Ci porta nella vicina Lomellina uno dei più celebri manoscritti di Leonardo da Vinci, il Codice Leicester (ex Hammer). Composto da 18 fogli scritti con la “sinistra mano” su ambo i lati, oggi appartiene alla Collezione Bill Gates di Seattle. Quasi interamente dedicato all’analisi dei moti dell’acqua, fu compilato dal 1506 al 1513, negli anni dei soggiorni di Leonardo a Firenze e a Milano. Già appartenuto allo scultore Giovanni della Porta, che fu allievo di Michelangelo, il prezioso manoscritto passò nelle mani del pittore Giuseppe Ghezzi alla fine del Seicento e da lui venduto nel 1717 a Thomas Coke, Conte di Leicester, la cui famiglia lo custodì per oltre due secoli e mezzo, fino al 1980. Acquistato all’asta dal magnate americano Armand Hammer, fu ceduto nel 1994, alla morte di quest’ultimo, al fondatore di Microsoft che lo ebbe in cambio di 30 milioni di dollari.
A pagina 9v si legge: “In Candia di Lombardia presso Alessandria della Paglia, facendosi per messer Gualtieri di Candia uno pozzo, fu trovato uno principio di navilio grandissimo sotto terra circa braccia 10, e perché il legname era nero e bello, parve a esso messer Gualtieri di fare allargare tal bocca di pozzo in forma che i termini di tal navilio si scoprissi”.
Una scoperta straordinaria, che non poteva sfuggire al genio leonardesco, animato dal desiderio di scoprire la storia misteriosa della nostra terra (ancorché con diversa percezione dello spazio geografico), osservata con la lucida determinazione del rilevatore scientifico, come acutamente osservava Luigi Firpo in “Gente di Piemonte”, pubblicato da Mursia nel 1983.
« In questa indagine assumono interesse primario i fossili marini, quella “moltitudine de nichi [le conchiglie, N.d.r.] e coralli intarlati ancora appiccati alli massi”, che testimoniano i grandi sollevamenti della crosta terrestre: tali resti abbondano nel Piemonte orientale, e Leonardo non manca di registrare l’affiorare di conchiglie fossili in Monferrato, di calcari marini ad Alessandria, persino di una nave lignea pietrificata che giaceva dieci braccia sotterra a Candia Lomellina: luoghi tutti che - Leonardo non manca di precisare - giacciono “in Lombardia”, perché l’unità geografica ch’egli ha presente è quella della Longobardia, la pianura padana centrale, unificata anche politicamente sotto il dominio visconteo e sforzesco, non un Piemonte di là da venire, ancora diviso fra il marchesato di Saluzzo e quello del Monferrato, un duca di Savoia tanto inetto da esser soprannominato il Buono e un re di Francia strapotente, che presto vi si accamperà da dominatore».
Dionigi Roggero
CANDIA TOUR E BUONE NOTIZIE
Mia moglie mi ricorda sempre andando al cimitero di Candia che i suoi avi abitavano in via Peschiera, a fianco di una roggia. E il sindaco Carlo Brocca ci conferma l’esistenza di queste vie d’acqua all’interno del paese che forse anticamente si collegavano ai Navigli e al Sesia dove aggungiamo noi funzionava un attivo porto fluviale, vie fluviali oggetto di una ricerca in corso che arriva fino a Leonardo. E proprio su questi temi il 22 novembre scorso è stato organizzato un convegno che ha visto l’intervento del geologo Roberto Reis dell’Università del Piemonte Orientale.
Arriviamo veloci a Candia attraverso Terranova e il ponte sul Sesia. Nella piazza principale svetta la colonna che ricorda il passaggio di San Carlo Borromeo diretto a Torino per la visita alla SIndone (1578, la prima ostensione in erra italiana).
Il sindaco ci riceve nel suo studio al primo piano, dopo gli studi al Ferrini ha lavorato a lungo alla Cerutti di Casale oggi è in pensione, al suo fianco Giuseppe Castelli appassionato assessore alla cultura.
Improvvisiamo un “Candia tour”, unico problema le chiavi di San Michele, chiesa che da sola varrebbe una visita, e al sesto tentativo si materializza il parroco don Enzo Capellino,con il suo ausilio prima entriamo nella parrocchiale di Santa Maria delle Grazie, in via Cavour, L’interno è a tre navate, rifatta nel 1845 e affrescata nel 1947 da Narciso Casssino, grande artista candiese (una sua opera, “don Orione”, figura tra le guglie del Duomo di Milano). La prima cappella a destra è impreziosita da una tela di Felice Truffa (dono della vedova Cassino), in chiusura di navata da ammirare una deposiziione di scuola vercellese (Giovenone) e di fronte il “Battesimo di Gesù” di fine Seicento di scuola genovese.
Nel presbiterio le lunette il bassorlievo con S. Eusebio e San Doemnico sono di Cassino al pari della mensa dell’altare rivolto ai fedeli (“Ultima Cena”, il bronzo è a Bra).
Seminascosti dai velari del Presepe ancora due dipinti degni di nota: “Discesa dello Spirito Santo” e il “Matrimonio mistico”. Usceiamo dalla chiesa parrocchiale diretti a San Michele, prima l’assessore ci indica un grande cantiere aperto: nell’ex consorzio agrario, vi nasceranno, palestra, sala mostre, biblioteca e una galleria espositiva per le opere di Cassino.
Due minuti ed entriamo in San Michele, lungo la strada per Casale, poco prima del cimitero, la chiesa è pericolante per lesioni alle strutture cui si aggiungono infiltrazioni di umidità ascendente che stanno deteriorando preziosi affreschi con due firme importanti, i primi terminati da Gerolamo Lanino nel 1589 e i secondi della cappella del “Rosario” dal Caccia (il Moncalvo)nel 1593. Ma c’è finalmente un buona notizia: stanno per partire i restauri grazie a un contributo di 120 mila euro, i lavori inizieranno a primavera.
FOTO. Lìinterno della parrocchiale; in San Michele due dipinti del Caccia, il primo firmato e datato