"Terruggia il paese, i suoi luoghi, le sue storie"
"La visita pastorale del vescovo rappresentava per ogni piccola comunità una festa solenne non solo religiosa ma anche civile. Veniva preparata con molto anticipo in tutti i suoi aspetti. Uno sguardo sulle visite avvenute nel Settecento ci può veramente illustrare questi preparativi". Così scrivono Manuela Meni e Claudio Simone Colli nell'interessante volume intitolato "Terruggia il paese, i suoi luoghi, le sue storie", pubblicato dal Comune di Terruggia (Diffusioni Grafiche, Villanova Monferrato 2008).
Al parroco spettava il compito di offrire un quadro quanto mai dettagliato dello stato delle anime della parrocchia visitata, ai rappresentanti della comunità l'organizzazione dei mezzi di trasporto(spesso il presule doveva accontentarsi di una rude "barrossa") e l'onere della provvista dei viveri, come attestano le liste delle spese, i menu e le ricevute di pagamento ai fornitori, conservate in archivio.
In una lettera del 5 luglio 1748, un mese prima della visita pastorale a Terruggia, mons. Ignazio Della Chiesa si rivolgeva agli agenti della comunità con queste parole: "Quantunque siamo persuasi che già siano le Signorie loro avvertite del Nostro arrivo in cotesto luogo circa li 6 agosto per fare la Santa Visita Pastorale, dalla quale se ne sogliano ricavare molti beni spirituali e temporali, abbiamo stimato opportuno il dargliene direttamente l'avviso".
E poco dopo ecco la raccomandazione del prelato: "Abbiamo già spiegato ai signori parroci l'intenzione Nostra circa il trattamento della tavola, che vogliamo sia parca ed il dispiacere che proveremmo se in questo vi fosse dell'eccesso, onde speriamo, che le signorie loro, a quali spetta far lo spesa della visita secondo antica consuetudine, vorranno a questa conformarsi...".
Non sappiamo come siano andate le cose, ma le raccomandazioni vescovili furono del tutto inattese,
come attestano le carte d'archivio con la lista delle spese e i menù a tema preparati per l'occasione.
Il pesce è la vittima del pranzo di sabato 3 agosto 1748, con due zuppe, una "di lasanieta al butirro di ganbaro" e una "di pane goirnita di indivia una trutta in meza", seguite da numerose altre portate, "un lusso" e "una carpa", e poi ancora tinche, carpe e anguille al forno con svariati contorni e dolci. Non meno ricche e numerose le portate previste per il 7 agosto, forse a chiusura della visita pastorale. A pranzo le solite due zuppe, "una di macaoni", l'altra "di pane goirnito d'indivia", introducevano i numerosi piatti di carne bianca e rossa: "un boulito", "uno di 3 polastro", "uno di 4 colonbot", "uno di fidico", "uno di risot", cui seguivano altri piatti, "uno di ania" e infine "uno di cosia di vitello".
Più leggero, si fà per dire, il secondo servizio che si limitava a "un rosto di vitello", "uno di pichino", "uno di 4 polastro", seguiti da quattro piccoli entremet: "uno di salamo crudo", una «salata dinvidia", "una crema" e "una di pasta".
Insomma, gli elenchi delle portate e pietanze sono una preziosa testimonianza di cultura materiale e di costume di un'epoca nella quale, nonostante il parere contrario di molti vescovi, la visita pastorale, di solito quinquennale, era un evento straordinario, assolutamente non in contrasto con la povertà di tutti, ma degna di essere festeggiata anche con lo sparo dei mortaretti, documentato dalle spese di acquisto di "polvere d'archibuggio per far onore al prelato sin nell'arrivo come nella partenza".
Dionigi Roggero
Un librio di Meni-Colli
presentazione il 14
in Comune a Terruggia
Grande festa culturale è programmata sabato 14 giugno (dalle 10) a Terruggia per la nascita del primo libro interamente dedicato al paese collinare monferrino che si affaccia sulle luci di Casale.
Ne avevamo visto la genesi in un Viaggio d'autore 2005 quando avevamo trovato i ricercatori al lavoro in Comune protetti da antichi crocifissi e dal ricordo di fra Leopoldo Musso...
Giusto tornare oggi per avere in anteprima «Terrruggia, il paese, i suoi luoghi, le sue storie». Con gli autori Manuela Meni e Claudio Simoni Colli ci ricevono im una calda saletta del Municipio il sindaco Luigino Mazzucco, il vice Luigi Pessina e ben tre assessori Franca Caprioglio, Gianna Demichelis e Sergio Luparia.
Il libro verrà donato a tutti i capifamiglia e al volume sarà allegato un supporto multimediale, che vediamo, è ricco di immagini e di documenti concessi soprattutto dall'Archivio di Stato di Torino, da quello diocesano e dalla Biblioteca di Casale. E' dedicato allo scomparso vescovo Zaccheo che aveva promesso di presentarlo....
Spiega il sindaco: tutto è nato dal riordino dell'archivio e dall'auspicio che il materiale fosse illustrato ai terruggesi, poi è lievitato a 256 pagine, impaginazione di «Rivoltando» e stampa finale alle Diffusioni Grafiche.
Usciamo con la delegazione scendendo per la via tipo «Quarto Stato» e puntando a palazzo Arborio di Gattinara, che ricordavamo in restauro, oggi è finito e ci apre il portone il geom. Defrancisci. Si svela un giardino nascosto prospettato su via Umberto I (le mura del ricetto) con essenze secolari, fontana e grande terrazza panoramica verso Vignale, una vetrata liberty cela l'alloggio del piano terreno aperto sul giardino, era quello del mitico dottor Berrone, personaggio noto negli anni '50 in tutto il Monferrato per la sua conoscenza medica.
Il giardino è chiuso da un lato dall'abside di San Grato. E' una bella chiesa, oggi maggiormente esaltata dal rifacimento della parte antistante; gli autori vi han dedicato una esauriente scheda, citiamo anche quelle sulla parrocchiale di San Martino, su villa Pavia dell'arch. Lombardi, poi sul Municipio, il teatro (che noi battezzammo delle Muse), villa Poggio, Torre Veglio, Roseto e Ariotto (legati alla famiglia Caire, l'Ariotto, oggi albergo ristorante, era di proprietà di Margherita Caire).
Entriamo in S. Grato, barocca ultimata nel 1724, all'interno spicca la «Madonna Assunta tra San Giovanni Battista e San Grato» capolavoro del pittore milanese Carlo Preda (firmato sul retro con la data 1688), per inciso, lo anticipiamo dalla scheda di Lorena Palmieri, del Preda nel casalese esistono oggi solo due opere: la Comunione di un prelato cappuccino al Museo (proviene dal convento soppresso di San Lodovico e poi S. Chiara) e un San Francesco nei depositi del Duomo, una S. Chiara era stata trasferita da San Lodovico a Santa Maria del Tempio dove è stata, purtroppo, rubata.
Concludiamo: S. Grato ospita anche due grandi crocifissi, uno, rarissimo, dell'Entierro. All'ingresso tre lapidi, una ricorda fra Leopoldo che qui pregava e leggeva il rosario, la seconda don Mario Garrone parroco dal 1967 al 1978, l'altra è abrasa tranne la data, 1672, un mistero da risolvere nel prossimo libro. Torniamo in Comune passando davanti al teatro e diamo un'ultima occhiata alal facciata della parrocchaile illuminata da un sole ballerino (ma Mercalli non aveva detto che arrivava la grande siccita'?).
Luigi Angelino
FOTO. La pala di San Grato (lancio), nel bel giardino di palazzo Arborio , la lapide che ricorda il servo di Dio Leopoldo Musso e la parrocchiale con l'alto campanile