Articolo »

Conclusa con due grandi concerti la quindicesima edizione di “PianoEchos”

Pogorelich incanta al Municipale, Angelov al castello

Un mistico Mozart, un travolgente e dissacrante Liszt. E il romantico pianismo di Schumann. Domenica gran finale chopiniano

“Ivo il divo” prova fino all’ultimo sul palcoscenico, pubblico in sala, cuffia, sneackers e felpa a quadrettoni annodata in vita. 

Poi il mitico Pogorelich - pianista ormai assunto nell’empireo degli artisti con la maiuscola, che PianoEchos ha straordinariamente inserito nel proprio cartellone - sparisce e ricompare mezz’oretta dopo in abito da concerto, annuisce regalmente alla consegna del premio Tasto d’Argento ma si vede che è già “altrove”. Un momento dopo siede al pianoforte: spartito davanti,  voltapagine accanto, e attacca. 

Da quel suo mondo lontano ed esclusivo inizia con un brano intimistico, delicato, solipsistico. Chissà, forse se avesse diretto un’orchestra avrebbe optato per il secondo tempo della Sinfonia n. 40.

Il suo Mozart (L’Adagio in si minore K.450) è quasi mistico (l’esecuzione lenta lo scarnifica) e il ritorno del tema dell’Adagio pare più un mantra che un semplice disegno musicale.

Sì, forse, solo l’insondabile profondità della “spiritualità” mozartiana - magìa nata in un’epoca di maniera che attraversa intangibile il tempo - poteva avere questo potere quasi ipnotico. Si direbbe che Pogorelich suoni solo per se stesso e al termine dell’Adagio la tranche è avvenuta.

Il passaggio successivo di questo programma (decisamente “poco ammiccante al pubblico”, commenta uno spettatore) è quasi brutale: dall’intimismo mozartiano si precipita nell’esibizionismo lisztiano.

E qui a ben guardare l’interpretazione di Pogorelich della Sonata in si minore op.178 è spietata: esaspera il cosiddetto “chiaroscuro” lisztiano, enfatizzando i momenti di travolgente virtuosismo e quelli di delicato romanticismo; esplode l’esplorazione sinfonica lisztiana del pianoforte nei “tutti” roboanti ma sempre nitidissimi, sgranati nota per nota; seducono i cantabili sdilinguiti (incantevoli e vanesi al tempo stesso), sussurrati giocando coi pianissimo e fidando nel tocco magico da grande pianista.

Scelte interpretative che alla fine mettono a nudo l’episodicità della inventiva musicale lisztiana, fenomeno salottiero, soprattutto intento a cercare l’effetto, a stupire l’uditorio. Ottime ed efficaci improvvisazioni; modeste composizioni.

Ma emerge in pieno anche la ricerca, l’esplorazione  - come accennavamo prima - delle potenzialità sinfoniche di uno strumento che all’epoca era ancora tutto da scoprire. E la maniera di un’epoca.

Quell’epoca il cui spirito autentico risalta nel suo Schumann squisitamente, deliziosamente pianistico, persino nella evidenza del meccanismo che negli Studi Sinfonici  op. 13 risalta insieme a un vero trionfo del romanticismo.

Fine. Grati applausi. Niente bis. 

Forse per raggiungere nuovamente una condizione di rapimento servirebbe un nuovo medium: che so, il Bach della Sarabanda della III Suite inglese o le Variazioni Goldberg.  

Ma questo è - potrebbe essere,  speriamo! - un altro concerto...

 

Gran finale chopiniano

Domenica il gran finale è stato affidato a un altro “Tasto d’Argento” della sempre più pregevole rassegna PianoEchos che ha regalato al Monferrato appuntamenti di grande musica e di grande prestigio.

Concerto tutto chopiniano con il bulgaro Ludmil Angelov al Castello del Monferrato.

Angelov è considerato una vera autorità nell’interpretazione della musica di Chopin del quale ha ripetutamente eseguito in pubblico l’integrale dell’opera pianistica. Anche il concerto al Castello di Casale Monferrato di domenica pomeriggio chiudeva un piccolo ciclo iniziato l’anno scorso ovvero l’integrale delle Mazurke e Polacche pubblicate durante la vita dal grande polacco. 

«Angelov incanta con la qualità del tocco e del fraseggio, con la splendida libertà ritmica e agonica con cui ha proposto un cospicuo numero di Mazurke (ben 23), con una tecnica formidabile che viene messa sempre al servizio dell’idea musicale e dello stile. Nelle due grandi Polacche proposte (l’op. 44 e la celeberrima op. 53 che chiudeva il programma) il carattere eroico è reso con fulgore, slancio ed energia», commenta il direttore della rassegna Sergio Marchegiani che evidenzia come Angelov «pare raggiungere il cuore della poetica musicale chopiniana e lo restituisce a un pubblico che ascolta il viaggio in un silenzio sospeso». Il successo è vivissimo. Il folto pubblico dellla Manica Lunga del Castello tributa  all’artista lunghissimi applausi ottenendo due bis, naturalmente chopiniani: un Valzer e un’altra Mazurka.


Profili monferrini

Questa settimana su "Il Monferrato"

Michele Castagnone

Michele Castagnone
Cerca nell’archivio dei profili dal 1871!