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Zoofavola La variante monferrina di una classica favola piemontese: sla taula dal prevost j’è ‘n parà d’clumbot arost

Quell’inverno aveva patito la fame, mentre i colombi erano nutriti dal parroco. Che però...

Da “L’Esopo Monferrino” Zoofavole dialettali raccolte e scongelate, tradotte e commentate a cura di Pietro Giordano Odalengi (6)

 

Par i curnacc l’inver l’era stacc gram:j’avu patì la fame.

Mentre ‘nt in bögg dal campanìn dal post,ben anlvà dal prevost,

a j’era ‘n nì cun dunzen-i d’ clumbotbianch e grassot.

In curnaiett al fa: “Cun dla farin-ae ‘n po’ d’causin-a,

ma sbianch, e quand ch’ i’ avrö cambià culur,

mi vagh a sta da lur.Dicc facc, ma quand ch’as trata d’salütà,al dis: “Cra cra”.

“L’è ‘n curnaiss - i criu in curnaiass!

Via, bestiass!”.

Murtificà, ma sempar pi dicìs,al nost amisal va da ‘n prufesur d’lingui stranieripar amparà ‘l dialet dal culumberi.Ma,‘ntant ch’al studia,

sla taula dal prevost,

j’è tücc i dì ‘n para d’clumbot arost.

 

La traduzione

Per le cornacchie era stato un “brutto in-verno: avevano addirittura sofferto la fa-me. Contemporaneamente, in un buco del locale campanile, amorevolmente allevati dal parroco, c’erano dei piccioni bianchi e grassotteli.Dice una cornacchietta: “Con un po’ di fa-rina e di bianchetto, riuscirò a sbiancarmi, dopo di che, una volta che avrò cambiato colore, andrò a vivere con loro”.Detto fatto. Però, al momento di saluta-re, si lascia scappare uno sgraziato “Cra cra”. Allora quelli gridano: “è un corvo, un cor-vo! Via, bestiaccia!”.Un po’ mortificata, ma ancora decisa, la nostra cornacchietta va alla ricerca di un professore di lingue straniere per farsi in-segnare il linguaggio delle colombaie.Purtroppo però, mentre sta ancora stu-diando, sulla tavola del parroco fanno ogni giorno la loro comparsa un paio di piccioncini arrosto.

 

Il commento

Questa è la variante monferrina di una favola che, a quanto sembra, era diffusa in varie parti del Piemonte.La differenza tra le varie versioni non con-siste tanto nel fatto che l’una sia composta in versi e l’altra in prosa. A differenziarle è la morale conclu-siva, che è “classica” in Piemonte, mentre propende verso il satirico nel Monferrato.Devo all’amico Primo Castelletti se ho potuto conoscere il contenuto della zo-ofavola più “piemontese”. Si trova in una pubblicazione recente, che è la risultan-te di una ricerca condotta dagli alunni dei comprensori scolastici di Arborio, Biandrate e Carpignano Sesia. E’ stata pubblicata nel 2002 a cura della Provin-cia di Vercelli, con il titolo “Ieva ‘na vira” (C’era una volta)? Ne riporto integralmente il testo, che è in italiano: «Una cornacchia vede una piccionaia piena di piccioni bianchi e grassi che fanno una bella vita, la cor-nacchia si tinge di bianco e va nella pic-cionaia per vivere con i piccioni. Questi finché la cornacchia sta zitta credono che sia una di loro e la lasciano stare ma quando comincia a parlare si accorgo-no che è di un‘altra razza e la mandano via beccandola. La cornacchia ancora bianca torna indietro insieme alle altre cornacchie, ma esse non la riconoscono più e la cacciano via».Segue la morale, nel dialetto locale: «Ansì ‘l nostar curnacc cal vureva stà an dü post, l’sa pü ‘ndua ‘ndè» (Così la nostra cornac-chia che voleva stare in due posti, non sa più dove andare).


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Michele Castagnone

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