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Presentazione a Camagna

“Amicizia e politica” nel libro di Panizza

Mario Levi e Renzo Giua nella cospirazione antifascista

Relatori. Renzo Giua in dialogo con Mariano Santaniello e Mauro Forno

È l’antifascismo “ordinario” fra gli anni ’30 e ’40, l’opposizione al regime pre-bellica, dei cospiratori espatriati all’estero, per decenni trascurata dalla storiografia in quanto meno “eroica” e “epica” rispetto al sacrificio popolare dei caduti della Resistenza (ma che fu seminale, indispensabile per quest’ultima) a finire sotto la lente di ingrandimento di Cesare Panizza nel suo ultimo volume “Amicizia e politica. Mario Levi e Renzo Giua nella cospirazione antifascista”, pubblicata da Pacini editore. L’autore, Direttore del Quaderno di storia contemporanea e storico dell’Università del Piemonte Orientale, introdotto dal Presidente dell’Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea in Provincia di Alessandria Mariano Santaniello e in dialogo con l’omologo della Provincia di Asti, Mauro Forno, altresì docente di Storia del giornalismo e della comunicazione politica e Storia dei media e del giornalismo all’Università di Torino, ha raggiunto sabato il borgo camagnese in “apertura” al successivo momento conviviale della Pastasciutta Antifascista.

Esponenti dell’antifascismo intellettuale, fuoriusciti in Francia nel periodo di massimo consenso della dittatura mussoliniana, i nomi di Mario Levi e Renzo Giua risuonano poco nei libri di storia, pur vantando non solo una considerevole militanza politica ma anche l’appartenenza a famiglie di spicco, di origine ebrea, della borghesia sabauda: Levi era il fratello di Natalia Ginzburg, autrice di Lessico Famigliare, Giua il cognato di Vittorio Foa, che aveva sposato la sorella Lisa. Tutti e due, vicini a Giustizia e Libertà, abbandonarono l’Italia alla volta della Francia nel 1934, uno in conseguenza dell’altro.

Mario Levi, manager dell’Olivetti, responsabile delle vendite all’estero, sfruttò le sue frequenti “sortite” estere per diffondere volantini anti-regime; fermato nel 1934 al confine elvetico e sorpreso nella sua auto a nascondere il compromettente materiale, si gettò nel fiume Tresa e, salvato dalle Guardie Federali Svizzere, raggiunse la sponda opposta al grido di “Viva l’Italia libera”. Il mancato ritorno di Levi a Torino dalla “spedizione” e l’apprendimento della sua fuga allarmò i suoi compagni di lotta sui quali iniziarono ad addensarsi le nubi dell’OVRA, la Polizia Politica fascista, e della repressione. Fra loro, il giovane, neanche ventenne, Renzo Giua indossò un paio di sci, valicò le Alpi e con questo abbigliamento si presentò a Parigi da Carlo Rosselli, fondatore di Giustizia e Libertà. Proprio per il loro “imprinting” famigliare, legato all’antifascismo borghese e accademico all’ombra della Mole, Levi e Giua vennero molto posti con maggiore enfasi sotto il torchio dello spionaggio di Arturo Bocchini, Capo della Polizia, ai quali riservò fascicoli investigativi ben più voluminosi rispetto a quelli di altri notabili esuli antifascisti quali Nicola Chiaromonte e Andrea Caffi.

Le vite dei due, che si allontanarono da Rosselli e Giustizia e Libertà, imboccarono presto direzioni diverse. Mario Levi entrò come precettore privato di una famiglia dell’Alvernia e riprese gli studi di economia, con l’obiettivo di radicarsi nella società d’oltralpe: morì, 68enne in Corsica nel 1973. All’opposto, l’irrequieto Renzo Giua iniziò a vagare e cambiare residenza, fra Parigi, Alta Savoia e Ginevra, fino a scegliere, nel 1936, di raggiungere Barcellona, sede delle forze repubblicane in lotta contro i nazionalisti di Francisco Franco: due anni dopo morì, sui campi di battaglia della Guerra Civile Spagnola.


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