Iannini si difende: «Sono innocente, aspetto i filmati!»
di Alberto Marello
Che si sentisse innocente per quanto accaduto al termine della semifinale play-off Casale-Entella, Gaetano Iannini l’aveva già detto giovedì mattina, subito dopo aver appreso quali sono state le decisioni del questore di Alessandria, Filippo Dispenza, nei suoi confronti: quattro anni di Daspo per i tafferugli in campo e negli spogliatoi.
E venerdì mattina, in una conferenza stampa, ha voluto ribadirlo: «Mi sono state attribuite condotte di violenza completamente estranee alla mia educazione personale e alla mia educazione sportiva - ha detto Gaetano Iannini - Non ho mai compiuto atti di violenza nei confronti di nessuna persona fisica, né soprattutto nei confronti delle forze di Polizia e tutori dell’ordine. Mio padre è un Vigile del Fuoco e nella mia famiglia il rispetto per la divisa è qualcosa che mi hanno insegnato sin da bambino e che ho nel sangue».
Con lui, a supportarlo in quest’ultima difficile partita, c’erano i suoi compagni di squadra: Fabio Vignati, Stefano Capellupo, Natale Gonnella, Maurizio Peluso e il capitano, Riccardo Taddei. «Quello che è accaduto è sotto gli occhi di tutti: la degenerazione dell’evento sportivo non mi ha visto coinvolto in nessun momento né in campo né fuori dal campo». Gaetano aspetta la “prova televisiva”: «Ben presto, la auspicata divulgazione delle immagini registrate mi potranno dare ragione».
«La concitazione, la tensione del momento e la pressione dei tifosi - ha raccontato Gaetano - mi hanno determinato a guadagnare gli spogliatoi nel più breve tempo possibile, alla ricerca di un ricovero sicuro lontano dalle condotte di violenza ancora in atto. A quel punto ho deciso di entrare negli spogliatoi oltrepassando con fermezza il cordone dei poliziotti, nel fermo convincimento che gli stessi fossero schierati per impedire l’accesso negli spogliatoi ai tifosi e non certo ai giocatori. Mi sono fatto spazio nel cordone dei poliziotti per passare ed entrare nello spogliatoio. Con forza non lo escludo, ma non con violenza».
Ma c’è un altro fatto che vede coinvolto Iannini, «l’aggressione di un agente della Scientifica» nel tunnel degli spogliatoi. «Ho effettivamente messo le mani su una telecamera impedendo che facesse le riprese nell’assoluta convinzione che si trattasse di un giornalista non autorizzato alla registrazione delle riprese audio-video» ha spiegato il centrocampista.
«L’operatore, che ho scoperto solo dopo essere un poliziotto, non era in divisa, era vestito con abiti civili e senza nessun segnale distintivo. È per questo che rifiuto il marchio del mostro da sbattere in prima pagina».