Rifiuti e «porta a porta»: la storia di Napoli deve
insegnarci qualcosa
Tra le tante "mucillaggini" che affliggono il nostro paese, trascinandosi dal 2007 al nuovo anno, c'è anche quella dei rifiuti, con l'indecente spettacolo dei cumuli di immondizia che sommergono Napoli e la Campania, una città e una terra bellissime, come gran parte della nostra Italia. Paese che per lunghi secoli più di ogni altro al mondo è stato patria del bello, dall'ambiente straordinariamente bello e variegato, all'architettura, che ha costruito città, paesi e monumenti ammirati in tutto il mondo, alle diverse forme di arte che da noi ha raggiunto i massimi vertici in tutti i campi. Purtroppo da alcuni decenni sembra che, con poche lodevoli eccezioni, la nostra principale attività, sia quella di distruggere l'immensa e preziosa eredità lasciataci da secoli di genio Italico, in cambio di un po' di denaro, sporco ma subito.
Da questa mentalità depravata nasce anche il problema dei rifiuti che, si badi bene, non sono una maledizione divina, ma il frutto dell'agire quotidiano di ognuno di noi, di una società che va in crisi se i consumi non aumentano in continuazione. Ma se il problema di fondo della produzione di rifiuti, che pur bisognerà cominciare ad affrontare, è di difficile soluzione e affligge tutti i paesi industrializzati, sullo smaltimento dei rifiuti invece i Paesi civili da tempo attuano politiche di riciclaggio idonee a limitare la trasformazione dei loro territori in ricettacolo di immondizia.
Purtroppo da noi queste politiche stentano ad affermarsi proprio per la diffusa incapacità di guardare oltre all'oggi, e per il diffuso ribellismo anarcoide per cui contano solo i propri sporchi interessi immediati, e chi se ne frega dell'interesse della collettività, e delle generazioni future, cioè dei figli e nipoti. E questo succede non solo a Napoli, ma anche a Casale: sintomatica a questo proposito la lettera di Pier Carlo Vacchino (Il Monferrato 21/12) che, avendo visto "sacchetti della spazzatura sparsi ovunque" anziché stigmatizzare i delinquenti artefici di tale comportamento (abbandonare rifiuti in luogo pubblico è reato) accusa il sistema di raccolta porta a porta, che si è dimostrato, anche nei paesi del nostro Monferrato, essere l'unico in grado di ridurre la massa di rifiuti indifferenziati, avendo anche il grande vantaggio, nel momento, speriamo presto, in cui si passerà al pagamento a tariffa di far pagare ad ognuno per la quantità di rifiuti indifferenziati prodotti. Quanto al plauso agli abitanti di Oltreponte che intendono continuare a fare i propri comodi, è un perfetto esempio del comportamento anarcoide di cui sopra. Nulla sarebbe se questa fosse una lettera isolata, purtroppo altre ne sono state pubblicate e, ancor peggio, caro Direttore, simili atteggiamenti è sembrato talvolta intravedere in alcune pagine del suo Bisettimanale. Vorrei però concludere questo mio sfogo con un barlume di ottimismo che nasce dalla lettura, a pag. 8 dello stesso giornale, dalla lettera, pacata e ragionevole, inviata, sullo stesso argomento, da un gruppo di giovani dell'Associazione Paolo Ferraris. Alla faccia dei "bamboccioni"!
Una vignetta a fianco di questa lettera titola "Il ritorno del Vichingo". Forse sarebbe il caso che, dopo mezzo secolo una classe dirigente ormai logora facesse un piccolo passo indietro consentendo un ricambio indispensabile se non altro per limiti biologici. Ma qui apriamo un altro triste capitolo dell'Italia di oggi.
Enrico Bruschi
Risponde il direttore de "Il Monferrato":
La lettera merita attenzione ma richiede anche qualche puntualizzazione. Il ruolo del giornale è in primo luogo quello di registrare le reazioni, gli umori, i diversi punti di vista. Facendo fra l'altro da tramite su tanti temi importanti tra quel che pensano i cittadini (o li vogliamo in primo piano solo quando dicono cose gradite?) e il Palazzo, peraltro in generale un po' sordo e disattento, da Roma a Casale. Degli eventuali «eccessi di sordità» il Palazzo risponde poi alle elezioni (Alessandria docet?), ma questo è un altro discorso.
In città ci sono forti perplessità (persino all'interno della giunta, per quanto le divergenze giustamente non vengano esasperate) sul sistema adottato per la raccolta differenziata. E «Il Monferrato» non poteva che prenderne atto, dando peraltro ampio spazio anche ai promotori del «porta a porta» o all'associazione Paolo Ferraris.
Ritengo però anche doveroso sottolineare che l'opposizione più forte al sistema casalese viene da un Comitato che è favorevole alla raccolta differenziata, ma contesta semplicemente il metodo scelto. E comunque anche solo accostare espressioni come 'ribellismo anarcoide' a una realtà dove - nel pieno rispetto delle regole della democrazia - un gruppo di cittadini esprime il proprio dissenso organizzando un'assemblea cui invita la 'controparte' a discutere mi pare ci porti fuori strada.
Anche il riferimento a Napoli può parere pertinente, ma avvicina realtà imparagonabili. Anche se pure a Casale ci furono forti resistenze all'individuazione del sito di Bazzani per la discarica. E se oggi risulta ancora più lampante l'importanza di avere una discarica, questo non può certo significare che all'epoca gli oppositori non avessero diritto a contestare con tutti i mezzi leciti le modalità con cui tale individuazione era stata fatta.
In generale, in democrazia arriva prima al traguardo chi sa fare scelte condivise. A volte, però, chi governa ha anche il dovere di fare scelte impopolari: l'importante è che queste siano davvero capaci di guardare lontano.
Marco Giorcelli