"Poche città, pochi luoghi dell'Italia settentrionale hanno avuto lo strano destino di Casale Monferrato, di avere, cioè, la piazzaforte costruita in tempi successivi e da Stati diversi, a cominciare dai Paleologi, ai Gonzaga, agli Spagnoli di Milano, ed infine ai Francesi di Luigi XIV. Amministrazioni che hanno contribuito con spese spaventose alla creazione, al rafforzamento, all'ingrandimento di una città fortificata, che fu più nota in quel tempo in Europa, di quello che sono oggi tante altre, ad esempio della stessa linea Maginot".
Così scriveva quasi quarant'anni or sono Guido Amoretti nel saggio "La piazzaforte di Casale", pubblicato negli atti del "Quarto Congresso di Antichità ed Arte", organizzato a palazzo Langosco dal 20 al 24 aprile 1969 (Marietti, Torino 1974).
E poco dopo aggiungeva: "La cittadella di Casale è quella che le ha dato il sinonimo di città piazzaforte. Prima della costruzione della cittadella - 1589-1590 -Casale era una delle tante località di media popolazione (aveva dai settemila agli ottomila abitanti circa alla metà del '500), che non aveva una particolare struttura atta a resistere a tutte le bufere che vi si abbatterono nei cento anni in cui fu eretta a piazzaforte. La costruzione delle fortificazioni fu portata a termine nel 1595; la loro distruzione da parte del marchese di Crenau, che evacuava la città, avvenne nel 1695".
Il progetto portava la firma di Germanico Savorgnan, appartenente ad una dinastia di architetti militari friulani. Curioso il nome, ripreso da quello dell'omonimo zio venuto alla luce nel 1514 a Osoppo, quando gli Imperiali stavano per abbandonare l'assedio. Essendo stato di buon augurio, passò poi al nipote nato nel 1554. Suo indiscusso maestro fu lo zio paterno Giulio, autore di numerose fortificazioni per la Repubblica di Venezia, che non esitò a trascinare con sé il giovane nipote a Cipro e Nicosia, proprio negli anni difficili della minaccia turca. Laggiù, per la prima volta, il dodicenne Germanico prendeva confidenza con le moderne fortificazioni a undici bastioni ad "orecchione tondo", simili a quella che sarebbe poi sorta a Casale.
Dopo un lungo soggiorno a Cipro, nel 1587 Germanico si trasferisce nelle Fiandre, dove molti architetti italiani erano di casa, poi l'anno successivo, messe a frutto le buone capacità ideative maturate nel campo dell'architettura militare, riusciva a rompere l'assedio di Bonn con una serie di dodici fortini campali muniti di artiglierie.
Tornato in patria, è chiamato alla corte di Vincenzo I Gonzaga, appena succeduto al padre Guglielmo, e inizia per conto del duca di Mantova e Monferrato la costruzione della poderosa cittadella casalese. Esempio unico in Europa, in quanto non esistevano negli Stati dei duchi di Savoia e neppure nelle Fiandre fortezze simili, se si fa eccezione, come precisa Guido Amoretti, per il forte di Grosseto, costruito vent'anni prima nel nostro paese da Baldassarre Lanci, e per un progetto analogo realizzato da Pompeo Floriani a Tunisi.
Dionigi Roggero
Una Mostra da non perdere
Cittadela: utilizzarla meglio
(l.a.) - E' una bella emozione poter quasi accarezzare lo splendido ostensorio gonzaghesco che Manuela Meni estrae (dopo qualche contorsione) dalla grande vetrina della mostra «I giorni dell'assedio» allestita alla biblioteca del Seminario. Emozione perchè è un ricordo della cittadella di manzoniana memoria insieme alla statua della Madonna che era venerata nella chiesa di S. Anna all'interno del grande manufatto militare.
I due preziosi reperti (l'ostensorio era stato donato da Federico Gonzaga nel 1676) fanno ora parte del tesoro della Casa di Riposo ed è praticamente la prima volta che si possono ammirare così a lungo grazie appunto alla rassegna allestita dall'Ufficio beni culturali della Diocesi che nei primi giorni di apertura (il taglio del nastro era stato demandato a Umberto Eco, in ricordo del suo libro che parte proprio dalla cittadella) hanno registrato cinquecento visitatori.
Visitatori di livello grazie anche a un politica mirata di promozione.
Del resto la mostra vale una visita sia per il valore degli oggetti che per la chiarezza espositiva divisa in «isole». Citiamo «l'assedio e il territorio» con le piante del 1650 e 1690 e un quadro con incisione rappresentante l'arrivo del cardinal Mazzarino (1628) che contribuì all'armistizio. Poi il «tiletto» di Vincenzo Gonzaga sull'arruolamento alla cittadella (1681), lettere sull'assedio e medaglie commemorative. Nella sezione «arte e architettura militare» ecco trattati e dialoghi mentre in «Le dinastie e la successione» si parte da Evandro Baronino per arrivare al compendio delle guerre unversali d'Europa.
Di rilievo la «Medicina e la chirurgia» con le note sui feriti nell'assedio di Francesco Pollino. Brilla ovviamene la Civil Conversatione di Guazzo (Il libro proveniva dalla Biblioteca del prof. Giovanni Martinotti, illustre studioso di origine villanovese) nella sezione «Cultura e formazione». Le altre isole riguardano commercio, diritto civile e canonico e religione. La mostra si chiude con una chicca: il grande quadro ex voto per lo scampato assedio del 1628 dove Casale con la sua cittadella sono splendidamente raffigurati.
Per noi, nonostante il caldo, dalla biblioteca del Seminario è giusto completare il viaggio a quanto resta della cittadella (ed è sempre un bel vedere dove è passata la grande storia). Oltrepassati gli ex magazzini eternit appare la fortificazione. E' aperta perchè l'area è soggetta a videosorveglianza (speriamo in bene).
L'impressione è di una buona manutenzione (anche se stanno malissimo i bidoncini della raccolta differenziata sotto le antiche mura).
Molto suggestivo (e fresco) l'interno della prima casamatta dalle cui porte si occhieggia sul verde del parco, ma tutta l'area conserva appunto il suo fascino e l'invito è a meglio utilizzarla. Si parla ancehdi un piccolo Museo partigiano, qui eccheggia anche il triste ricordo della fucilazione dei partigiani della Banda Tom
-La mostra in Seminario è aperta venerdì 15,30-18,30; sabato e domenica 10-12 e 15,30-18,30; sabato 5 («Notte bianca») anche 22.30-1,30.
FOTO.L'ostensorio gonzaghesco nella bella mostra al Seminario; nelle altre due immagini, in cittadella, casamatta (nel lato dove avvenne la fucilazione dei partigiani della BandaTom) e parco
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