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Un territorio fragile
"Ab omni inundatione, libera nos Domine"
Vent'anni fa il Po, oggi il Sesia

È il primo ottobre scorso, quando Arpa Piemonte dichiara “per domani, venerdì, allerta arancione su quasi tutta la regione ad esclusione della zona occidentale dove è prevista allerta gialla”, e “consiglia di tenersi informati sull’evolversi delle condizioni meteorologiche, limitare gli spostamenti e adottare adeguati comportamenti di autoprotezione”.
Sabato mattina, 3 ottobre, “Il Monferrato” online apre con il titolo “In tutto il Monferrato - Maltempo: allagamenti, problemi alla viabilità, emergenze - Chiusa la provinciale Terranova-Candia per la piena del Sesia”.
Come non andare col ricordo agli stessi giorni di vent’anni fa, quando abbiamo vissuto la seconda, terribile alluvione, ancor più pesante del disastro abbattutosi a inizio novembre 1994!
Dall’esperienza di alluvioni precedenti, la prima cosa che faccio, ogni volta che c’è allerta, è il controllo su internet dei livelli idrometrici.
A Crescentino, in 14 ore, dalle 20 del venerdì, il Po è salito di oltre tre metri e mezzo, a quota 5,09, venti centimetri appena sotto il livello di allarme, pur se ancor lontano dal massimo di 6,50 raggiunto nel 2000! La Sesia, alle 02 di sabato, ha il picco eccezionale di 9,40 metri, contro la media di 0,50, prevedibile l’arrivo a valle di una massa enorme d’acqua. Conforta che il Po vada scendendo, e che la Dora Baltea - in gran parte responsabile della “botta d’acqua” di eventi passati – segni ugualmente flessione. Con relativa serenità il ricordo può andare a quei giorni del 2000, pur se rileggendo le cronache del tempo, e osservando le immagini, confesso che vien da piangere.
“Il Monferrato” quasi anticipa il disastro, dedicando la prima pagina del 3 ottobre alle piogge che hanno messo in allarme popolazioni e amministratori locali. “Il Po cresce d’improvviso – Notte movimentata a Trino – Allarme a Morano”.
La gente esasperata ha un pensiero unanime, “Adesso basta!”. C’è una prima vittima del diluvio, “Calciatore della Junior finisce fuori strada col motorino a Due Sture di Morano”.
È un giovane di origini brasiliane, finito contro un palo dopo essere scivolato sull’asfalto allagato della provinciale, tra la cascina Cardinala e il ponte della roggia Stura. Venerdì 6 ottobre si da conto della “rabbia dei sindaci”, sempre più preoccupati dopo la piena del Po del sabato precedente, e la settimana successiva - ancora ignorando che il disastro sta per iniziare - gli stessi sindaci non nascondono la delusione, dopo un incontro, convocato a Casale dal sindaco Mascarino, con l’assessore regionale all’Ambiente, Ugo Cavallera, e i responsabili del Magispo: “Si parla di stanziamenti miliardari e non si fa nulla, per far partire i lavori, già finanziati, occorreranno almeno tre anni”.
Mentre “Il Monferrato” esce con queste notizie, sta rapidamente cambiando la configurazione meteo. Crolla la pressione. Sul Piemonte il cielo si fa molto nuvoloso, le piogge iniziate sui rilievi, si estendono alle zone pianeggianti, quindi si intensificano specie nell’area tra Torinese e Alto Novarese, per nuvole cariche d’acqua provenienti dal Mar Ligure, cui si aggiunge umidità in arrivo dall’Adriatico. Sale il livello del fiumi, in primis quelli che confluiscono nel Po. La perturbazione “Josephine” (così battezzata dal Servizio Meteorologico Tedesco) sta colpendo duro.
Il giornale copre l’evento con la sua rete di redattori e corrispondenti, quasi minuto per minuto, tanto che il resoconto servirà da traccia anche per le successive relazioni dell’ARPA Piemonte, integrando le notizie del Settore Geologico regionale, diretto all’epoca da un caro amico e ottimo tecnico, l’ingegner Vincenzo Coccolo, funzionario prudente, esperto, pignolo (nel 2020 “richiamato” in servizio quale responsabile dell’Unità di crisi piemontese Covid 19).
A Crescentino la piena ha inizio nella tarda mattinata di domenica 15; le acque del fiume si gonfiano subito dopo la confluenza della Dora Baltea, si riattiva il canale della Doretta Morta, esonda la roggia Garavella, l’alluvione lamina nelle frazioni Sasso, S. Maria e in località Chiesa Vecchia con livelli d’acqua intorno al metro e danni ai terreni agricoli, seminativi e pioppeti. Passa qualche ora, viene superata la soglia di pericolo, gli argini per fortuna resistono, ma la piena si abbatte su Fontanetto Po, dove le Cascine Gianduia e Grosso sono invase da oltre un metro e mezzo d’acqua. Anche in questo tratto, le difese tengono, ma non altrettanto succede a Palazzolo, con la rottura del vecchio argine in due punti e la tracimazione di quello nuovo. Gravi danni alla statale 31 bis, interrotta. Allagamenti anche nella zona a sud del paese. Sull’altra sponda, il fiume esonda alla Ganoia di Moncestino, in alcune case l’acqua raggiunge i 150 centimetri, acqua e fango defluiscono verso la Piagera di Gabiano.
Dagli squarci arginali, la piena corre a valle. A mezzogiorno raggiunge Trino, in poche ore sormonta la ferrovia e raggiunge il centro storico, che a metà pomeriggio è coperto in qualche punto da quasi un metro e mezzo d’acqua. Han contribuito all’alluvione anche le rogge Camera e Stura. Indenne la centrale Enrico Fermi, costruita in rilevato. Sulla sponda destra, gli abitanti di Brusaschetto Nuovo vengono fatti evacuare. Intorno alla città, allagamenti per la tracimazione di canali, di modesta entità a Tricerro, poco più pesanti a Costanzana (vero la Saletta); a Pertengo, Rive e Stroppiana la piena della Marcova arriverà nelle prime ore del lunedì, coinvolgendo essenzialmente le risaie e i terreni agricoli, oltre a qualche strada provinciale. Nella notte, acque alte alla periferia di Caresana, dove alla Marcova si è aggiunto il contributo idrico del rio Bona. Qualche ora prima, allarme anche a Motta dei Conti, specie alla confluenza tra Marcova e torrente Lamporo.
Intanto l’onda sporca alluvionale del fiume avanza verso Morano su Po. In mattinata, a sud della Tenuta Pobietto ha ceduto il vecchio “argine degli spagnoli” (ricostruito dopo che, nel 1648, con disgraziata iniziativa l’esercito spagnolo, aveva costruito fortificazioni a Morano, usando terra e ghiaia prese da quelle difese) presidiato nel buio della notte, con non poco rischio personale, dal sindaco moranese Paolo Migliavacca - alla sua seconda alluvione, tanto che riceverà un Diploma di benemerenza con medaglia, dal Ministero dell’Interno - con la guardia comunale Lino Augusti. Ormai il fiume ha superato la soglia di pericolo, verso le 15 sormonta le nuove difese a valle di Pobietto, due ore dopo raggiunge le prime case, in regione Giardino, e poco dopo supera il terrazzo che normalmente protegge l’abitato di Morano; l’unione tra acque di valle e di monte inizia ad invadere il territorio, e almeno per gli abitati di Morano e Balzola l’alluvione raggiunge i livelli del 1994.
Intanto a Casale si chiude il ponte stradale sul Po, e si programma l’evacuazione per le frazioni di Popolo e Terranova, con allestimento di centri di accoglienza nelle scuole, che resteranno chiuse. Mentre l’Acquedotto del Monferrato avverte che c’è il rischio che i suoi utenti (101 Comuni) restino senz’acqua, a causa dell’allagamento dei pozzi di Verrua Savoia (TO), il sindaco Mascarino ordina lo sgombero per le abitazioni al pianterreno di Popolo e Terranova e del rione Oltreponte. Più tardi, sarà sgombero anche per le abitazioni di via Boves (zona Nuova Casale). Il peggio arriva nella notte tra il 15 ed il 16 ottobre, con la disastrosa rottura dell’argine a est di Morano; il paese è completamente sommerso dalle acque, nelle zone più depresse il livello raggiunge anche i due metri e mezzo. Tracimano anche il canale Magrelli e la roggia Stura, a Balzola il livello delle acque supera il metro. La piena raggiunge Popolo e si dirige, con elevata energia, verso il quartiere Oltreponte.
All’alba di lunedì, l’alluvione si estende ancora, arrivando a Villanova Monferrato e Terranova. Circondati alle acque gli stabilimenti delle zone industriali fra Casale, Villanova e Coniolo. Dopo mezzogiorno, il livello del fiume inizia a scendere e si organizzano al meglio le operazioni di soccorso, possono agire ruspe e trattori dove fino a poco prima su usavano solo mezzi anfibi (il Responsabile del Commissariato di Casale, vicequestore Alberto Bonzano, era “salito” in Municipio a Morano sulla benna di una ruspa). Il quadro è drammatico. Strade e ferrovie interrotte, ponti crollati, le stanze invase dall’acqua si svuotano di mobili, elettrodomestici, suppellettili ormai ammalorati e inservibili. “Il Monferrato” del 20 ottobre riassume in un titolo: “Una vera catastrofe – Un bilancio tremendo: migliaia di sfollati, case e strade invase dal fango. L’economia è in ginocchio: industrie e negozi devastati, danni all’agricoltura. Esplode la rabbia della gente”. E altri titoli a dipingere il quadro: “Due morti a Morano e Terranova”, “Danni verso i mille miliardi”, “Subito argini e risarcimenti”, “Il ministro Nesi: argine di Trino completo entro marzo – Bisogna lavorare 24 ore su 24”.
“Il Monferrato” apre una sottoscrizione di “Specchio della bontà” con 10 milioni. Altri cinque arrivano subito da un casalese illustre, il giornalista Giampaolo Pansa. Il direttore Marco Giorcelli si esprime in un lungo, appassionato editoriale: “Il futuro del nostro territorio non può continuare all’insegna della paura, del terrore, dell’incertezza, del rinvio delle soluzioni. E’ una battaglia difficilissima, contro l’inerzia delle istituzioni centrali, contro la mostruosità della burocrazia. Ma è una battaglia indispensabile, che richiede assoluta fermezza, grande decisione, assunzione di responsabilità. Occorre una grande mobilitazione di tutto il territorio”. E conclude che “la gente di Casale, di Trino, di Morano, di Balzola, di Villanova, della Piagera sa di poter rivendicare a testa alta - per il futuro - maggior rispetto da parte delle istituzioni. Un rispetto che vale molto di più, e deve valere molto di più di qualche miliardo elargito o promesso nell’immancabile teatrino dell’immediato dopo-emergenza preelettorale. Senza certezze non si può guardare al domani”.
Da quell’anno 2000, molto è stato fatto. Restano però alcuni nodi importanti, grandi e piccoli. Citando a memoria. È in dirittura d’arrivo l’avvio dei lavori per l’arretramento della linea di protezione arginale maestra all’altezza della cascina Consolata di Terranova, sul fiume Po, poco meno di 700 metri di nuovo argine alto 5 metri. Sempre all’ordine del giorno l’allargamento del ponte di Trino, ben visto a monte del Po, assai meno gradito nei centri a valle (difficile convincere la gente - sottoscritto compreso - che aumentando la luce di un ponte, non aumenta il livello di acqua a valle, sarà, ma…).
Nonostante accordi e lavori svolti, la roggia Stura fra Trino e Terranova resta un guaio (anche stavolta ha allagato la provinciale tra Morano e la frazione Due Sture, ed il sindaco Luca Ferrari è deciso a vederci chiaro). Interventi per la minimizzazione della pericolosità idrogeologica-idraulica dei corsi d’acqua della Valcerrina, specie nel tratto verso Pontestura. La conclusione, a valle di Casale, dei lavori sul torrente (o rio, o roggia che dir si voglia) Gattola, con il tratto fra l’autostrada e il punto in cui sfocia nel torrente Rotaldo: si progetta, ma occhio e croce dovranno essere reperiti 6 milioni di euro. Intanto, parafrasando laicamente le litanie dei santi, “ab omni inundatione, libera nos Domine”!
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