Filarmonica. Ma è solo la prima chicca. L’inizio di un percorso di otto sale tutte con affreschi di soggetto mitologico contornati da stucchi e ovali monocromi. Questi appaiono ancora in buono stato grazie a un recente restauro (disturba qualche rivelatore anti-incendio). E’ spettacolare il salone da ballo sia per le scaffalature che per il grandioso dipinto raffigurante “Il banchetto degli Dei sull’Olimpo”, (ancora Ratti o del savonese Rusca, ce lo dirà la nostra Martinotti che medita un libro sul palazzo...). Una parentesi in una saletta per ammirare gli antichi sigilli notarili ma... si chiude la porta alle nostre spalle. Ci libera l’addetto alle pulizie. Era l'ultimo scherezetto del fantasma della bella spagnola? Chissà? Spieghiamoci meglio con l'ausilio di Teresio Malpassuto esperto di esoterismo. Nel Seicento un Ardizzone aveva sposato una nobile spagnola, una ragazza tanto bella quanto "allegra", molto 'mantide': dopo una notte di fuoco si disfaceva dell'amante facendolo sparire in un profondo pozzo che partiva dalle cucine e sprofondava in cantina, fino al giorno che trovò un partner più furbo degli altri che nel pozzo fece finire lei. Pare, dice Malpassuto, che la sua figura in mantilla bianca compaia nelle notti di nebbia sul balcone del palazzo, che, tocco finale, ha come cariatide un diavolo (che una volta aveva le ali). Favole.... Però quella porta chiusasi improvvisamente alle spalle e, se ci pensiamo bene, il tremore alrettanto improvviso della scala su cui salivamo per far le foto... Luigi Angelino UNO STRAORDINARIO CICLO PITTORICO Fu Lelio Ardizzone, prima della scomparsa nel 1743, a ricostruire “con spesa grandiosa”, sia la vecchia casa Ardizza, abitata dalla consorte, la marchesa Vittoria Casati di Piacenza, da cui di fatto viveva separato, sia il palazzo nuovo con splendide decorazioni e pitture costato “spese immense” e poi passato alla figlia Teresa, maritata al conte Eugenio d’Arco di Mantova. Il cantiere di palazzo Ardizzone era stato riaperto, dopo alcuni anni di abbandono, nel 1731 dal capomastro Giacomo Zanetti, prematuramente scomparso nel 1735, a lavori ormai quasi conclusi. Articolato su due piani fuori terra oltre al mezzanino destinato alla servitù, l’edificio, cui si accede da un elegante atrio colonnato fuori asse rispetto alla facciata, ospita al piano nobile le sale di rappresentanza, oggi occupate dall’Archivio Notarile. L’unione dei due nuclei abitativi, la vecchia e la nuova costruzione, ha reso difficile la distribuzione compositiva della residenza nobiliare, la cui unità è assicurata dall’ampio scalone d’onore e dall’elegante salone da ballo che, pur essendo stati ricavati nell’Ardizza, comunicano direttamente con le altre sale. Lo straordinario ciclo decorativo che si conserva all’interno, uno dei più importanti del primo Settecento casalese, riconduce a Giovanni Agostino Ratti (Savona, 1699 – Genova, 1775), pittore di opere a soggetto sacro e profano in Ligura e in Piemonte, e a Bartolomeo Rusca (Arosio, 1680 - Madrid, 1750) attivo nel palazzo poco prima del trasferimento (1734), su richiesta della regina Elisabetta Farnese, seconda moglie di Filippo V, presso la corte spagnola. E non deve stupire l’arrivo a Casale dell’artista svizzero, da tempo impegnato a Piacenza nelle commesse di palazzi e ville delle locali famiglie patrizie, per i dovuti i legami con la città emiliana della marchesa Vittoria, moglie di Lelio Ardizzone e nobildonna della famiglia Casati di Piacenza. Così ne “L’arte a Casale Monferrato dal XI al XVIII secolo” Noemi Gabrielli ricordava fin dal 1935 quegli artisti: ”Il figliuolo del Ratti, Giuseppe, ci informa nella continuazione delle vite del Soprani [“Vite de’ pittori, scultori ed architetti genovesi”, Genova 1769, n.d.r.], che suo padre fu a Casale ad affrescare le figure nei palazzi Gozzani, Ardizzone, Magnocavallo e presso i Padri conventuali. […] Il pittore tratta nella sala d’ingresso lo stesso soggetto usato per l’anticamera di palazzo Treville, il Giudizio di Paride, semplificando la composizione”. E poco dopo la nota Soprintendente alle Gallerie aggiungeva: “Accanto al Ratti un altro frescante, il Rusca, alquanto scorretto nel disegno piacevole per i suoi accordi tonali predilige le tinte calde vaporose giallo rosate nei fondi e nelle carni, mentre nel tipo della composizione e nel manierismo delle figure ricorda il Ratti. Egli ha decorato con allegorie rappresentanti il Ratto di Proserpina, la Giustizia e la Pace, l’Apoteosi della famiglia d’Arco [in realtà la famiglia Ardizzone, n.d.r.] ed il Trionfo della Scienza, il centro delle volte di quattro sale al primo piano di palazzo Ardizzone che guardano verso il cortile, e forse anche il soffitto del grande salone da ballo raffigurante il Banchetto degli dei sull’Olimpo”. Dionigi Roggero FOTO. Soffitti affrescati e la parte storica dell'archivio con i mobili d'epoca (foto Angelino)

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Michele Castagnone

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