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Mantova, nella storia - Vediamo il fantasma del marito di Margherita Paleologo

La scomparsa della gloriosa dinastia paleologa e l’esordio monferrino di quella mantovana vengono a cadere in un momento particolare della storia italiana ed europea, le cui implicazioni internazionali non sfuggirono all’acuta analisi di uno dei maggiori studiosi della storia casalese. In un saggio di piacevole lettura, che sfida il tempo e conserva il profumo dell’attualità, così scriveva nel lontano 1932 Romolo Quazza: “I centosettant’anni della dominazione gonzaghesca sul Monferrato coincidono con un periodo storico di vasto orizzonte. Non più soltanto competizioni di signorie confinanti, ma guerre aspre tra stati potenti ebbero a teatro il piccolo stato feudale aggrappato ai contrafforti, che dall’Appennino ligure si avanzano a nord sino al Tanaro e al Po. Tra il 1536 e il 1706 corrono infatti gli anni fortunosi della grande lotta di predominio in Italia e in Europa fra la casa d’Absburgo e la Francia; avviene la rinascita e l’ingrandimento dello stato sabaudo; e, attraverso violente prove, da un lato vengono soffocati i resti delle antiche libertà comunali e si affermano i principi dell’assolutismo, dall’altro maturano le nuove conquiste del pensiero e si elabora il concetto moderno dello stato”. Non solo, perché nel lungo arco di tempo tra la crisi italiana del Cinquecento e l’età del riformismo illuminato, le grandi forze politiche agiscono da doppio spartiacque: nel tempo, verso il passato medievale ormai al tramonto, e nello spazio, in direzione di più vasti orizzonti. Sono anni difficili di guerra, che tuttavia offrono una quanto mai interessante e varia tastiera di aspetti degni di nota. Non è forse curioso e stimolante inquadrare nell’epoca postridentina la nascita del Sacro Monte di Crea, o la costruzione della sinagoga casalese e la ragione dei numerosi editti di tolleranza concessi dai duchi di Mantova alla comunità ebraica cittadina, oppure la presenza di una nutrita serie di vescovi, espressione diretta della corte dei Gonzaga, o ancora le motivazioni che sottendono alla costruzione della chiesa ducale di San Filippo? E quali e quante sorprese potrebbe ancora riservare un accurato studio nel settore delle arti, della musica, del teatro, che cresce all’ombra dei Gonzaga, e anche della letteratura fiorita nelle Accademie? Del resto non è un caso che i due maggiori trattatisti italiani siano Stefano Guazzo e Baldassarre Castiglione, uno casalese e l’altro mantovano. Dionigi Roggero MINI TOUR NELLA STORIA E RICORDIAMO MARGHERITA Grazie alla firma del protocollo di intesa tra Mantova e Casale (finalmente, ma bisognava crederci) riusciamo a compiere con il sindaco Giorgio Demezzi e l’assessore Augusto Pizzamiglio (che fa da guida) un breve tour nel centro della città virgiliana. Partiamo da via Roma, poi in piazza Mantegna entriamo nella Basilica di Sant’Andrea, progettata da Leon Battista Alberti. Edificata in tre secoli e terminata nel 1772, conserva i Sacri Vasi contenenti il sangue di Cristo. Siamo poi in piazza Sordello dominata dal palazzo Ducale dove i Gonzaga collegarono 500 stanze e i 15 cortili interni del palazzo, facendone la reggia più maestosa dell’epoca (il personale non costava...). Certo par quasi di vedere da una loggia affacciarsi Federico II con il suo cane pieno di peli (come lo immortalò Tiziano) a dirci "Tiè casalesi, col mio matrimonio con Margherita la figlia di Anna ce l'ho fatta a conquistarvi...". In ogni caso Margherita (Paleologo o Paleologa?), grazie alle iniziative del Circolo Marchesi del Monferrato (leggi il vulcanico Maestri) sarà un ulteriore passaporto di unione tra Monferrato e Mantovano Chiude la quinta il Duomo, edificato nel 313 d.C. L’aspetto attuale deriva da numerosi restauri e ricostruzioni. Conserva la salma di S. Anselmo, patrono della città. La casa di Rigoletto è dietro la parte del Duomo che scende verso il lago, è anche punto informativo. Ci intriga anche la sede vescovile col suo portale. Al ritorno c’è tempo per entrare anche nella “Rotonda di San Lorenzo” in piazza Erbe , conserviamo il biglietto di ingresso "a offerta libera" con a retro tutta la storia (eretto nel secolo XI attorno al Santo sepolcro a ricordo della Resurrezione di Gerusalemme...) Ultima occhiata (ma ritorneremo) al palazzo del Broletto coi suoi sottoarchi: la storia respira e affascina con queste vecchie mura e si alza fino alle torri e alle cupole. Luigi Angelino Approfondimento IL MATRIMONIO DI FEDERICO GONZAGA CON MARGHERITA Federico Gonzaga (Mantova, 17 maggio 1500 – Marmirolo, 28 giugno 1540) già in giovane età era stato promesso sposo alla prevista erede del marchesato del Monferrato, Maria Paleologa (Casale, 19 settembre 1508 – Casale, 15 settembre 1530). Questa aveva solo 8 anni, fu stipulato un contratto di matrimonio e prima di completare le nozze fu concordato di aspettare che la sposa compisse i canonici 16 anni. Durante questo periodo però le cose mutarono: Federico non bramava più il Monferrato, ora difficilmente raggiungibile perché l'attuale marchese, Bonifacio IV, pareva aver sorprendentemente superato i problemi di salute che l'avevano angustiato in tenera età e che sembravano non permettergli di sopravvivere a sufficienza per poter governare il marchesato. Venne così inscenato un finto complotto ai danni dell'amante di Federico, Isabella Boschetti, a cui avrebbero aderito Maria e la madre Anna d'Alençon. Federico riuscì così a farsi annullare dal papa il contratto matrimoniale. A questo punto l'imperatore gli propose le nozze con la propria zia Giulia d'Aragona, che però era più anziana di lui, nonché sterile. Con la promessa di matrimonio sarebbe arrivato anche il tanto agognato titolo ducale. Federico prese tempo, ma dopo aver ricevuto il titolo di duca dall'imperatore, entrato trionfalmente a Mantova il 25 marzo 1530, arrivò la notizia dell'improvvisa morte di Bonifacio IV del Monferrato (21 dicembre 1512 – 6 giugno 1530), per una caduta da cavallo (a Torcello di Rolasco, ndr, forse assassinato). A questo punto si assisteva a un ritorno di fiamma per Maria Paleologa, che tornava ad essere l'erede designata del marchesato piemontese, visto che il successore di Bonifacio, lo zio Giangiorgio (20 gennaio 1488 – 3 aprile 1533, era già seriamente malato e non avrebbe vissuto a lungo. Federico ruppe così gli accordi matrimoniali con l'imperatore, che perdonò l'affronto intascando ben 50.000 scudi d'oro, e si mise all'opera per convincere il papa ad annullare la precedente decisione ed a rendere nuovamente valido il contratto matrimoniale con Maria. Tutti questi complotti vennero però resi vani dalla morte improvvisa di Maria, avvenuta pochi giorni prima del breve papale che riaffermava la validità del contratto. A questo punto Anna d'Alençon (30 ottobre 1492 – Casale Monferrato, 9 ottobre 1562) gran personaggio, timorosa che il Monferrato venisse inglobato dalla Francia o dai Savoia, decise di dare fiducia a Federico, offrendogli la mano della secondogenita Margherita (Casale, 11 agosto 1510 – Mantova, 28 dicembre 1566). Il matrimonio fu così celebrato il 16 novembre 1531, e nel 1533, alla morte di Giangiorgio, il Monferrato passò alla famiglia Gonzaga dopo l'estinzione della legittima linea ereditaria maschile, ancora una volta con l'avallo di Carlo V. Raggiunti tutti i suoi scopi, Federico passò gli ultimi anni di vita (già minato dalla sifilide, malattia ereditata dal padre Francesco II) nell'abbellimento di palazzo ducale. Federico fu anche committente di Palazzo Te, la residenza estiva edificata da Giulio Romano fuori dalle mura di Mantova. Federico morì di sifilide a poco più di un anno dalla morte della madre Isabella d'Este (Ferrara, 17 maggio 1474 – Mantova, 13 febbraio 1539, una delle donne più importanti del Rinascimento e del mondo culturale italiano dell'epoca, "Nec spe, nec metu", "Né con speranza né con timore", fu il suo motto).

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Michele Castagnone

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