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• Lettere
• 02 aprile 2016
• Casale Monferrato

Dall’avvocato Marco Gatti, riceviamo e pubblichiamo un intervento in seguito al crollo di parte del muro di cinta del Tribunale di Vercelli, avvenuto il 16 marzo scorso. La vita è davvero strana. Ci si affanna spesso a prendere decisioni importanti in base a regole pensate e scritte per “organizzare” al meglio la nostra comunità, si cercano soluzioni a problemi complessi ipotizzando tattiche d’azione costruite su schemi del tutto imprevedibili, si fanno scelte che non sembrano sempre avere una logica equilibrata... Poi, un bel giorno, cade un muro, un dannatissimo muro di mattoni che se ne stava lì tranquillo da anni e tutto sembra trasformarsi nel solito “pasticcio all’italiana”. È ovvio, mi spiace per il muro, per i mattoni e anche per quell’incauto automobilista che proprio quel giorno ha deciso di parcheggiare in quei pressi e si è trovato l’auto schiacciata come una focaccia (per fortuna senza lui sopra). Mi spiace anche per i calcinacci che, pochi giorni prima, si erano staccati dal soffitto degli uffici dei giudici, costringendoli a cambiare rapidamente piano. Allora mi chiedo per l’ennesima volta perché e quali siano stati i criteri che hanno portato alla chiusura del Tribunale della nostra città. Sicuramente non poteva essere la qualità del lavoro prodotto, visto che in più occasioni il Tribunale di Casale era finito ai primi posti nelle graduatorie nazionali rispetto a valori tipo la competenza, la capacità, l’esperienza, i buoni tempi… Insomma se si fanno le graduatorie, poi andrebbero considerate. Sicuramente non poteva essere il buon stato della struttura, visto come poi sono andate a finire le cose a Vercelli. Ripeto, non sto “gufando” nulla e nessuno, ma veramente mi fa troppo soffrire passare ogni giorno davanti ad un portone che sono certo non verrà riaperto mai più. E nessuno mi spiegherà mai perché. Peccato che anche il muro crollato a Vercelli abbia saputo fare tanto rumore per nulla.