Alla Colma per un libro di ricordi di Annita Rosso
di Luigi Angelino e Dionigi Roggero
Sabato 12 settembre alla Colma, giardino di Villa Maria (Morbelli), presentazione del libro “Colma, quando la strada era di polvere”, di Annita Rosso. Programma: ore 16, inizio presentazione con brevi interventi (relatore, autorità...), con lettura di alcuni brani del libro; ore 16,45, inizio spettacolo CET (collettivo teatrale); ore 17,30: interventi di chiusura; ore 18 rinfresco finale. Come corollario alla presentazione sarà allestita una mostra delle fotografie storiche per la maggior parte opera di Alfredo Morbelli, primogenito di Angelo Morbelli. In caso di maltempo la manifestazione si terrà al Teatro Ideal di Rosignano.
Viaggio nella memoria quello di venerdì alla Colma. Fin dall’inizio: l’appuntamento con Annita Rosso è davanti a casa Angelino e lei ci aspetta nella casa a fianco di Villa Morbelli, la casa dove è nato mio padre Alberto, figlio di Luigi, giardiniere del pittore. Io invece mi fermo (anche per comodità di parcheggio) un poco prima (arrivando da Casale-Roveto) alla casa del cugino Remo, mitico Angelino della Colma, ultimo cavatore di cantoni e pianelle, “conducente di piazza”, titolare con la moglie Gina Campagnola del negozio di commestibili (ma dove trovavi tutto) e posto telefonico pubblico.
Nel libro le foto del suo matrimonio (1951), io c’ero, se chiudo gli occhi vedo grandi vele che coprivano tavolate e portate su portate che uscivano dalla cucina calda del “fuoco”
Incontriamo subito Sandro Ricossa e Lauretta Angelino Campagnola (figlia di Remo) con le nipoti Isabella e Ginevra, oltre al cane Bea.
Siamo “Ans la curma” (il centro del centro) del paese dove si piazzava il ballo a palchetto dove (in casa del “Ceci” è nato il Circolo con la prima Tv del paese (mio padre mi portava a seguire la Formula uno) e i soci seduti fuori sui resti di un biroccio.
Arriva Annita e ci fa ammirare l’ultima novità il rodolite (concrezioni fossili di alghe rosse) oggetto di due visite delle Università di Milano.
Poi passeggiata nel verde dietro la frazione verso le cave Angelino. La facevo coi miei genitori anche se mia madre (Camilla) si fermava a metà per saccheggiare un albero di fichi (c’è ancora) e io indugiavo a guardare chi giocava a bocce.
Si arriva al culmine a un “casotto” dove ricordo seduti sulle pietre da cantoni il Talin e il Fredu, esponenti di una delle famiglie più note, i Valleggia, ma ci piace citare anche i Ricossa, Falaguerra, Ramezzana, Ariotti, Spadaccia, Amisano, Valeggia (con una “l” sola) e i tanti Caprioglio (con Ernani sindaco prematuramente scomparso) anche quelli di Roveto, per mio padre il parere di Ugo (al Cavaier) valeva più di quello di un giudice.
Dal Casott guardiamo in basso: una volta c’erano due vigneti il Bric e la Gatinna, ora cresce una foresta col rischio che le radici perforino le volte delle sottostanti cave.
Saliamo “La lèja ëd San Bërtramè” per raggiungere il castello (proprietà Roggero).
Due parti, quella più antica in pietra da cantoni risalente alla fine del Settecento, e quella più recente, di inizio 900, in mattoni. Il suono della campana annuncia la nostra presenza al cane Molly, panorama stupendo. Ci aprono la vicina chiesa impreziosita da una pala d’altare e alcuni reliquiari. Al ritorno un saluto ad Enrica Luparia, figlia di Ettore primo bottegaio della Colma (troverete anche lui nel libro).
Mentre ripercorriamo l’allea, in alto una famiglia di poiane con il piccolo in addestramento. Il tempo è come sospeso, come il loro volo.
Un castello antica abbazia
Prima ancora che Rosignano si costituisse in libero comune, esisteva, dove ora è il castello della Colma, un’abbazia benedettina, con la sua chiesa intitolata a S. Bartolomeo”. Così scriveva Camillo Cappellaro in “Rosignano Monferrato delle cose sulla storia”, pubblicato dalle Edizioni dell’Orso di Alessandria nel 1984.
E poi aggiungeva: “Poiché i Benedettini promuovevano con la coltura della terra anche il commercio per mezzo di fiere e mercati, è molto probabile che la fiera di S. Bartolomeo, di cui già parlano gli Statuti e la cui cadenza ancora oggi sopravvive nell’anomala celebrazione a Rosignano di una festa patronale che non festeggia il Patrono S. Vittore (8 maggio), ma S. Bartolomeo (24 agosto), abbia origini da un’antica iniziativa benedettina”. Il termine “Colma”, che indica una “altura a forma tondeggiante”, ben si adatta alla morfologia della piccola frazione dominata dall’alta torre merlata del cosiddetto castello di San Bartolomeo, sorto sull’area un tempo occupata dal priorato dipendente dall’abbazia benedettina di San Giusto di Susa.
Coll’aggiunta del beneficio di San Pancrazio, l’ampia commenda raggiunse i 120 moggia di terreno che passarono, insieme al titolo di abate, ad ecclesiastici delle famiglie signorili dei Cassone e dei Millo di Casale. Insieme al beneficio andarono perse, in epoca napoleonica, anche le decorazioni medievali delle finestre, e l’antica abbazia fu trasformata nella residenza della famiglia Cantamessa.
Sotto il castello, al quale era unito da una scalinata, nel 1834 venne ricostruito un piccolo oratorio voluto dall’esponente più importante della famiglia, il protomedico Giacomo, le cui spoglie riposano all’interno della chiesetta. Il suo nome compare nel lungo elenco degli oblatori per la costruzione a Casale della statua equestre di Carlo Alberto, compilato dal professore di Retorica nel Collegio di Casale Bartolomeo Bona e pubblicato a Torino nel 1843 dallo Stabilimento Tipografico Fontana.
Di particolare interesse, all’interno del piccolo oratorio in mattoni a vista, la tela raffigurante i Santi Bartolomeo, Francesco da Paola e Pancrazio, datata 1715. L’opera fu eseguita a Novi Ligure per volontà del conte romano Guidobaldo Giuliani, devoto di San Pancrazio e titolare del beneficio stesso nei primi decenni del Settecento. Le pessime condizioni in cui versava la tela ha richiesto un lungo lavoro di restauro, affidato nel 2007 dall’Associazione “Amis d’la Curma” (primo sponsor Damaso Caprioglio)allo studio Nicola di Aramengo.