Articolo »

Comuni: ciò che si difende è l'identità. Sui servizi si può e si deve ragionare

In risposta alla nota di Andrea e Daniele Zanello, desidero proporre alcune considerazioni, confidando di riportare il dibattito sulle questioni fondamentali. Tralasciando le polemiche di colore e andando al nocciolo della questione è utile ribadire che la vibrata protesta dei sindaci, a seguito della norma che prevedeva l’accorpamento dei comuni sotto la soglia dei mille abitanti, si è determinata per l’irragionevolezza e l’incoerenza di una direttiva tesa a perseguire un incerto risparmio economico a detrimento di storie identitarie come quelle delle municipalità. È evidente che l’accorpamento dei piccoli comuni dell’incerta manovra evocava, demagogicamente, un intervento di grande impatto emotivo: è stato proposto come taglio virtuoso ai costi della politica. La realtà è ben diversa. È stato ampiamente dimostrato che, anche nella malaugurata ipotesi di cancellazione di tutti gli organismi di rappresentanza politica dei piccoli comuni, il reale risparmio economico perseguito sarebbe stato risibile rispetto al valore complessivo della manovra economica. Questo però non vuol dire che la realtà dei piccoli comuni così com’è non sia suscettibile di modifiche organizzative migliorative; non si vuole affermare che non ci siano spazi per migliorare il rapporto spese/qualità dei servizi erogati. Tutt’altro! L’esperienza di lavoro che ho maturato nella pubblica amministrazione mi porta ad affermare che spazi per conseguire rilevanti risparmi ce ne siano, e ancora più significativi sono quelli che possono essere conseguiti nella Pubblica Amministrazione di grandi dimensioni. Per fare questo, però, occorre una nuova cultura di gestione supportata da forti decisioni e grande volontà politica. Mi riferisco in particolare all’introduzione di metodologie di lavoro che correlano la spesa ai risultati programmati e ottenuti. All’analisi dei processi che governano le organizzazioni pubbliche ai reali bisogni delle comunità amministrate. Alla drastica riduzione di aziende partecipate istituite dalle P.A. che, molto spesso, non perseguono l’efficienza amministrativa con ricadute positive sui servizi erogati per i cittadini ma, piuttosto, rispondono alla logica di replicare in modo abnorme costosi consigli di amministrazioni. E altro ancora. È in questa logica che va riportata la razionalizzazione gestionale dei piccoli comuni. In quest’ambito ci sono ampi margini di risparmio che potranno essere conseguiti attraverso il criterio della gestione associata senza, però, mortificare il valore identitario delle piccole comunità, che determina forti contributi di lavoro volontario tra gli amministratori e i cittadini. Forse è giunto il momento di pensare seriamente di abbandonare la politica delle “soglie” e dei “tagli lineari”. Questa reiterata pratica amministrativa è una grande semplificazione gravida di conseguenze negative sul piano del welfare e della sostenibilità economica. L’idea liberista di continuare ad affamare la bestia per lasciare il libero mercato di autoregolarsi rischia concretamente di far morire la bestia, con gravi conseguenze sul piano della coesione sociale. Giovanni Bellistri (Sindaco di Terruggia)

Profili monferrini

Questa settimana su "Il Monferrato"

Michele Castagnone

Michele Castagnone
Cerca nell’archivio dei profili dal 1871!