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  • 07 ottobre 2024
  • Casale Monferrato

Un anno dopo

7 ottobre 2023: «Ci sentiamo piccoli e incapaci, arrabbiati, smarriti, spaventati»

Un pensiero di Daria Carmi, presidente della Comunità Ebraica di Casale Monferrato

Oggi è passato un anno dal 7 ottobre 2023, è il primo terribile anniversario del peggior pogrom contro gli ebrei dalla seconda mondiale e ci ha portato ad un conflitto ancora in corso. 

Quando pensiamo al 7 ottobre, tutti noi che ci sentiamo chiamati in causa, tutti noi per cui è un pensiero doloroso, tutti noi che soffriamo per il tanto dolore, infinito dolore che ci fa sapere di uomini donne bambini e anziani ancora ostaggi e di uomini donne bambini e anziani vittime della guerra, noi ci sentiamo come ben ha descritto Rav Arbib, come “se dovessimo svuotare il mare con un cucchiaio”. Ci sentiamo piccoli e incapaci, arrabbiati, smarriti, spaventati. 

In una recente riunione di Consiglio dell’Unione delle Comunità Ebraiche, in quanto consiglieri, abbiamo potuto confrontarci sulle tante e diverse posizioni. Ci sono posizioni fra loro più vicine e posizioni fra loro più lontane, ci sono posizioni assolute, che generano difficoltà al dialogo. Eppure abbiamo sentito e sentiamo tutti la necessità di confrontarci, di avere una dialettica democratica, aperta, di sentirci parte di una moltitudine unita, che si muove con senso di appartenenza, come è da sempre nell’ebraismo. 

Non sta alle comunità ebraiche italiane assumere una posizione ufficiale sulla politica di Israele. Ma occuparci dell’ebraismo questo si, questo fa parte del nostro ruolo istituzionale.

Essere ebrei italiani, sostenere e tutelare i nostri iscritti, cercare di starci vicino in questo momento difficile, in cui molte famiglie hanno figli e figlie in Israele, alcuni nelle armi, alcuni fra i 60,000 sfollati che hanno dovuto lasciare le loro case e alcuni che hanno perso famigliari il 7 ottobre o nei giorni, mesi, a seguire.  

Denunciare e tenere gli occhi e il cuore aperti sull’antisemitismo che sta tornando in auge, anche antisemitismo inconsapevole, di persone che non si ritengono antisemite e non sanno di aver adottato per verità pregiudizi, dicerie, falsi storici. 

Dobbiamo conoscere e far conoscere il portato delle parole e dei simboli, soprattutto degli slogan, sapere che quando si grida “dal Giordano al mare” si sta inneggiando alla distruzione di Israele e dei suoi abitanti, sapere che ci sono bandiere usate durante le manifestazioni pro pal che sono simboli di gruppi terroristi che vogliono tutto il mondo sottomesso alle leggi della Jihad, sapere che le manifestazioni organizzate proprio il 7 ottobre sostengono Hamas, mancano totalmente di rispetto per le vittime civili morti quel giorno per la sola colpa di essere ebrei, sono la rivendicazione formale di uccisioni e le violenze atroci in piena coscienza e sono una ulteriore mortificazione degli ostaggi e delle loro famiglie. Come se l’13 novembre, anniversario dell’attentato di Parigi al Bataclan, scendessimo in piazza in favore di dell’Isis. 

Il 7 Ottobre sono state commesse violenze indicibili, che è difficile prendere per vere senza commuoversi, senza vacillare, contro donne, bambini, violenze sessuali, azioni disumane, che sono raccontate, magari non dai media comuni, non dai social ma esistono. Documentari che sono pugni allo stomaco e che dovremmo tutti avere il coraggio di guardare. Anche a me a volte manca quel coraggio. E non c’è nessun contraltare che possa sminuire il male perpetrato il 7 ottobre. Almeno non per chi rifiuta la politica “occhio per occhio dente per dente”. 

È nello spirito ebraico, e in me, il dolore per le morti e le sofferenze di tutti i caduti in questa guerra, anche di tutti i civili palestinesi, di tutti i morti innocenti. Nello spirito ebraico si parla dei caduti dei nemici, del fatto che non si deve gioirne, che D-o stesso ne soffre, perché sono anch’essi suoi figli. 

È urgente interrogarci sul mondo che vogliamo, uscire dai polarismi inutili e dal tifo da stadio per creare una riflessione fondante sul futuro. 

Dobbiamo essere tutti attenti, perché ne va del nostro futuro.

Un futuro che è un oceano in pieno movimento e noi abbiamo il dovere di affrontarlo. 

Io mi auguro che sapremo affrontarlo con dubbi e domande, con pensiero mai fermo e rifuggendo le ideologie, anche se sarà un lavoro faticosissimo, scomodo, più grande di noi, dovremo affrontare questo oceano in tutta la sua cruda realtà, anche se ci manca la terra sotto ai piedi, anche se è un oceano in tempesta e siamo provvisti solo di un cucchiaino. 


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