Fórsa, fìeuj, o piuma San Martin o an fàn fé San Martin - Dal Monferrato alla sanguinosa battaglia di San Martino
D’argento, allo scaglione d’azzurro, accompagnato in capo da tre gigli e in punta da una testa di uomo, pelata (tonsus), posta di profilo, al naturale”. Questa la descrizione dell’arma gentilizia dei Toso (anticamente Tonso), registrati nel Blasonario Casalese tra le antiche famiglie nobili di Casale e del Monferrato. Forse di origine lombarda, i Toso sono attestati a Scandeluzza fin dal 1457, quando il marchese di Monferrato Giovanni Paleologo concesse privilegi di esenzione e porzioni di giurisdizione, confermati nei secoli successivi.
Caratteristica dei consignori di Scandeluzza la forte connotazione notarile confermata da diversi atti rogati tra il 1504 e il 1688 da Francesco, Giovanni Giacomo, Guglielmo, Ludovico e Sebastiano, conservati nell’Archivio Notarile del Monferrato. Nei secoli successivi, molti esponenti scelsero la vita religiosa o quella militare, altri presero parte alla vita politica. Uno di questi, Alessandro Toso, fu sindaco di Scandeluzza dal 1861 al 1866. In quegli anni figura eminente fu Cesare, figlio del legale Camillo, nato a Tonco nel 1838 e partito, poco più che ventenne col fratello Emilio, per la seconda guerra di indipendenza. Combattè valorosamente nel 4° Reggimento Fanteria, aggregato alla 2ª Divisione guidata dal luogotenente generale Fanti, meritandosi le medaglie commemorative italiana e francese. Ebbe anche la menzione onorevole per il grande animo e coraggio dimostrati il 24 giugno 1859 nella sanguinosa battaglia di San Martino (detta anche battaglia di Pozzolengo), uno dei pochi scontri vittoriosi dell’esercito piemontese. Qui, nel momento più difficile della battaglia, il re Vittorio Emanuele II, avrebbe incitato i soldati con questo celebre gioco di parole: “Fórsa, fìeuj, o piuma San Martin o an fàn fé San Martin”.
Dionigi Roggero
UNA FAMIGLIA GENTILE
E’ uno di quei pomeriggi d’estate in cui senti le cicale anche attraverso i vetri dell’auto quando puntiamo su Alfiano Natta.
Alla partenza in redazione ci chiedono di far provvista gastronomiche, ricordando l’Attila di Guazzolo (figurò sulla nostra prima Guida, quella realizzata con Aldo Timossi per i salumi e gli agnolotti...).
Noi molto più seriamente andiamo alla scoperta di un personaggio protagonista del Risorgimento segnalatoci da una gentile erede e appassionata lettrice dei nostri Viaggi d’autore (e alla fine oltre a una splendida villa panoramica ne troveremmo due di personaggi).
Diciamo che per Alfiano la strada più breve è Moncalvo Stazione a destra, poi collinette e si arriva alla parrocchiale del paese. Noi dobbiamo andare al numero 5 della Strada di Monte. E’ opposta al bivio che porta alla discesa del castello Razzano dove, da inguaribili procacciatori di turisti, segnaliamo che nell’ottobre 2009 è stato inaugurato il “Museo ArteVino Razzano”, progettato e allestito dall’artista Silvio Manzotti.
Torniamo alla nostra strada di montagna che si inerpica fino quasi alla cima del colle. In una villa discreta e signorile ci ricevonoEnrica Rossetti e il marito Carlo Rampi, alessandrino, una vita tra i dolci, ricorda Casale per i frequenti contatti con Dario Carmi e la signora Thea Portinaro. E d’uopo uno stop al terrazzone panoramico prima sulle case del paese, la valle e poi colli di tanti paesi del Monferrato ormai astigiani, più verde che non si può interrotto dalle macchie rosse dell’oleandro e dall’azzurro di un cespuglio di lavanda.
Su un tavolino i dagherrotipi di Cesare Toso nato a Tonco nel 1838 figlio di Camillo di Scandeluzza, marito di Maria Teresa Delù. Cesare aveva un fratello, Emilio e una sorella Clementina. Maria Teresa, figlia di Clementina sposa Carlo Rossetti di Alfiano, hanno tre figli, uno, Augusto è il padre della “nostra’’ Enrica, la mamma era una Marescotti di Cuccaro.
Camillo, padre di Cesare, dopo un periodo in cui gestiva uno studio legale a Tonco diventa questore a Torino nel 1854. In questa occasione presenta al Re i figli dicendo che amerebbero abbracciare la carriera militare con il solo impedimento dello stipendio paterno. Il sovrano detto fatto fa ammettere i due fratelli all’Accademia con una borsa di studio che in pratica dimezza le due rette. Un buon investimento: Cesare diventa generale, Emilio, di un anno più giovane, colonnello-
Gli eredi hanno conservato decorazioni e diplomi che attestano la partecipazione alla Seconda Guerra di Indipendenza, altre testimonianze parlano della presenza alla poco nota quanto lunga campagna anti brigantaggio dopo la spedizione dei Mille. Non si era mai sposato.
Dopo la messa in congedo Cesare Toso viveva allla cascina Leona del castello di Razzano diventando poi sindaco di Alfiano Natta.
Noi finiamo il "Viaggio" e usciamo salutati calorosamente con in ricordo limoni e lavanda, rigorosamente monferrini.
Luigi Angelino
FOTO. Cesare Toso; la sua gentile erede Rossetti sul balcone panoramico della sua villa di Alfiano; l'arma gentilizia