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  • 04 aprile 2013
  • Casale Monferrato

Le ”Voci di un mondo perduto" di Elisabetta Fava

All’inizio della storia ci sono due poeti, vissuti nel cuore del romanticismo tedesco, innamorati dei canti popolari al punto di raccoglierli in un’antologia che diventa una pietra miliare della letteratura pangermanica. Poi arriva un compositore vissuto quasi 100 anni dopo, tra il languore della decadenza viennese, che seziona quei poemi con un delicato bisturi musicale. Infine una saggista che passati altri 100 anni usa la devozione per la musica scaturita da tutta quella letteratura per ricostruirne una storia. Unica deviazione al percorso la saggista non è nata dopo il Brennero, ma casalese. Elisabetta Fava è arrivata alla sua 4° pubblicazione e non tradisce né il suo filone di ricerca né il suo metodo. Eternamente sorridente cresciuta tra la chiesa dell’Addolorata (a Casale) e Torino, dove ha studiato e dove insegna Storia e Critica della Musica all’Università, è solita frequentare biblioteche di Vienna e Berlino per saggi che hanno fatto conoscere al pubblico italiano alcuni degli aspetti più interessanti del romanticismo musicale. Dopo che la sua tesi di laurea su Carl Loewe è diventata per acclamazione un volume per Paravia sono seguiti “Paesaggi dell’anima - I Lieder di Hugo Wolf” (dell’Orso 2000) e “Ondine, vampiri e cavalieri” (EDT2006). L’ultimo nato che presentiamo è dedicato invece a una delle raccolte liederistiche più famose di Mahler: Des Knaben Wunderhorn trattato in un volume per le Edizioni dell’Orso dal titolo “Voci di un mondo perduto - Mahler e il corno magico del fanciullo”. E’ un testo destinato a chi ha un preciso ordinamento di studi o vuole approfondire un interesse preesistente, tuttavia, come capita già in altre pubblicazioni di questa autrice, una volta entrati nella selva delle connessioni filologiche tra testi e note è difficile non lasciarsi affascinare dal gioco di rimandi intellettuali, talmente fitti da diventare un paesaggio da cui lasciarsi pervadere. In più il testo di Elisabetta Fava ricostruisce la catena di eventi che portano a Mahler in un percorso ricco di pathos. In estrema sintesi Achim von Arnim e Clemens Brentano, i due celeberrimi letterati tedeschi del nostro incipit, raccolgono nel 1808 un corpus poetico attinto a piene mani dalla tradizione popolare. Un concentrato dei temi che stanno per diventare molto in voga: la nostalgia, l’abbandono, il rapporto con la natura. Nello stesso tempo offrono consapevolmente uno strumento nelle mani di 4 generazioni di compositori. Mahler ne attinge a partire dagli anni ‘90 del XIX secolo per un ciclo che come tutte le opere del compositore austriaco ha una genesi compositiva meditata, rimeditata, rivista e limata per quasi una decina di anni. Già questo percorso storico rende interessante l’opera, ma ad affascinare e il modo in cui si compone il mosaico accostando tessere, a volte anche minuscole, ma che si incastrano alla perfezione intercalati dall’oro di esempi musicali. Aggiungiamo che nella Vienna a cavallo di due secoli questo puzzle intellettuale ha tra i suoi pezzi una lista di all-stars della intelligenza mondiale e si capirà il fascino dello scritto. C’è poi un certo gusto autorale nel rendere Mahler, quasi con la tenerezza di vedere in lui l’ultimo della sua specie. Leggendo il primo capitolo di “Voci di un mondo perduto” si potrebbe pensare che alla fine il cerchio si chiuda e la letteratura, grazie al musicista, venga restituita a un secolo nuovo, ma non è proprio così ed Elisabetta Fava vede piuttosto una trasfigurazione che dà al testo un senso universale e irreversibile. Citando Mahler: “La musica può tutto”, colloca l’ultima tessera nell'ultima pagina e sigilla la storia con un bel lieto fine. Alberto Angelino Elisabetta Fava Voci di un mondo perduto Mahler e il Corno magico del fanciullo Edizioni dell'Orso pp 306 € 20

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