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  • 05 maggio 2024
  • Casale Monferrato

Fotografo casalese

Nicola Bernardi: «Foto, parole e fumetti per il Giappone...in bici!»

L'intervista

Gli autori. Nicola Bernardi e Simone Albrigi durante il loro viaggio

Nicola Bernardi è un fotografo casalese innamorato del genere umano e con una spaventosa necessità di raccontare storie attraverso le sue immagini. Dopo essersi laureato in Lingue orientali a Venezia, si è trasferito per qualche anno a Sapporo, dove ha iniziato la sua carriera nella fotografia. È ritornato in Giappone nel 2014 con “Sio”, in bici, per il progetto Uncommon:Wheels,- che nel 2016 è diventato un libro. Dal 2014 al 2017 ha vissuto a Melbourne, ora si trova a Milano, dopo aver attraversato il Circolo polare artico in bici per il progetto unCOMMON:Arctic. Ha lavorato in Etiopia come primo assistente di Steve McCurry per il Calendario Lavazza 2014, oltre che con Eolo Perfido e Susi Belianska. Le foto di Bernardi sono state Nuova Delhi, Sidney, New York... 

Nel 2024, qualche settimana fa l’uscita della riedizione di quel progetto...condivisa con Sio, “Giro de Il Giappone. Dieci anni di unCommon:Wheels”, edita da Feltrinelli.

Come vi siete conosciuti tu e Sio?
Io e Sio (Simone Albrigi) ci siamo conosciuti studiando Lingue Orientali (Giapponese) a Venezia all’università nel 2007, grazie a Lorro (Lorenzo Civolari) con cui ancora oggi formiamo il nostro trio di migliori amici. Da quel momento abbiamo fatto davvero un sacco di cose insieme, iniziando con la radio universitaria e poi trasferendoci in Giappone, anche se sovrapponendoci per poco ma abbastanza per lavorare al nostro primo libro unCommon:Stories e farci venire la voglia anni dopo di fare, appunto, il giro del Giappone in bicicletta e scriverci un altro libro.

Un viaggio sì, ma cosa siete finiti a raccontare per davvero?
Quando ripenso al nostro giro del Giappone, che abbiamo fatto ormai 10 anni fa, la prima cosa che mi viene in mente è che, mentre lo facevamo, non avevamo idea di stare vivendo quella che sicuramente è stata per entrambi una delle esperienze più importanti e formative della nostra vita. Con quel viaggio abbiamo scoperto molto più del solo Giappone, abbiamo scoperto noi stessi e un modo di vivere la vita che ci siamo entrambi portati dietro ogni giorno dal nostro ritorno. 

Qualcosa alla Pechino Express o alla Non Voglio Cambiare Pianeta di Jovanotti?
Nulla di più diverso. Il nostro è stato un viaggio sincero, non pianificato e libero.Siamo partiti sapendo che volevamo iniziare la nostra avventura da Capo Sata e finirla a Capo Soya, rispettivamente i punti canonicamente più a sud e a nord del Giappone. Quanto ci avremmo messo, che strada avremmo percorso e dove saremmo passati, sapevamo l’avremmo deciso giorno per giorno, permettendo davvero al viaggio di indicarci la via. E così è stato: ci siamo sempre fatti guidare da quello che ci veniva detto, dalla nostra curiosità, dalle persone che incontravamo. Tantissime delle cose incredibili che raccontiamo nel libro sono nate proprio così.

4000 km in bici. Follia o... come vi siete preparati a questa esperienza?
Che tu ci creda o meno, non ci siamo proprio preparati per niente. Tanto che quando all’epoca andai a chiedere a Specialized di sponsorizzarci tecnicamente e di darci le biciclette, l’allora CEO mi chiese perchè non lo facessimo con le nostre bici e io risposi “Perché nessuno di noi due ha una bici” ed era assolutamente vero. Non ci siamo allenati per niente, siamo solo partiti. I primi giorni fare 50 km sembrava impossibile, ma il corpo fortunatamente si abitua molto facilmente. Dopo una settimana, se partivamo abbastanza presto al mattino, anche più di 100 km non ci spaventavano. 

Che tipo di narrazione offrono le tue foto al libro?
Tutti i materiali che sono nel libro li abbiamo scritti in viaggio, a partire dal testo che è nato come un diario che pubblicavamo sotto forma di post di blog durante quei tre mesi. Scattavo foto tutti i giorni e le pubblicavo insieme al diario nel nostro blog o accompagnavano i video dei nostri vlog. Stesso vale per alcuni dei fumetti. Insieme abbiamo sviluppato, senza programmarlo, un sistema per raccontare il viaggio in tre lingue diverse, che vanno in parallelo ma che non si sovrappongono mai completamente. In questo senso le mie foto vogliono raccontare non solo la bellezza straordinaria dei paesaggi in cui ci siamo ritrovati, ma anche (e forse soprattutto) le persone che abbiamo incontrato durante il viaggio. 

Alle foto, si aggiungono parole, fumetti e disegni. Come siete arrivati a decidere che sarebbe stato un “tribro”?
Nel 2016, grazie a una campagna di Kickstarter, ci siamo autoprodotte la prima edizione di questo libro, che abbiamo rinominato “Tribro” proprio perché lo si può, e deve, leggere in tre direzioni diverse. Aprendolo come un libro tradizionale, l’unica cosa in direzione del lettore è il testo. Aprendolo come un calendario, l’unica cosa in direzione del lettore sono i fumetti, mentre se lo si apre come un libro giapponese, le foto. È stato fondamentale trovare una soluzione nuova per far convivere sulla pagina questi nostri tre linguaggi senza che sembrassero messi a casaccio e quando abbiamo iniziato a pensare fuori dagli schemi di quello che un libro può essere, voilà!

E se fosse un giro in bici in Monferrato, quali storie racconteresti?
Se fosse un giro in bici nel Monferrato, spererei di poter raccontare (e quindi scoprire io stesso) storie di giovani che fanno crescere ed evolvere il nostro territorio, lontani dai limiti della tradizione e con lo sguardo rivolto verso il futuro. E poi un sacco di cibo e di vino sicuramente, che dopo una lunga pedalata sono un toccasana per il corpo e per l’anima. 


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